Reti Medievali Rivista, I - 2000 / 1 - maggio-dicembre

Flavia De Rubeis

Il censimento per il corpus delle iscrizioni medievali

©  Flavia De Rubeis per "Reti Medievali"


Testo

Il Corpus Inscriptionum medii Aevii Italiae del medioevo italiano dai secoli V-XII conservate direttamente sul territorio o altrimenti tràdite nasce da un progetto di censimento nazionale coordinato dal Centro Italiano di Studi sull’AltoMedioevo di Spoleto, che ne cura la pubblicazione dei volumi.

Il lavoro, ripartito per regioni politiche attuali, è diretto, per la regione Veneto e per le province di Brescia, Bergamo, Ravenna, dal prof. Stefano Gasparri, dell’Università degli studi di Venezia. “Ca’ Foscari” ed è affidato, per il coordinamento scientifico, alla dott.ssa Flavia De Rubeis.

Nell’ambito del progetto di catalogazione, il CISAM ha previsto, e fornito, una scheda di catalogazione e studio unificata per tutto il territorio nazionale. In occasione del lavoro di censimento, da effettuarsi direttamente sul materiale ancora esistente e distribuito nell’area veneta e nelle province di Brescia, Bergamo e Ravenna, si è ritenuto di dover ampliare la scheda fornita dal CISAM con approfondimenti ed ulteriori integrazioni. Questo ampliamento ha portato all’elaborazione di un modello di rilevamento diviso in tre sezioni: il manufatto (con indicazioni inerenti, ad esempio, la tecnica di lavorazione, lo stato di conservazione, il degrado e gli aspetti connessi, i dati archeologici, ecc.); la scrittura (dalla lavorazione per l’impaginazione alla tecnica di esecuzione della scrittura, ecc.); il testo (ad esempio sono state inserite annotazioni relative allo stato di conservazione del testo medesimo, per la trascrizione ed edizione del quale è stato utilizzato l’apparato dei segni diacritici fornito dal CIL). Il risultato di questo ampliamento ha portato alla stesura di una scheda che prevede 56 voci principali di rilevamento dati, delle quali voci 30 sono ulteriormente sviluppate con un totale di 159 campi di approfondimento. La scheda così organizzata è corredata da un apparato fotografico elaborato in CD.

I dati fin qui raccolti e organizzati secondo la scheda ampliata, sono stati riversati all’interno di una banca dati che serve da contenitore generale per due sottogruppi selettivi. Il primo è mirato alla stesura dei testi previsti dalle norme contenute nella scheda del CISAM. Per questo primo sottogruppo è stata operata una selezione di campi riversati in testo e integrati con un apparato testuale che prevede analisi storica ed eventualmente paleografica del manufatto più ampia rispetto agli schematici commenti della banca dati generale. Il secondo sottogruppo, più schematico rispetto a quello elaborato per il CISAM, comprende esclusivamente la localizzazione, la tipologia del manufatto e testuale, la materia, le dimensioni e l’edizione del testo epigrafico. Questo secondo sottogruppo è destinato ad essere riversato in rete ed essere così consultato, all’interno di una Banca dati più articolata ed ampia in elaborazione presso il Dipartimento di Studi Storici dell’Università “Ca’ Foscari” di Venezia. Le interrogazioni (e i relativi indici di ricerca) che possono essere eseguite vengono fornite in apertura della banca dati in rete.

Il primo volume completato all’interno del gruppo di lavoro operante nel territorio veneto è quello relativo alle province di Treviso, Vicenza e Belluno, curato dal dott. C. Azzara e dalla dott.ssa F. De Rubeis. Il materiale censito comprende un totale di 77 iscrizioni (incluse le epigrafi deperdite), ed è corredato da apparato fotografico. In avanzato stadio di lavorazione seguono i volumi relativi alla città di Venezia (pressoché completo sia per la parte greca che per quella latina), Brescia e Verona.


Schede

Si danno qui di seguito esempio di una  scheda così come essa viene organizzata dalla scheda ampliata per la versione elaborata destinata alla stampa nel volume del CISAM,  e  come essa sarà consultabile nella banca dati in rete.

 

Schedatura CISAM

FELTRE. CHIESA PARROCCHIALE DI SAN DONATO DI LAMON

1 – Calice liturgico con iscrizione (sec. VI).

Il diacono Orso offre un calice ai SS. Pietro e Paolo.

Di origine ignota,  il calice venne rinvenuto nel 1836 in località “Coronini” presso  SAN Donato di Lamon  (BL) da Pietro Piasente e da questi venduto alla famiglia Giobbe di Lamon; infine pervenne   alla pieve dei  SANTI Pietro e Paolo di Lamon, dove è tuttora conservato.

Calice liturgico, d’argento massiccio, forse in origine dorato, misura: altezza complessiva 19,9; diametro coppa 13,3; capacità l. 1,5 ca.; alt. coppa 12; alt. piedistallo 7,9; peso complessivo gr. 315 . Il calice,  ricomposto, è in complessivo mediocre stato di conservazione: i danni, accidentali, consistono in un foro sul supporto e in diverse lievi ammaccature alla base della coppa. Un danno più rilevante ha separato la coppa dal gambo, successivamente riuniti.

L’iscrizione, eseguita su specchio epigrafico di corredo, convesso, corre lungo il bordo esterno superiore della coppa. L’argento è stato inciso con solco a sezione rettangolare, colmato con una fusione composta da una miscela a base di rame, argento e piombo (niello). La niellatura è  in parte andata perduta  nelle lettere qui di seguito sottolineate:

de  donis  dei   vrsvs  diaconvs  sancto  petro  et  sancto  pavlo  optvlit

Il testo, preceduto da un signum crucis, è  privo di rettrici ed  è riquadrato da una banda piatta delimitata da solchi sottili e paralleli. Lo specchio epigrafico misura cm. 1,45 x 40,1; l’area iscritta cm. 1.15 x 40,1.

L’epigrafe è integra ed è disposta su di una sola riga orizzontale, completa.

Il testo è eseguito in capitale epigrafica con lettere dal modulo compresso lateralmente che misurano cm. 1,115 x 0,8 e presentano alle estremità delle aste e dei tratti una lieve svasatura accentuata da apici di completamento sviluppati. Di rilievo le lettere D (con la curvatura schiacciata inferiormente, quasi a divenire orizzontale); N (con il tratto discendente completato con apici superiormente e terminante a punta  inferiormente); S (dalle ampie curve schiacciate) e O (nella forma ovale). Per la morfologia di alcune lettere e per la forte apicatura, l’iscrizione del calice trova utili termini di confronto con prodotti epigrafici della metà del secolo VI di ambito ravennate. In particolare i tratti di completamento sulla A e sulla T, così come la D schiacciata sul rigo di base richiamano i modelli grafici delle iscrizioni musive dell'abside di SAN Apollinare in Classe e quelle didascaliche di SAN Apollinare Nuovo (eseguite entrambe al tempo dell'arcivescovo Agnello, anni  556-569).

Ultima ricognizione effettuata: 1998.

Trascrizioni: De Rossi 1878, pp. 159-162; Il calice 1937, p. 33; Gaggia 1934, p. 487, n. 1; Alpago-Novello 1937, p. 880; Cuscito 1973, p. 314 (e le considerazioni avanzate alle pp. 314-316); Venezia e Bisanzio 1975, n. 13; Rugo 1979, p. 145; Tamis 1979, p. 52 (ma trascrive erroneamente obtulit anziché optulit); Diocesi di Belluno 1996, p. 32.

Edizioni: Facen 1875a e 1875b, p. 93; De Rossi 1878, pp. 159-162; Il calice, 1937, p. 33; Pellin 1944, pp. 29-34; Fiocco 1955, p. 370 (ma si vedano per esteso le pp. 369-372); Alpago-Novello 1972; Lipinsky 1973, pp. 1393-1395; Venezia e Bisanzio 1975, n. 13; Tamis 1979, p. 52; Mazzotti 1985, p. [298]; Il Veneto nel Medioevo, vol. II, pp. 289-291.

Riproduzioni: De Rossi 1878, tav. XII; Il calice 1937; Fiocco 1955, tav. L.1; Cuscito 1973, fig. 13, p. 304; Venezia e Bisanzio 1975, n. 13; Rugo 1979, pp. 145 e 147, figg. 1 e 2; Mazzotti 1985, foto 307; Il Veneto nel Medioevo, vol. II, fig. 244.

Esposizioni: «Mostra d’arte sacra», Venezia, 1897; «Venezia e Bisanzio», Venezia, giugno-settembre 1975.

de donis dei vrsvs diaconvs sancto petro et sancto pavlo optvlit

† De donis Dei Ursus diaconus sancto Petro et sancto Paulo optulit

Dopo la scoperta del calice d’argento avvenuta casualmente nel 1836, e passata per decenni sotto silenzio, diede notizia del reperto per la prima volta il Facen 1875a e 1875b, p. 93, ripreso dal periodico Tomitano (01/04/1875 e 01/01/1880). La prima pubblicazione scientifica in merito (sulla base di un solo disegno) fu curata da De Rossi 1878, pp. 159-162, che attribuì il manufatto al secolo V, in ragione soprattutto della dedica nella quale il nome dell’offerente è preposto a quello dei santi dedicatari (1878, pp. 160-161). Gli interventi posteriori oscillarono tra la datazione proposta da quest’ultimo ed il successivo VI secolo: Il calice, 1937 (p. 28, V sec.); Gaggia (1934, pp. 486-487, VI sec.); N.R. (1937, sec. VI o successivi); Alpago-Novello (1937, p. 880, VI sec.); Pellin (1944, pp. 29-34, VI sec.); Pellegrini (1946b, pp. 1165-1166). In particolare, Pellin si discostò dagli altri autori escludendo l’originaria appartenenza del calice alla chiesa di Lamon, a suo avviso inesistente nel sec. VI (1944, p. 32; cfr. anche la nota 1 nella stessa pagina in cui l’autore sottolinea le difficoltà rappresentate dalla dedica ai santi Pietro e Paolo), interpretandolo piuttosto quale frutto, abbandonato, di una razzia barbarica, compiuta altrove (1944, p. 31). Successivamente, Fiocco 1955, pp. 369-372 (in particolare p. 371) propose di consi­derare una datazione al sec. V, per l’analogia con l’epigrafe della patena di Canoscio, mentre escludeva, per motivi essenzialmente paleografici, affinità tra il calice ed il missorium di Geilamiro (1955, pp. 375-376), scoperto ad Arten e conservato ora al Louvre. Alpago-Novello 1972, pp. 41-47, dal canto suo, anticipò la datazione al secolo IV, identificando il diacono dedicatario Ursus con quello nominato nella passio di san Teonisto, al seguito del vescovo itinerante (in particolare cfr. pp. 46-47); contro questa tesi, Cuscito 1973, pp. 314-317, dimostrò scetticismo, pur non schierandosi apertamente per il secolo V o per il VI, mentre una datazione alta (V secolo), fondata soprattutto su considerazioni storico-artistiche, si pronunciò Lipinsky 1972, p. 329, ritenendo «molto probabil[e]» una produzione del manufatto ad Aquileia; in un successivo intervento, lo stesso Lipinsky dichiarò possibile una collocazione al secolo VI del calice (Lipinsky 1973, pp. 1393-1395), per cui veniva ipotizzata una genesi orientale, per il nodus inserito nel gambo scampanato (ibidem, p. 1392 e nota 1, pp. 1392-1393). La datazione al secolo VI fu accettata da Tamis 1979, pp. 9-10, per analogia con altre oreficerie coeve e nell’ipotesi che potesse essere stato nascosto durante lo scisma tricapitolino (pp. 51-52). Un riepilogo della bibliografia al riguardo si trovava in Niero (1975, n. 13) e la condivisione del secolo VI quale datazione più probabile, mentre Rugo 1979, pp. 150-152, oltre a confermare la collocazione nel secolo VI per motivi paleografici, propose di riferire il calice ad un ambito produttivo bizantino; tesi questa accolta da Rota 1981, p. 10, mentre Canova dal Zio 1986, p. 77, e Cavallari 1988, p. 16, si sono dichiarati più favorevoli ad una datazione tra il V e il VI secolo, quest’ultimo autore avanzando solo delle ipotesi circa la presenza a Lamon dell’oggetto. Infine, ne Il Veneto nel Medioevo II, pp. 289-291, Silvia Lusuardi Siena (autrice della scheda) è propensa a datarlo tra il secolo V ed il VI, soprattutto per le affinità coi ritrovamenti di Canoscio e di Galognano (tanto da «supporre i tre oggetti usciti dalla stessa bottega o addirittura dalla stessa mano», p. 291 e nota 537 alla p. 318), concludendo che «[…] l’ipotesi più plausibile sembra quella di assegnare anche il calice di Ursus all’epoca goto-bizantina. Ciò si accorderebbe con la supposta collocazione castrense della chiesa di SAN Pietro, della cui origine antica potrebbe essere una spia l’abside esternamente pentagonale.» Da segnalare, infine, la posizione di Tiezza, Le Chiese di Belluno e Feltre nelle principali vicende storiche di due millenni (in Diocesi di Belluno 1996, p. 32), secondo il quale il tipo di dedica dell’iscrizione indurrebbe a datare al secolo V il calice per cui si vuole una provenienza «dalla cattedrale di Feltre».

 

Banca dati

Localizzazione: Lamon, Pieve dei Santi Pietro e Paolo (Belluno, Feltre).

tipologia: calice liturgico con iscrizione dedicatoria in discreto stato di conservazione.

datazione: sec. VI

materia: argento

dimensioni: altezza complessiva 19,9; diametro coppa 13,3; capacità l. 1,5 ca.; alt. coppa 12; alt. piedistallo 7,9; peso complessivo gr. 315

edizione: † De donis Dei Ursus diaconus sancto Petro et sancto Paulo optulit.