Parlare di “pietas del pensiero” può sembrare, oggi più che mai, richiamarsi ad una non meglio precisata “religiosità”, ad una “devozione” capace di porre fine allo smarrimento che attraversa, come un fiume carsico, la realtà e il pensiero che prova a farsene carico. Ma fare appello alla pietas può anche voler dire, per il pensiero, tornare al suo originario compito che consiste nell'interrogare il presente, il mondo, l'uomo attraverso la memoria e la testimonianza, come pure attraverso l'oblio che della memoria e della testimonianza è insieme deriva e occulta risorsa.

La storia del pensiero filosofico, pur nella varietà delle dissomiglianze, si è sempre interrogata sul senso del suo proprio lavoro, e per questo si è spesso ritrovata nella necessità di “rendere ragione” (nel senso letterale dell'espressione) del suo fare memoria (come implicato dall'idea di tradizione), del suo farsi testimonianza interrogandone il concetto e le forme, della sua lotta contro l'oblio che è causa del risorgere di antiche violenze o del ritorno di fatali ideologie.

L'attualità di tali questioni interseca o intercetta dibattiti che investono la realtà dell'Europa sotto il profilo culturale, filosofico, sociale e politico e impone al pensiero di riconfigurarsi alla luce delle nuove sfide che si affacciano all'orizzonte (basti pensare, per fare solo due esempi, alla densità teorica assunta dal problema del “perdono” in relazione alla storia, o al problema degli archivi e della memoria nel dominio del virtuale).  

 

Pubblicato: 2016-11-28

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