http://www.serena.unina.it/index.php/os/issue/feed OS. Opificio della Storia 2025-02-10T11:07:13+00:00 RESpro resproretedistorici@gmail.com Open Journal Systems <p class="p1"><strong><em>OS. Opificio della Storia </em></strong>è un laboratorio di idee e di ricerche attraverso il quale si intende promuovere la centralità degli studi storici nelle pratiche di conoscenza, di trasmissione e di valorizzazione dei paesaggi della produzione.</p> <p class="p1">La rivista è impegnata a dar voce a tutti gli studiosi interessati a difendere e a sostenere la cultura storica del lavoro e dei luoghi della produzione in tutte le loro declinazioni, economica e sociale, moderna e contemporanea, dell’architettura e dell’arte, in una prospettiva interdisciplinare costantemente aperta al mondo della conservazione, dell’archeologia, della geografia e della comunicazione.</p> <p class="p1"><em>OS</em> accoglie studi storici e ricerche applicate sui sistemi produttivi, dagli ambienti silvo-pastorali all’agricoltura e all’industria, e sui paesaggi rurali e urbani, colti nella loro dimensione materiale e immateriale e nelle loro diverse articolazioni economiche, politiche, sociali, artistiche e territoriali.</p> <p class="p1"><em>OS. Opificio della Storia </em>è una rivista<em>&nbsp;</em>pubblicata in Open Access ed<em>&nbsp;</em>è espressione dell'Associazione nazionale&nbsp;<strong>RESpro - <em>Rete di storici per i paesaggi della produzione. </em></strong><em>OS</em>&nbsp;è realizzata con il patrocionio dell'Università degli Studi della Campania <em>Luigi Vanvitelli</em>&nbsp;che afferisce alla piattaforma SHARE.</p> <p>&nbsp;</p> <p class="p3">&nbsp;</p> http://www.serena.unina.it/index.php/os/article/view/11640 Per Aldo Castellano 2025-02-07T14:59:13+00:00 Luca Mocarelli luca.mocarelli@unimib.it <p>.</p> 2024-12-04T00:00:00+00:00 ##submission.copyrightStatement## http://www.serena.unina.it/index.php/os/article/view/11642 Editoriale 2025-02-07T14:59:10+00:00 Aldo Castellano luca.mocarelli@unimib.it Luca Mocarelli luca.mocarelli@unimib.it <p>.</p> 2024-12-04T00:00:00+00:00 ##submission.copyrightStatement## http://www.serena.unina.it/index.php/os/article/view/11643 I cinquant’anni dell’Archeologia Industriale in Italia: ancora una disciplina di frontiera? 2025-02-07T14:59:09+00:00 Aldo Castellano luca.mocarelli@unimib.it Luca Mocarelli luca.mocarelli@unimib.it <p><em>Il testo esamina le problematiche e le sfide dell'archeologia industriale italiana, concentrandosi sulle pratiche di inventariazione, catalogazione, riallestimento e valorizzazione delle vecchie strutture produttive. Questa pratica viene paragonata alla “sindrome di Noè”, un recente disturbo mentale che comporta l'accumulo ossessivo di animali o oggetti. </em></p> <p><em>Gli autori evidenziano come questa sindrome si ripercuota anche sulla conservazione del patrimonio culturale: molti operatori, incapaci di stabilire delle priorità, cercano di conservare indiscriminatamente tutto. Questo fenomeno è particolarmente presente nelle aree periferiche, dove amministratori locali e appassionati cercano di proteggere e valorizzare ogni manufatto storico. </em></p> <p><em>Françoise Choay ha individuato questo problema nel 1992, mettendo in guardia dal rischio che un eccessivo accumulo di beni culturali protetti possa portare a una crisi delle risorse e a una perdita di significato culturale. Anche Salvatore Settis ha espresso preoccupazione per la situazione italiana, suggerendo che solo una rinascita delle virtù civiche potrebbe invertire l'attuale degrado. </em></p> <p><em>La soluzione proposta prevede una riforma culturale che stabilisca una gerarchia di valori storici e culturali condivisi, riducendo l'eccesso di patrimonio protetto e concentrando le risorse sui beni più significativi. Solo attraverso un'approfondita ricerca storica sarà possibile determinare quali beni meritano davvero di essere conservati e valorizzati.</em></p> 2024-12-04T00:00:00+00:00 ##submission.copyrightStatement## http://www.serena.unina.it/index.php/os/article/view/11644 Archeologia industriale e deindustrializzazione 2025-02-07T14:59:07+00:00 Luigi Vergallo luigi.vergallo@fondazionefeltrinelli.it <p><em>Il testo indaga l'archeologia industriale e la deindustrializzazione come fenomeni interconnessi e significativi nell'evoluzione economica e sociale delle società moderne. L'archeologia industriale, originariamente sviluppata per studiare i resti fisici dell'industria del passato, emerge come punto di incontro tra la memoria storica e la necessità di comprendere l'impatto dell'industrializzazione sulla società. La deindustrializzazione, invece, indica il declino dell'industria moderna e i suoi effetti culturali ed economici. </em></p> <p><em>L'autore sottolinea come in Italia l'archeologia industriale sia rimasta indietro rispetto ad altri paesi come il Regno Unito e gli Stati Uniti, dove la deindustrializzazione era più avanzata. Questo ritardo ha influenzato la percezione e lo studio dell'industria come patrimonio culturale e socio-economico. L'archeologia industriale, quindi, va oltre la semplice conservazione dei monumenti industriali per comprendere l'impatto sociale e culturale della chiusura delle fabbriche. </em></p> <p><em>La discussione si amplia alla gentrificazione, in cui i quartieri industriali vengono trasformati in spazi residenziali e commerciali, alterando le dinamiche sociali e spaziali delle città. Questi cambiamenti riflettono trasformazioni più ampie nelle relazioni sociali e nei contesti urbani influenzati dalle dinamiche economiche globali.</em></p> 2024-12-04T00:00:00+00:00 ##submission.copyrightStatement## http://www.serena.unina.it/index.php/os/article/view/11645 Un documentario, dieci anni dopo. Il Polline e la ruggine: memoria, lavoro, deindustrializzazione a Sesto San Giovanni 2025-02-07T14:59:06+00:00 Roberta Garruccio roberta.garruccio@unimi.it <p><em>Il polline e la ruggine è un documentario a basso costo, realizzato tra il 2015 e il 2016 e disponibile online sul canale YouTube della Fondazione Isec. Il documentario tratta delle chiusure industriali a Sesto San Giovanni e delle loro conseguenze a partire dagli anni '90, concentrandosi sulle ex acciaierie Falck. Il progetto, avviato nel 2013 con Fondazione Isec e sostenuto da un finanziamento regionale nel 2014, è stato condotto da Sara Zanisi e Sara Roncaglia. Il lavoro ha esplorato la deindustrializzazione non solo come perdita di produzione industriale, ma anche come fenomeno con implicazioni sociali, politiche e culturali. </em></p> <p><em>Il documentario utilizza fonti orali raccolte attraverso interviste per costruire un archivio che documenta l'impatto locale della deindustrializzazione globale. Sesto San Giovanni, un tempo importante polo industriale, oggi è caratterizzata da un patrimonio industriale dismesso e dalla necessità di riqualificazione, con particolare attenzione alle aree Falck, il più grande sito ex-industriale d'Europa in fase di riqualificazione. </em></p> <p><em>Il progetto si è concentrato sulla memoria del lavoro industriale, sulle trasformazioni urbane e sulle narrazioni delle persone coinvolte. L'obiettivo è quello di evidenziare la complessità e le implicazioni a lungo termine della deindustrializzazione, non solo in termini economici ma anche nell'identità culturale e sociale della città.</em></p> 2024-12-04T00:00:00+00:00 ##submission.copyrightStatement## http://www.serena.unina.it/index.php/os/article/view/11646 La chiamavamo AI 2025-02-07T14:59:04+00:00 Antonello Negri antonello.negri@unimi.it <p><em>Un resoconto degli esordi dell'archeologia industriale in Italia a partire dagli anni '70, un'espressione un tempo rara ma oggi comune nei media. L'autore immagina che non ci sarà un futuro significativo per questa disciplina. L'autore non aveva mai sentito parlare di archeologia industriale prima di incontrare Eugenio Battisti. Dopo la laurea in Storia della Critica d'Arte, ha iniziato a collaborare con Battisti al Politecnico di Milano, assistendo al corso sull'utopia. Successivamente, grazie a una borsa di studio, l'autore ha seguito Battisti negli Stati Uniti, dove ha sviluppato un interesse per l'archeologia industriale dopo aver scoperto la rivista inglese “Industrial Archaeology” nella biblioteca della Penn State University. Tornato in Italia, l'autore ha continuato a collaborare con Battisti, studiando il villaggio protoindustriale di San Leucio. Nel 1977 Battisti organizza a Milano una mostra su San Leucio, considerata il punto di partenza degli studi di archeologia industriale in Italia. L'autore ha collaborato con Massimo Negri, pubblicando il primo libro di archeologia industriale nel 1978. Negri era specializzato in museografia, mentre l'autore si concentrava sugli aspetti estetici e storico-artistici. Negli anni Ottanta la sensibilità verso l'archeologia industriale è cresciuta, portando a pubblicazioni di alto profilo e alla catalogazione del patrimonio industriale italiano. È stata ufficialmente riconosciuta nell'Enciclopedia Italiana alla voce “Industria. Storia materiale”. Il volume “La macchina arrugginita” curato da Aldo Castellano fornisce una prospettiva teorica sull'archeologia industriale. Ciò coincide con la consapevolezza della deindustrializzazione e dei suoi effetti. L'autore si concentra sull'iconografia dell'industria, studiando sia le rappresentazioni artistiche che quelle anonime. La rivista “Archeologia Industriale” e la mostra “Il luogo del lavoro” del 1984 sono piattaforme cruciali per questa ricerca. Questa memoria è dedicata a Eugenio Battisti, teorico della trasgressione disciplinare tra utopia, storia dell'arte e archeologia industriale.</em></p> 2024-12-04T00:00:00+00:00 ##submission.copyrightStatement## http://www.serena.unina.it/index.php/os/article/view/11647 Dall’archeologia industriale alla cultura industriale in Svizzera: un percorso tra memoria, patrimonializzazione e marketing territoriale 2025-02-07T14:59:03+00:00 Luigi Lorenzetti luigi.lorenzetti@usi.ch <p><em>Il testo esplora l'evoluzione del concetto di patrimonio industriale in Svizzera. Il contributo evidenzia come l'industria, nonostante il suo ruolo cruciale nello sviluppo economico, sia stata a lungo trascurata nelle rappresentazioni dell'identità nazionale a favore di immagini più rurali e montane. Solo negli anni Settanta e Ottanta si è assistito a un cambiamento nel percepire l'industria come una componente significativa dell'identità svizzera. </em></p> <p><em>L'associazione Heimatschutz, fondata nel 1905, ha svolto un ruolo centrale in questo contesto, inizialmente poco interessata al patrimonio industriale, a parte l'industria idroelettrica. Tuttavia, alla fine del XX secolo, l'associazione ha iniziato a prendere in considerazione la conservazione e il riutilizzo degli spazi industriali dismessi come parte del suo impegno per la conservazione del patrimonio culturale. </em></p> <p><em>L'archeologia industriale in Svizzera è iniziata negli anni Settanta, influenzata dai movimenti internazionali ma priva di istituzionalizzazione accademica. I primi sforzi si sono concentrati sulla documentazione, la conservazione e la valorizzazione di siti e impianti industriali che vanno dall'artigianato all'industria moderna. Nonostante non fosse formalmente riconosciuta come disciplina accademica, l'archeologia industriale si è evoluta in stretto dialogo con la storia della tecnologia e ha gradualmente abbracciato una prospettiva patrimoniale e culturale.</em></p> <p><em>Contemporaneamente sono nate diverse iniziative nazionali e locali, come l'Industriearcheologie e la creazione di inventari del patrimonio industriale, che hanno contribuito alla conservazione e alla valorizzazione di edifici, macchinari e paesaggi industriali. Queste iniziative hanno anche promosso la trasformazione di siti industriali abbandonati in spazi culturali e turistici, facilitando la memoria collettiva e l'educazione al passato industriale della Svizzera. </em></p> <p><em>In conclusione, la traiettoria dell'archeologia industriale in Svizzera è un esempio di come la valorizzazione del patrimonio industriale possa integrarsi efficacemente nel marketing territoriale e nella costruzione dell'identità nazionale, affrontando sfide come la deindustrializzazione e la necessità di preservare la memoria del lavoro e delle tecnologie del passato.</em></p> <p>&nbsp;</p> 2024-12-04T00:00:00+00:00 ##submission.copyrightStatement## http://www.serena.unina.it/index.php/os/article/view/11648 Il paesaggio culturale industriale della Ruhr. Storia, nuovi usi e significati 2025-02-10T11:07:13+00:00 Marita Pfeiffer marita-pfeiffer@t-online.de Norbert Tempel norbert.tempel@gmz.de <p><em>Il testo analizza il paesaggio culturale industriale della regione della Ruhr, evidenziandone la trasformazione storica, l'uso attuale e il significato. La conservazione di questi paesaggi, ormai obsoleti a causa dei cambiamenti economici, sociali e culturali, presenta sfide significative per i proprietari, le autorità locali e la società nel suo complesso. Il principio base per la conservazione è il riconoscimento del valore sociale del patrimonio industriale e della sua importanza per le generazioni future. </em></p> <p><em>Secondo la Convenzione di Faro del 2005, i luoghi della memoria non sono statici ma dinamici, da considerare come palinsesti in continuo cambiamento. Il testo sottolinea anche l'importanza ecologica della conservazione del patrimonio edilizio, osservando che la rinaturalizzazione del paesaggio industriale non deve compromettere la sua integrità storica. </em></p> <p><em>La regione della Ruhr, un tempo cuore dell'industria europea del carbone e dell'acciaio, ha subito un profondo cambiamento strutturale dalla fine degli anni Cinquanta. Tuttavia, grazie a progetti di riqualificazione urbana come l'IBA Emscher Park, molti siti industriali sono stati trasformati in spazi pubblici, culturali e residenziali, pur conservando la loro integrità storica. </em></p> <p><em>In sintesi, il testo sottolinea come la conservazione e la valorizzazione del patrimonio industriale della Ruhr abbiano portato a significativi risultati sociali ed ecologici, fungendo da modello internazionale per la gestione sostenibile del patrimonio industriale.</em></p> 2024-12-04T00:00:00+00:00 ##submission.copyrightStatement## http://www.serena.unina.it/index.php/os/article/view/11649 L’Archeologia industriale: quale futuro in Francia? 2025-02-10T11:07:12+00:00 Florence Hachez-Leroy hachez@ehess.fr <p><em>L'archeologia industriale, emersa negli anni '60, si è affermata come disciplina autonoma, influenzando iniziative innovative sul patrimonio e contribuendo allo sviluppo del patrimonio industriale. Questa disciplina ha un impatto culturale tangibile e affronta questioni controverse legate al capitalismo e all'impresa, in particolare per le implicazioni sociali e culturali.</em></p> <p><em>In Francia, l'archeologia industriale è emersa negli anni '70, principalmente all'interno di associazioni e musei, ma anche nell'ambito dell'istruzione superiore e della ricerca. Maurice Daumas ha avviato una riflessione su questo tema, seguito da Bertrand Gilles e Denis Woronoff, che hanno definito l'archeologia industriale come lo studio del legame tra la produzione e il luogo di produzione. Questa disciplina si occupa di edifici, infrastrutture e dei loro elementi materiali, umani e astratti, richiedendo l'osservazione, lo scavo e l'analisi di fonti scritte, iconografiche e orali.</em></p> <p><em>Il patrimonio industriale è un costrutto sociale che implica la protezione di oggetti materiali o astratti secondo criteri estetici, storici, politici, religiosi, sociali o tecnologici. Include non solo i siti produttivi, ma anche le infrastrutture sociali, economiche, culturali, religiose o sportive. La complessità del patrimonio industriale ha portato alla creazione di un dipartimento specifico all'interno del Ministero della Cultura francese nel 1983.</em></p> <p><em>Dalla fine del XX secolo, la ricerca si è estesa oltre il periodo della prima industrializzazione, includendo siti ancora in funzione, come stazioni ferroviarie e aeroporti. Alcune aree, come il bacino minerario del Nord-Pas-de-Calais e le colline, le case e le cantine della Champagne, sono state riconosciute come patrimonio mondiale dell'Unesco, integrando la conservazione del patrimonio con le attività economiche locali.</em></p> <p><em>L'inclusione nella lista del Patrimonio mondiale dell'Unesco ha promosso lo sviluppo del patrimonio industriale in Francia, ma ha anche generato tensioni legate al turismo di massa e alla sostenibilità dei siti. L'adattamento di abitazioni storiche, come quelle dei lavoratori, solleva dilemmi tra il rispetto del significato storico e culturale e l'adattamento alle esigenze moderne e ai cambiamenti climatici. Esempi di ristrutturazioni efficaci dimostrano che è possibile migliorare l'efficienza energetica senza compromettere l'estetica esterna. La conservazione del software e del codice sorgente come nuovi oggetti tecnologici immateriali rappresenta una sfida. Il patrimonio contestato, come l'industria coloniale e l'impatto ambientale delle attività industriali, richiede ulteriori studi. Le difficoltà di conservazione del patrimonio legato ad attività inquinanti e pericolose sono evidenti, come dimostra la controversia sul laboratorio di Marie Curie a Parigi.</em></p> <p><em>I musei tecnologici, nati dall'interesse per il patrimonio industriale, svolgono un ruolo importante nella trasmissione delle conoscenze tecnologiche e artigianali. Alcuni musei ospitano collezioni preziose e offrono formazione per perpetuare le competenze nel settore.</em></p> <p><em>In conclusione, il patrimonio industriale è diventato un campo disciplinare molto attivo, con significative ripercussioni sull'economia e sulle strategie territoriali, oltre a rappresentare un'importante sfida per la ricerca futura.</em></p> 2024-12-04T00:00:00+00:00 ##submission.copyrightStatement## http://www.serena.unina.it/index.php/os/article/view/11650 Cronistoria dell’industria tessile greca nella prima metà del XX secolo: due casi studio 2025-02-10T11:07:10+00:00 Johannis Tsoumas iannis33@hotmail.com Emmanuela Sfyroera emsfir@uniwa.gr <p><em>Dopo aver spiegato le ali nel cielo dell'indipendenza, la Grecia post-rivoluzionaria trovò nuovi modi per sostenere il suo tormentato popolo e l'economia in frantumi del neo-stato greco, puntando sullo sviluppo dell'artigianato e dell'industria locale, i cui settori, per la maggior parte, registrarono una notevole crescita fino all'inizio del XX secolo. Il settore tessile, già negli anni Sessanta dell'Ottocento, si era rivelato particolarmente produttivo e, nonostante le difficoltà storiche e socio-politiche della seconda metà dell'Ottocento, negli anni successivi si sviluppò come uno dei settori più prolifici dell'industria greca, soprattutto nelle allora “metropoli” dell'industria e del commercio di transito del Paese, come erano i porti del Pireo e di Hermoupolis, capoluogo dell'isola di Syros. </em></p> <p><em>Questa ricerca prova a tracciare lo sviluppo dell'industria tessile nazionale dalla sua nascita al suo massimo splendore nel periodo tra le due guerre, commentando e analizzando la sua importanza per le città del Pireo e di Hermoupolis. Inoltre, i casi di studio della fabbrica tessile dei fratelli Retsina e dell'azienda tessile Krystallis-Tsagarakis faranno luce sul funzionamento dell'industria tessile greca, ma anche sul suo impatto sui profili socioculturali ed economici di questi due porti all'inizio del XX secolo.</em></p> 2024-12-04T00:00:00+00:00 ##submission.copyrightStatement## http://www.serena.unina.it/index.php/os/article/view/11651 Ridefinire il canone a partire da Atene 2025-02-10T11:07:09+00:00 Chiara Ingrosso chiara.ingrosso@unicampania.it <p>.</p> 2024-12-04T00:00:00+00:00 ##submission.copyrightStatement## http://www.serena.unina.it/index.php/os/article/view/11652 In morte di una fabbrica (d’autore). La vicenda del birrificio FIX ad Atene 2025-02-10T11:07:07+00:00 Marco Pretelli marco.pretelli@unibo.it Francesca Castanò francesca.castano@unicampania.it <p>.</p> 2024-12-04T00:00:00+00:00 ##submission.copyrightStatement##