Reti Medievali Rivista, III - 2002 / 1 - gennaio-giugno

Lorenzo Fabbri

La “Gabella di Santa Maria del Fiore”.
Il finanziamento pubblico della cattedrale di Firenze*

© 2002 - Lorenzo Fabbri per "Reti Medievali"


Testo

Gli Operai di S. Maria del Fiore, che tra il 1470 e il 1472 si succedettero alla guida della fabbrica della cattedrale di Firenze, avevano validi motivi per fare iscrivere il proprio nome tra le miniature di tre graduali del Duomo, che oggi si conservano presso la Biblioteca Medicea Laurenziana (Edili 149, 150 e 151)[1]. Non si trattava soltanto di apporre la firma del committente su una serie di libri liturgici, assolutamente fuori dell’ordinario per eleganza e ricchezza iconografica, quanto di volgere questi splendidi manufatti a un più generale intento di autocelebrazione da parte dell’Opera del Duomo. Proprio in quegli anni, infatti, a una distanza di oltre 170 anni dalla posa della prima pietra della nuova cattedrale, l’ente istituito per sovrintendere a tale impresa poteva finalmente vantarne il compimento, e nel contempo prospettare un rinnovato attivismo intorno ad essa, grazie anche all’autorevole incoraggiamento di Lorenzo il Magnifico. I responsabili dell’Opera erano ben coscienti dell’eredità materiale e simbolica di cui erano depositari: un’eredità maturata attraverso una lunga e talvolta travagliata attività, che a partire dallo scorcio del XIII secolo aveva portato alla costruzione della chiesa, del campanile e della cupola, come pure all’ultimazione delle due sacrestie, alla decorazione interna ed esterna dell’edificio e a tante altre opere edilizie indirettamente attinenti al Duomo (la canonica, il palazzo dell’Opera, la biblioteca) o ad esso del tutto estranee (la loggia dei Signori, gli appartamenti papali di S. Maria Novella, varie fortificazioni nel contado ecc.): uno slancio creativo e operativo che ancora non dava segni apparenti di stanchezza, se è vero che proprio nel 1471 la lanterna della cupola era giunta a perfezione con il collocamento sulla sua sommità della grande palla d’oro realizzata da Andrea del Verrocchio[2], e che subito dopo si era dato nuovo impulso alla definitiva sistemazione del coro e in seguito anche della facciata[3].

Tuttavia, proprio le tormentate vicende del coro e della facciata, come pure nei decenni successivi quelle del ballatoio esterno della cupola[4], rivelano come l’affermazione da parte dell’Opera della propria funzione storica – almeno per quanto riguarda la sua specifica vocazione, cioè la realizzazione della nuova cattedrale – coincidesse con l’apice della sua fortuna e quindi con l’inizio del suo declino.

Solo pochi anni dopo, in effetti, un documento ci offre una testimonianza di tutt’altro segno riguardo all’idea che i Fiorentini avevano dell’Opera del Duomo, e in particolare della sua amministrazione: “… era comune oppinione di buona parte de’ cittadini di questa città che l’entrate d’essa Opera si distribuissino male et che in fare le spese di detta Opera non si usassi quella diligentia che a una tanta cosa si conviene et esservi molte et molte entrate superflue et che con molto minori entrate si poteva largamente supplire alle spese in decta chiesa et Opera necessarie”. Non erano le parole di un osservatore estraneo o di un cronista di parte, ma un passo del proemio di una deliberazione dell’Arte della lana, la corporazione che da quasi un secolo e mezzo era incaricata di gestire l’Opera di S. Maria del Fiore[5]. In quel delicato frangente era proprio l’affidamento all’Arte ad essere messo in discussione, e, accanto ad esso, il sistema di finanziamento pubblico dell’Opera: in una parola, tutto l’impianto amministrativo che fin dal 1331 aveva garantito l’attuazione del più ambizioso progetto architettonico concepito per la città.

I consoli dell’Arte, come vedremo più avanti, riuscirono a tamponare la falla che si era aperta, e in tal modo garantirono all’Opera del Duomo una sostanziale continuità gestionale anche per il futuro. Ma in cosa consisteva questo impianto amministrativo e qual’era il significato della sua introduzione?

 

La normativa

La struttura e il funzionamento dell’Opera di S. Maria del Fiore, così come si vennero configurando nel corso dei secoli, furono delineati nei loro tratti essenziali dalla provvisione comunale dell’1 e 2 ottobre 1331[6]. Essa si articolava in due punti fondamentali:

1. La gestione della fabbrica era affidata in modo definitivo ad un'unica corporazione, l'Arte della lana, ponendo fine in tal modo alle varie forme di conduzione che – per quanto possiamo arguire dai pochi documenti superstiti – erano state sperimentate nei decenni precedenti. Tra queste figura un’antecedente forma di controllo corporativo, basata sulla rotazione annuale di cinque delle sette Arti Maggiori (Lana, Seta, Calimala, Cambio e Medici e Speziali), ma non mancano tentativi di compartecipazione laica ed ecclesiastica nelle funzioni di maggiore responsabilità. Con la delega all'Arte della lana si rafforzava il carattere prettamente civico e comunale dell'edificio in costruzione. Ma soprattutto acquistava forma e struttura l'istituzione incaricata di dare una direzione e una continuità al progetto: l'Opera di S. Maria del Fiore.

2. Non meno determinante per il futuro dell'impresa furono le novità introdotte nel sistema di approvvigionamento dei fondi necessari alla costruzione. Per la prima volta, infatti, le entrate dell'Opera del Duomo venivano collegate organicamente ad alcuni cespiti del Comune, superando così il precedente modello basato su sporadiche contribuzioni da parte dello stesso Comune e, in qualche caso, delle istituzioni ecclesiastiche.

È proprio su questo secondo aspetto, cioè sul tema del finanziamento pubblico dell’Opera, che vogliamo soffermarci in queste pagine. La storia finanziaria di un grande progetto edilizio medievale, per quanto basata in gran parte su dati quantitativi e aspetti tecnici assai complessi, costituisce un tema di grande respiro, in quanto fornisce un solido strumento interpretativo a fenomeni di alto significato culturale e simbolico. Verificare chi elargisca le risorse, chi le gestisca, chi le controlli, e considerare le modalità tecniche delle erogazioni finanziarie e la realtà effettiva del loro impiego, può essere infatti illuminante su aspetti fondamentali della storia dell'edificio in questione. Non a caso sono storici dell'arte, come Diane Finiello Zervas e Margaret Haines, che hanno compiuto finora gli unici studi approfonditi sul finanziamento di S. Maria del Fiore. Così, la Zervas ha dimostrato come da un documento contabile, un rendiconto del 1333-1359 contenente scarne indicazioni sulle entrate e uscite annuali dell'Opera del Duomo, sia possibile proporre nuove ipotesi sulle fasi costruttive del Campanile di Giotto, combinando i dati con quelli relativi al costo dei materiali impiegati e della manodopera[7]. La Haines si è spinta anche oltre, facendo emergere con chiarezza da un’analisi storica sul sistema di finanziamento della cattedrale, il carattere civile e pubblico di questo edificio destinato al culto[8].

Proprio al saggio pionieristico di Margaret Haines faremo costante riferimento in queste pagine, soprattutto nel ripercorrere lo sviluppo della legislazione comunale in materia di finanziamento dell’Opera. Concentreremo poi l’analisi sul periodo laurenziano, finora scarsamente indagato sotto questo profilo, per osservare il reale funzionamento dell’afflusso delle entrate, la loro composizione e il rapporto quantitativo fra i diversi cespiti.

Ma torniamo alla svolta del 1331. Il nuovo edificio in quel momento non doveva consistere che del muro di facciata (e soltanto per quanto concerne gli ordini inferiori), parzialmente rivestito di marmo e decorato di sculture, e del primo tratto delle due fiancate. Seminascosta dietro queste prime opere, la vecchia cattedrale di S. Reparata continuava ad esistere e ad ospitare le funzioni liturgiche, assistita dal suo vecchio campanile lungo il fianco nord, e ancora compressa ai lati dalle abitazioni dei canonici. A 35 anni dalla posa della prima pietra e a 30 dalla morte del suo ideatore, Arnolfo di Cambio, la costruzione del nuovo Duomo era ancora agli inizi, mentre il nuovo campanile non era nemmeno comparso sulla scena[9].

Fino ad allora il finanziamento era stato contrassegnato da una forte discontinuità e da una pluralità di sovvenzionatori. Nel 1293 il Comune si accollò una spesa di 3000 lire per il restauro di S. Reparata[10]. L'anno successivo, mentre i documenti cominciano già a menzionare la volontà di una “renovatio” dell'edificio, e non soltanto di una “reparatio”, abbiamo notizia di una serie di stanziamenti di 400 lire ciascuno, che almeno dal 1295 acquistarono una regolarità bimestrale, costituendo così un'assegnazione annua di 2400 lire[11]. Alla fine del 1297 il sussidio comunale si accrebbe fino a 8000 lire in due anni, raccogliendo parte delle rendite di due tasse indirette: la gabella delle porte e la gabella dei 4 denari per lira[12]. Come vedremo, il sistema delle gabelle costituirà l'asse centrale del finanziamento del Duomo, ma in questa fase si tratta ancora di erogazioni forfettarie e temporanee, anche se ci risultano rinnovi costanti fino al febbraio del 1304. Possiamo dire, comunque, che in questo primo decennio il Comune garantì un sostegno consistente al progetto, che infatti coincise con una intensa attività del cantiere. Ma nel secondo e terzo decennio del secolo, in concomitanza con la grande controffensiva ghibellina in Toscana, i sussidi comunali vennero meno ed i lavori furono quasi del tutto abbandonati.

Nei primissimi tempi il progetto aveva ricevuto impulso anche da cospicue sovvenzioni ecclesiastiche: prima fra tutte quella di 3000 lire decretata nel 1296 da papa Bonifacio VIII, il quale ordinò che fosse convertito ad uso dell'Opera parte di quel denaro, proveniente da usure o da furti, che venisse restituito al vescovo[13]. Non stupisce, perciò, come osserva la Haines, che in questa prima fase il ruolo di operaio, il cui compito era soprattutto quello di gestire i fondi a disposizione, fosse ricoperto sia da elementi laici che da chierici[14].

Una soluzione originale per contribuire alle spese dell'Opera fu individuata fin dal 1296 in un legato obbligatorio a favore della nuova fabbrica, cui erano soggetti tutti i testamenti rogati nella città e nel contado di Firenze. Essendo imposto per legge, questo contributo – che di norma si stabilizzò nell'ordine di una, due o tre lire – si configura non tanto come lascito, quanto come una tassa sui testamenti[15], tanto vero che questo fu il nome che assunse in età moderna. Il fatto, però, che tale versamento comparisse negli atti di ultima volontà, accanto ai diversi legati pii e in particolare ai lasciti volontari a favore di altre chiese, cappelle, oratori e ospedali, è significativo del carattere peculiare di S. Maria del Fiore rispetto alle altre istituzioni religiose o assistenziali della città. Se queste furono ampiamente alimentate da elargizioni “pro remedio animae” da parte di donatori e testatori, dando luogo a forme che potremmo definire di privatizzazione dello spazio sacro (mi riferisco, evidentemente, alle cappelle familiari, destinate ad ospitare sepolture, stemmi, culti particolari e quant’altro connotasse la famiglia che ne aveva il patronato), nel caso di S. Maria del Fiore si rileva da un lato una partecipazione volontaria del tutto trascurabile al sostegno finanziario dell’impresa, e dall’altro – e in questo si registra una rottura anche rispetto a S. Reparata – una deliberata politica di chiusura nei confronti di ogni elemento di presenza privata, riservando l'onore della sepoltura soltanto a rarissimi casi di personaggi considerati benemeriti della patria, e che pertanto avevano incarnato i valori della comunità cittadina[16]. Il Duomo, insomma, è concepito come luogo eminentemente pubblico, la cui gestione non può spettare che al Comune, ossia all'organismo politico che alla fine del Duecento si impone ormai come entità quasi statale, capace di rappresentare l'intera città, anche nella sfera religiosa[17].

È vero, quindi, che la cittadinanza venne ad essere profondamente coinvolta nella costruzione della cattedrale. Non, tuttavia, nelle forme di un’adesione popolare e spontanea all’impresa, come pare sia il caso del Duomo di Milano alla fine del ‘300[18], ma attraverso il filtro coercitivo dello Stato.

Questa tendenza si affermò in modo particolare con la politica di finanziamenti inaugurata nel 1331. Il nuovo sistema era basato sulla permanente assegnazione all'Opera del Duomo di quote fisse di alcune voci del bilancio comunale. Non era una novità nell'ambito delle grandi opere pubbliche: già da prima, infatti, veniva destinata all'erezione della terza cinta delle mura urbane metà della trattenuta del 5% applicata dalla Camera del Comune su ogni pagamento eseguito. La provvisione del 1331 attribuì all'Opera un terzo dell'altra metà, cioè lo 0,83%, che corrisponde, nella contabilità medievale, a due denari per lira (un denaro è pari alla duecentoquarantesima parte della lira)[19]. L'anno successivo i diritti dell'Opera furono estesi ad una uguale percentuale sull'incasso degli appalti delle gabelle del comune[20]. E nel 1350 furono assoggettate allo stesso regime anche le gabelle gestite direttamente dagli uffici del Comune[21].

Non si trattava di somme esigue: basti pensare che, secondo i calcoli effettuati da Charles Marie de La Roncière sulla base dei dati forniti da Giovanni Villani, le gabelle costituivano nel 1338 l'80% degli introiti comunali[22]. Ed è lo stesso Villani a testimoniare come gli assegnamenti pubblici fruttassero all'Opera 12000 lire all'anno, cui si aggiungevano altre 2000 lire ricavate da oblazioni[23]. Per farci un’idea sul valore di queste cifre possiamo considerare che nel 1339 il salario medio di un lavoratore edile specializzato era di 7,7 soldi di piccioli al giorno, mentre un manovale percepiva 4 soldi[24]. Ne risulta che, in termini di potere d’acquisto di manodopera, l’Opera era in grado di soddisfare circa 37000 giornate lavorative di un maestro oppure 71000 di un operaio non specializzato[25]. Sono anni in cui il cantiere si rianima vigorosamente: nel 1334, Giotto, ormai al culmine della sua carriera, viene assunto come capomaestro dell'Opera. Si apre la fabbrica del nuovo campanile e qualche anno dopo ha inizio la demolizione delle case dei canonici e del cimitero di S. Reparata per fare posto alla cattedrale[26].

Una volta fissato nei termini sanciti dalle provvisioni del 1331-1332, il nuovo sistema di finanziamento rimase inalterato nella sua impostazione di fondo. Esso andò anzi estendendosi a un maggior numero di entrate comunali, mentre la quota destinata all'Opera fece registrare una crescita nel corso del secolo, passando a quattro denari per lira (cioè 1,66%) nel 1358 e a 6 denari per lira (ovvero il 2,5%) nel 1374[27]. Questi due aumenti erano più che giustificati, se si considera che in questi anni il progetto della cattedrale fu ampliato per due volte (1358 e 1367) e che nuove incombenze vennero affidate all’Opera (nel 1376, ad esempio, essa fu incaricata di costruire la Loggia dei Signori). Solo nel 1402, in concomitanza con l'aggravarsi della crisi finanziaria del Comune, il sussidio fu dimezzato, attestandosi su un valore di 3 denari per lira (1,25%)[28]. Peraltro, l’effetto negativo di questo provvedimento veniva attenuato dal fatto che esso si inseriva nel quadro del decreto di una balìa, con il quale le tariffe delle gabelle erano portate al livello più alto mai raggiunto[29]. 

A prescindere da queste modifiche legislative, ciò che occorre sottolineare è la certezza del sostegno finanziario, che in linea di principio fu assicurata all’Opera di S. Maria del Fiore dall’istituzione di un collegamento organico con le entrate comunali[30]. Ciò consentì – in un periodo da molti considerato critico per l’economia – la costruzione del campanile, la ripresa dei lavori per la chiesa – sulla base, peraltro, di un nuovo progetto assai più ambizioso dei precedenti – e, infine, tra 1420 e 1436, la geniale soluzione brunelleschiana per la cupola. Parallelamente, come si è detto, l'Opera di S. Maria del Fiore fu in grado di accollarsi altri impegni edilizi di notevole portata, alcuni direttamente attinenti al cantiere del Duomo, altri invece totalmente estranei, e motivati unicamente dall'esigenza del Comune di rivolgersi ad un ente di sicuro affidamento per l'esecuzione di importanti opere pubbliche.

D'altro canto, il Comune non si limitò a destinare all'Opera gli assegnamenti sulle entrate comunali. Le attribuì altre fonti di reddito, strettamente connesse all’espansione territoriale di Firenze e alla creazione di uno Stato regionale. Rientra in questa categoria il diritto, conferito nel 1377, di ricevere una quota di 6 denari per lira su tutte le grazie fiscali o penali concesse dal governo a individui e comunità[31]. Di fatto questa sorta di tassa riguardava in larghissima misura le comunità del contado e del distretto, che in tal modo furono chiamate a dare un notevole contributo alla creazione di uno degli edifici-simbolo della Dominante.

Fonte non solo di finanziamento, ma anche di una importante attività economica, fu per l’Opera l’attribuzione di un ampio territorio forestale posto tra il Casentino e la Romagna, in grado di assicurare una immensa riserva di legname. Era il risultato delle conquiste della Repubblica a spese delle antiche casate che per secoli avevano signoreggiato la zona. Di fatto, le concessioni furono due: la prima, attuata nel 1380, ebbe per oggetto la selva del Corniolo, che era stata sottratta ai conti Guidi di Modigliana. A questa sessantadue anni più tardi, nel 1442, furono aggiunte le selve di Strabatenzoli e Ridracoli, antico dominio dei signori di Valbona, e in seguito dei conti Guidi di Battifolle. L'acquisizione di queste aree forestali assicurò all'Opera non soltanto una delle principali materie prime per le sue attività edilizie, ma anche l'occasione per sviluppare fino all'Ottocento un intenso commercio di legname in tutta la Toscana, alimentato dalla domanda privata e soprattutto dallo Stato, di cui l’Opera diventò uno dei massimi fornitori, al pari dei grandi monasteri di Vallombrosa e Camaldoli[32].

Ricapitolando, il sistema di sovvenzione realizzatosi nel corso del XIV secolo si fondava su tre grandi filoni: a) il finanziamento comunale diretto, costituito dagli “assegnamenti” attinti su base proporzionale da diverse entrate del Comune; b) il finanziamento comunale indiretto, che includeva tutti i sussidi versati da soggetti diversi dal Comune di Firenze, ma attribuiti all’Opera mediante una legge comunale, quali la tassa sui testamenti o i diritti sulle grazie fiscali e penali; c) l’autofinanziamento, derivante da profitti di attività commerciali. Poiché queste ultime si  identificavano in larga misura con i proventi delle selve assegnate all’Opera dal Comune, possiamo affermare che l’esistenza materiale della fabbrica di S. Maria del Fiore era completamente garantita dalla Repubblica fiorentina.

 

Le cifre

Come spesso accade quando lo sguardo si sposta dalla teoria alla pratica, il confronto tra il dettato legislativo e la sua effettiva applicazione genera l’impressione di difficoltà quasi insormontabili nel funzionamento delle norme. Emergono infatti i mille problemi incontrati dai vari amministratori dell’Opera per fare fronte alle spese necessarie e soprattutto per far valere i diritti dell'ente. I rapporti con il Comune furono talvolta resi difficili dall'urgenza per quest’ultimo di destinare a finalità militari le risorse riservate alla cattedrale. Nel XIV e XV secolo, sotto la spinta degli impegni bellici, la Repubblica fiorentina accumulò un debito pubblico mascroscopico, che costrinse il suo apparato finanziario ad uno sforzo enorme per reperire i fondi necessari ad assoldare le compagnie di ventura e a corrispondere gli interessi sui titoli di credito[33]. In un simile contesto non possono sorprendere le alterne vicende che caratterizzarono l'effettiva erogazione di sussidi per la cattedrale. L'Opera dovette tollerare in più di una occasione la sospensione delle sue spettanze, oppure, come abbiamo appena ricordato, si vide costretta a dirottare temporaneamente la sua attività su altri cantieri pubblici. Nel 1352 fu perfino obbligata, al pari dei cittadini fiorentini, a versare un ingente prestito forzoso, la cui restituzione, nel 1359, non era stata ancora portata a termine[34]. Pochi anni dopo, tra il 1363 e il 1364, con le casse del Comune gravate dalla guerra contro Pisa, alcuni consistenti assegnamenti della Camera furono temporaneamente stornati in altre direzioni[35].

Le fonti testimoniano delle difficoltà affrontate giornalmente dall’Opera per ottenere ciò che la legge le assegnava. Il problema più consueto e meno risolvibile era la riscossione dei legati testamentari,  resa quanto mai complicata dalle resistenze di eredi e notai, che spesso omettevano di darne comunicazione all’Opera. A più riprese furono adottate misure legislative per garantire questi versamenti, senza tuttavia riuscire a risolvere la questione[36]. Neppure i camarlinghi delle gabelle comunali dovevano essere molto solleciti e affidabili nell’erogazione degli assegnamenti, se è vero che gli Operai stipendiavano alcuni impiegati presso i rispettivi uffici con la funzione di controllare e rivedere i conti delle loro ragioni[37]. Ancor più incerta era l’esazione dei diritti sulle grazie fiscali delle comunità del contado e del distretto, che spesso si risolveva in logoranti trattative per raggiungere una composizione fra le parti. Emblematico il caso del Comune di Pistoia: tra il 1401 e il 1415 esso beneficiò di ben ventuno condoni relativi a tasse delle lance e imposte straordinarie non pagate, accumulando in tal modo un debito con l’Opera del Duomo di poco superiore a 2600 fiorini. Tuttavia, soltanto nel 1445 si riuscì a stabilire un accordo per il pagamento, in base al quale il debito, ridimensionato a 2041 fiorini, sarebbe stato pagato in una serie interminabile di rate annuali da 40 fiorini l’una[38]. L’ultimo pagamento avvenne nel 1503[39], ovvero a quasi sessanta anni dalla composizione e ad un secolo dalla concessione della prima grazia da parte del governo.

Nondimeno, queste complicazioni, incoerenze e arretramenti di fronte allo spirito della normativa vigente non possono oscurare il dato più rilevante, cioè l’effettivo e inarrestabile flusso di risorse finanziarie a favore dell’Opera del Duomo, che fece di questa istituzione uno dei punti di forza più affidabili e versatili dell’attivismo edilizio del Comune fiorentino.

La possibilità di sottoporre gli introiti dell'Opera di S. Maria del Fiore ad una sistematica analisi quantitativa è alquanto limitata dalla frammentarietà delle fonti disponibili. Ciò vale soprattutto per l’epoca della costruzione della cattedrale e della cupola, in seguito alle massicce dispersioni, accidentali o deliberate, che nel corso dei secoli hanno interessato l’archivio dell’Opera, privandolo, in particolare, di tutta la documentazione contabile antecedente alla metà del XV secolo[40]. Fortunatamente, disponiamo di altre fonti, prodotte all’esterno dell’ente, grazie alle quali importanti verifiche quantitative sono state condotte anche per epoche anteriori. Il citato documento rinvenuto dalla Finiello Zervas – una revisione dei conti dell’Opera effettuata nel 1359 da otto commissari nominati dal Comune – consente di ricostruire l’ammontare delle entrate e delle uscite per tutto il periodo 1333-1359, cioè l’epoca grosso modo corrispondente alla costruzione del campanile[41]. Ulteriori rilevamenti sono stati effettuati da Margaret Haines sui libri dei provveditori della Camera del Comune, tra il 1384 e i primi decenni del XV secolo. Da essi è possibile apprendere l’ammontare dei diversi assegnamenti comunali riservati all'Opera, provenienti dalla Camera e dalle varie gabelle, e il loro effettivo rapporto con le entrate globali del Comune. I dati mettono in evidenza una maggiore generosità delle casse comunali nelle registrazioni dei primi anni, cioè nella seconda metà degli anni Ottanta, quando questo tipo di entrata superò anche i 13000 fiorini annui. Negli anni Novanta si rileva un calo evidente fino a cifre inferiori a 7000 fiorini. A partire dal 1403, in conseguenza del dimezzamento delle spettanze dell'Opera, il sussidio si attestò al di sotto dei 4000 fiorini[42].

Tuttavia, un quadro completo e dettagliato dei finanziamenti, che permetta di analizzarne in dettaglio le diverse componenti, può essere ricostruito soltanto dopo la conclusione dei grandi lavori intorno alla cattedrale. È dal secondo semestre del 1446, infatti, che possiamo disporre dei libri di entrata e uscita dell’Opera del Duomo[43]. Questi registri o quaderni erano tenuti dal camarlingo dell'Opera, l'ufficiale eletto ogni sei mesi tra gli iscritti all’Arte della lana con il compito di soprintendere a tutti i movimenti della cassa. A fine mandato egli doveva rendere conto del suo operato ai consoli dell’Arte, proprio sulla base di questi registri, che venivano sottoposti all’esame dei revisori. Disponiamo così di una fonte quanto mai attendibile e precisa che, fornendo per ogni semestre l’elenco cronologico delle singole entrate e uscite dell’Opera e il relativo saldo finale, costituisce la base migliore per effettuare analisi di tipo statistico.

Purtroppo, anche questa serie presenta vistose lacune, soprattutto per quanto concerne i primi tre decenni: basti dire che del periodo compreso tra il secondo semestre del 1446 e il primo del 1478, pari a sessantaquattro semestri, ci restano soltanto dodici registri, cioè meno di un quinto[44]. Dalla seconda metà del 1478 possiamo invece notare una netta inversione di tendenza, tanto che da quella data a tutto il 1500 le perdite si riducono a nove quaderni su un totale di 45 camarlingati. La maggiore densità di informazioni di quest’ultimo periodo ci ha quindi indotti a focalizzare l’attenzione su un arco cronologico grosso modo compreso tra la congiura dei Pazzi (1478) e la caduta del regime mediceo (1494). I registri anteriori verranno comunque presi in considerazione come punti di riferimento e di raffronto per la nostra analisi.

A questa scelta ha contribuito l’esistenza di un “Sommario delle entrate e delle spese” dell’Opera relativo allo stesso arco cronologico, 1477-1494[45]. Iniziato sull’onda di una rinnovata esigenza di buona amministrazione finanziaria[46], il libro, che a differenza dei registri di entrata e uscita non era tenuto dal camarlingo ma dal provveditore, ha la funzione di tenere sotto controllo i proventi annuali delle singole fonti di entrata, ognuna delle quali costituisce una delle quindici categorie in cui il registro risulta strutturato. Tuttavia, queste categorie, pur coprendo una porzione sicuramente prossima alla totalità delle entrate, non includono le componenti non classificabili del bilancio, rendendo così impossibile un’analisi complessiva degli introiti. A ciò si aggiunge che si tratta di rilevamenti di seconda mano, benché coevi, aventi per fonte due libri di debitori e creditori, che non ci sono pervenuti[47]. Un ulteriore problema è dato dall’anomalia di una delle categorie descritte, relativa agli incassi per la vendita di legname a Firenze: in essa, infatti, si fa riferimento a due tipi separati di contabilità, uno pertinente alla cassa ed espresso in valori monetari, l’altro quantificato in “traina” (l’unità di misura del legname), che si richiama ad una contabilità di magazzino, che ovviamente risulta disomogenea rispetto alle altre categorie di entrata. Tutte queste considerazioni hanno sconsigliato l’impiego del Sommario per la nostra analisi, se non in alcuni casi specifici in cui i dati in esso contenuti fornissero un utile complemento a quelli già disponibili. D’altra parte, tenendo conto dell’importanza del documento, si è deciso di presentare nell’Appendice I l’edizione della parte relativa alle entrate.

Le cifre che vengono presentate in questa sede non sono reperibili come tali nelle fonti, ma sono il frutto di operazioni di calcolo e di aggregazione, secondo i criteri che abbiamo ritenuto opportuni per illustrare il sistema di finanziamento dell’Opera del Duomo. È perciò necessario premettere qualche osservazione essenziale in merito alla rielaborazione dei dati.

La prima riguarda le unità cronologiche di analisi. Benché la gestione finanziaria dell’Opera del Duomo fosse regolata secondo scansioni semestrali, in virtù della durata in carica del camarlingo, si è preferito presentare i dati all’interno di periodi di durata annuale, dal momento che la distribuzione di determinate scadenze di pagamento, sia in entrata che in uscita, renderebbe fuorviante una suddivisione in semestri. Basti pensare che, a causa di questo scadenzario, i mesi compresi tra gennaio e giugno fanno registrare un ammontare di introiti sistematicamente superiore a quello rilevabile tra luglio e dicembre, e che la stessa tendenza, anche se in modo meno regolare, si riscontra per le uscite. Perciò, tenendo conto della disponibilità dei registri di entrata e uscita, si sono presi in considerazione quei semestri consecutivi, che a coppie costituiscono un’annualità intera (gennaio-dicembre o luglio-giugno), mentre sono stati accantonati i semestri rimasti, per così dire, isolati nell’ambito della serie.

Un intervento correttivo sui dati è stato reso necessario da una prassi contabile connessa al passaggio di consegne tra il camarlingo uscente e il suo successore, con la quale il primo rimetteva al secondo l’avanzo di cassa della sua amministrazione. Nei libri di entrata e uscita questo tipo di operazione si configura non come un semplice riporto da una gestione all’altra, ma come un reale trasferimento di denaro, che perciò dà origine nei conti di ogni semestre – a meno che il bilancio non si chiudesse in pareggio – a una duplice scrittura contabile: in entrata all’inizio del mandato e in uscita alla fine[48]. Pertanto, al fine di calcolare l’effettivo movimento della cassa dell’Opera nei singoli periodi, abbiamo dovuto espungere dal computo generale questa rimessa, attiva o passiva che sia.

Si impongono, infine, alcune considerazioni sui tipi di moneta a cui le fonti fanno riferimento per quantificare i flussi finanziari. I registri contabili dell’Opera rispecchiano il complesso sistema monetario fiorentino del XV secolo: abbiamo così la classica bipartizione tra monete d’oro e monete d’argento, legate da un rapporto di valore in continuo mutamento nel tempo; ma anche ulteriori differenziazioni, germinate sia da leggi di mercato – come l’incessante scostamento tra moneta sonante e moneta di conto (nel caso della monetazione aurea), oppure il diverso valore attribuito a pagamenti effettuati in grossi o in piccioli (nel caso delle monete d’argento) – sia da provvedimenti di politica monetaria, quali l’introduzione del fiorino largo nel 1471 e del quattrino bianco nel 1491[49]. Ovviamente, nell’intento di seguire l’andamento delle finanze dell’Opera del Duomo nel corso del periodo prescelto, è stato necessario eliminare questa varietà e ridurre tutti i valori ad una sola unità di misura. Siamo consapevoli di come una simile operazione non possa mai essere del tutto soddisfacente, soprattutto perché la costante svalutazione della moneta d’argento rispetto a quella d’oro produce risultati divergenti sul medio e lungo periodo, a seconda che le cifre vengano uniformate all’una o all’altra. Tuttavia, è sembrato opportuno assumere come riferimento la lira di piccioli (suddivisa nei suoi sottomultipli: 1 lira = 20 soldi = 240 denari) sia perché è questa la moneta più largamente presente nella contabilità dell’Opera, sia perché erano gli stessi camarlinghi ad adottarla come denominatore comune al momento di calcolare il saldo del semestre. Proprio sulla base dei conti di chiusura dei singoli camarlinghi è stato possibile individuare una serie di parametri per effettuare queste operazioni di conversione, prima fra tutte il cambio di volta in volta utilizzato per il fiorino: un cambio che dal 1483 risulta spesso sdoppiato, dovendosi distinguere tra il valore attribuito al fiorino d’oro in oro, cioè la moneta sonante, e quello, più basso, della moneta di conto, denominata fiorino largo o fiorino largo di grossi[50]. Talvolta il saldo del camarlingo contiene indicazioni riguardo all’aggio riconosciuto ai pagamenti in grossi d’argento rispetto a quelli effettuati in quattrini o piccioli. Tuttavia la sporadicità di queste informazioni e la scarsa rilevanza quantitativa del fenomeno ci hanno indotto ad escludere dai nostri calcoli riassuntivi questa leggera rivalutazione[51]. Di contro, le operazioni registrate in quattrini bianchi, cioè nella moneta d’argento introdotta nel 1491 con un valore nominale maggiorato del 25% rispetto alla vecchia moneta, sono state riportate al livello di quest’ultima per consentire il confronto con gli anni antecedenti.

Dopo questa premessa, possiamo finalmente presentare la nostra elaborazione. I risultati sono riassunti nella Tabella 1, in cui si forniscono i dati sulle entrate e le uscite dell’Opera di S. Maria del Fiore, relativamente a quelle annualità, comprese tra il 1446 e il 1494, che è stato possibile mettere insieme sulla base dei registri superstiti. A causa delle lacune già ricordate, i primi tre decenni risultano documentati soltanto da tre esempi (1446-1447, 1451 e 1468-1469), i quali, tuttavia, rivestono un significato importante come termine di confronto con il periodo 1479-1494, che invece presenta una notevole continuità di dati.

Dall’ammontare complessivo delle entrate sono state estrapolate tre categorie che ci sembrano particolarmente significative: i finanziamenti comunali diretti o “entrate dei camarlinghi”, che raccolgono tutti gli assegnamenti a cui erano obbligati i vari ufficiali preposti alle gabelle comunali o alla Camera del comune; il contributo delle comunità soggette allo Stato fiorentino (comuni del distretto e del contado, pivieri, popoli delle località rurali), elargito in massima parte sotto forma di oneri sulle grazie fiscali ricevute dal governo[52]; gli incassi della vendita del legname, operata sia nelle selve sia a Firenze o altrove, e che costituiva la principale attività commerciale dell’Opera. Tutto il resto viene incluso in una quarta categoria, “altre entrate”, al cui interno si segnalano: i lasciti obbligatori dei testatori, gli oneri versati dai condannati che avevano beneficiato di una grazia, i debiti saldati, il ricavato della vendita al minuto degli avanzi di candele e calcina, gli introiti derivanti dalle indulgenze concesse in Duomo. Per quanto riguarda le uscite, che la Tabella 1 riporta a puro scopo di raffronto con le entrate, ci siamo limitati a distinguere le spese per le maestranze, così come era prassi per gli stessi camarlinghi dell’Opera.

Il Grafico 1, ricavato dalla stessa tabella, consente di visualizzare in modo più immediato l’andamento delle entrate e delle singole categorie. Se facciamo riferimento alla somma complessiva degli introiti, l’elemento saliente è il fortissimo calo che si rileva dalla metà del XV secolo alla fine degli anni Settanta: nel 1479, infatti, gli introiti dell’Opera risultano addirittura dimezzati rispetto al 1446-1447, passando da quasi 30000 lire a circa 15000. In termini di potere d’acquisto, se nel 1446 l’Opera poteva coprire il costo di oltre 37000 giornate lavorative di un maestro e di quasi 48000 di un manovale, ora le entrate corrispondevano ad appena 23000 giornate medie di un salariato. Negli anni seguenti si nota una certa ripresa, attestatasi negli anni Ottanta intorno alle 21000-22000 lire, e poi ulteriormente riattivata nei primi anni Novanta, con una punta di quasi 27000 lire nel 1492-1493, senza tuttavia raggiungere il livello di metà secolo.

 

L’entrata dei camarlinghi

L’analisi delle singole voci di entrata rende chiaro come tale diminuzione sia imputabile, in termini assoluti, alle “entrate dei camarlinghi”, la cui regressione – se confrontiamo il 1446-1447 o il 1451 con il 1479 – si aggira intorno alle 7000-7500 lire, corrispondenti a un buon 40%. Nonostante questo ribasso, già evidente dieci anni prima, è proprio nel 1479 che gli assegnamenti erogati dai camarlinghi delle gabelle raggiungono la massima incidenza rispetto all’entrata totale dell’Opera (83,3%), in conseguenza della contrazione ancor più accentuata fatta registrare da altre fonti di finanziamento. Ciò vale soprattutto per il contributo delle comunità, i cui versamenti precipitano eccezionalmente dalle 5500 lire circa del 1446-1447 a meno di 500 nel 1479. Un po’ diverso il discorso sulla vendita del legname, i cui proventi per  tutto questo trentennio restano su livelli piuttosto contenuti, mentre l’apporto di un’entrata storicamente emblematica per l’Opera, i lasciti testamentari, appare nei fatti relativamente modesto, come lo sarà negli anni successivi[53].

Le cifre del quindicennio 1479-1494 dimostrano come il trend negativo delle “entrate dei camarlinghi” si fosse ormai arrestato, assicurando all’Opera un finanziamento grosso modo costante, fra le 12000 e le 14000 lire annue. Pertanto, nell’arco complessivo della seconda metà del secolo questo tipo di contributo, che durante i decenni del massimo impegno edilizio era stato il vero pilastro finanziario dell’Opera, presenta una parabola caratterizzata da un forte arretramento iniziale, cui fa seguito una sostanziale stabilità. Un simile sviluppo rappresentava solo in parte l’effetto del gettito delle gabelle comunali, e quindi, indirettamente, delle generali condizioni economiche della comunità. Esso era anche dettato da consapevoli scelte di carattere politico e amministrativo, che, pur senza toccare l’ammontare della quota spettante all’Opera (rimasta ferma ai tre denari per lira), avevano mutato la struttura di questa entrata.

La Tabella 2 e il relativo Grafico 2 mostrano l’andamento del contributo erogato dalle singole casse del Comune[54] in riferimento a sei annualità: tre antecedenti al 1479 (le uniche documentabili: 1447-1448, 1451 e 1468-1469) e tre, equidistanti fra loro, appartenenti al periodo successivo (1480, 1487 e 1494[55]). Ciò permette di analizzare la decrescita del finanziamento pubblico durante il terzo quarto del secolo. Due importanti capitoli di entrata, la gabella del sale e la gabella del vino al minuto, presentano un andamento chiaramente negativo: se nel 1446-1447 e al 1451 le due imposte avevano fatto incamerare all’Opera cifre che si aggiravano, rispettivamente, intorno alle 5000 lire e alle 4000 lire, nel 1468-1469 la prima si era ridotta a circa 3300 lire e la seconda a 1800, con una perdita secca di circa un terzo per la gabella del sale e di oltre la metà per quella del vino. Al contrario, la gabella delle porte o di Dogana, che garantiva alla fabbriceria i finanziamenti più elevati, si mantiene su standard relativamente costanti, e lo stesso si può dire – anche se ad un livello decisamente inferiore – per la gabella dei contratti. Nel complesso, comunque, possiamo dar credito agli Operai di S. Maria del Fiore, che nel 1475, in una petizione ai consoli dell’Arte della lana, lamentavano il calo dei finanziamenti, verificatosi in parte “per rispecto delle gabelle che gectono meno assai che non solevano”[56].

Accanto al negativo rendimento di alcune imposte, riconducibile al contesto economico e alle vicende della fiscalità fiorentina, conseguenze importanti sull’andamento dell’entrata dei camarlinghi derivarono da provvedimenti di natura politico-amministrativa, che portarono alla riduzione del numero degli assegnamenti comunali. Ciò riguardò in modo specifico i contributi a carico del camarlingo delle Prestanze e del cassiere della Camera, i quali, dopo avere assicurato nel 1446-1447 e nel 1451 quasi un quarto della complessiva entrata dei camarlinghi[57], successivamente cessarono di corrispondere all’Opera i tre denari per lira a cui, evidentemente, non erano più tenuti[58].

Anche la stabilità che si riscontra nel quindicennio 1479-1494 era conseguenza non tanto di una contenuta fluttuazione delle entrate, quanto di interventi normativi delle autorità politiche, volti a correggere gli effetti che alcune riforme in campo fiscale avrebbero comportato per i finanziamenti dell’Opera di S. Maria del Fiore. Già nel 1452, ad esempio, il camarlingo del vino, in aggiunta ai tre denari per lira delle sue entrate, era stato obbligato a versare all’Opera ogni anno una somma fissa di 300 lire, da pagarsi in tre rate quadrimestrali[59]. Questa risoluzione, che conferiva maggiore continuità ad una delle principali entrate dell’Opera, aveva lo scopo di compensare i danni derivanti alla fabbriceria dall’abolizione di una “imposta di ponti e ponticelli”, che essendo incamerata dalla gabella del vino, alimentava gli assegnamenti a carico di quest’ultima.

Di ben altra portata e significato fu una provvisione emanata dal Comune nel novembre del 1477 (v. la nostra edizione in Appendice II), con la quale il sistema di finanziamento, instaurato nel 1331, fu parzialmente rivoluzionato: la gabella delle porte e la gabella del sale, che insieme coprivano circa due terzi dell’entrata dei camarlinghi, non avrebbero più corrisposto all’Opera una quota proporzionale dei loro introiti, ma un assegno annuale fisso, che, sulla base dell’ammontare dei versamenti precedenti, fu stabilito in 6400 lire per la Dogana e in 3800 per il Sale[60]. Il provvedimento si era reso urgente dopo la grande riforma del Monte Comune approvata dal Consiglio del Cento nel giugno dello stesso anno[61]. A creare lo scompiglio nel meccanismo che regolava i finanziamenti spettanti all’Opera era una norma relativa alla registrazione delle esazioni doganali, che i riformatori avevano introdotto per razionalizzare la contabilità: dal momento che il denaro raccolto nelle casse delle porte veniva di fatto incamerato dagli ufficiali del Monte, fu stabilito che non si dovesse più registrarlo in modo fittizio nei libri del camarlingo di Dogana (prima in entrata e poi in uscita a favore del Monte), ma che si ponesse immediatamente ad entrata del reale destinatario[62]. Questa regola – apparentemente un semplice aggiustamento tecnico, estraneo all’Opera del Duomo – creava invece dirette conseguenze sull’applicazione della legge che garantiva i finanziamenti, in quanto abbassava drasticamente le entrate teoriche della Dogana, sulla cui base veniva calcolata la quota di tre denari per lira[63].

La provvisione di novembre, tuttavia, non mirava soltanto a risolvere questo grave inconveniente, giacché estendeva anche alla gabella del sale la soluzione resasi necessaria per la Dogana. Una frase sibillina contenuta nel testo della legge potrebbe spiegare i motivi di questa decisione: in essa si afferma come, oltre a voler sopperire nel migliore dei modi alle necessità del culto divino e dell’abbellimento della cattedrale, l’iniziativa era stata presa “acioché avendo uno tanto per lira come infino a qui non abbino a veder conto dell’entrate della Dogana e del Sale”[64]. Queste parole potrebbero semplicemente esprimere l’intenzione da parte del legislatore di favorire gli ufficiali dell’Opera, sgravandoli dall’incombenza di effettuare controlli e revisioni sulle loro spettanze[65]. Ciò tuttavia, nel contesto di un processo di accentramento dell’apparato finanziario dello Stato nelle mani dell’ufficio del Monte, appare suscettibile di un’altra interpretazione, cioè che l’esistenza di questi diritti sulle finanze comunali, dando adito a forme invasive di vigilanza da parte dei loro titolari, fosse guardata come una possibile chiave d’accesso per ingerenze esterne nella gestione del denaro pubblico: tanto più sgradite in quanto esercitate da un’organizzazione come l’Arte della lana che, pur avendo ormai perduto ogni autonomia politica nei confronti del potere laurenziano, raccoglieva fra i suoi membri un gran numero di uomini influenti del ceto dirigente fiorentino.

I cinque mesi intercorsi tra la riforma di giugno e l’azione legislativa di novembre furono uno dei periodi più incerti per il futuro della fabbriceria. È proprio in questo contesto che si profilò nella “comune oppinione di buona parte de’ cittadini” quella profonda sfiducia cui si è accennato in apertura. Erano gli stessi consoli dell’Arte della lana ad ammettere come attorno alla gestione dell’Opera del Duomo si fosse creato in città un clima sfavorevole: la loro proposta di deliberazione, presentata in dicembre davanti al consiglio della corporazione[66], ricordava come con il recente riassetto del Monte la fabbriceria avesse rischiato di perdere gran parte dei fondi necessari per il servizio religioso in chiesa e per la cura dell’edificio, e come tale minaccia, fortunatamente sventata grazie alla provvisione del mese precedente, fosse nata dalla diffusa impopolarità di cui era oggetto la conduzione di quella gloriosa istituzione. Le accuse di cattiva amministrazione, di sprechi e di negligenze nella contabilità venivano respinte dai lanaioli; tuttavia i consoli, sensibili alla pressione dell’opinione pubblica, invitavano gli Operai a rimettere ordine nella gestione dell’ente[67] e ponevano severi limiti sull’effettuazione delle spese straordinarie, subordinandole all’approvazione dei consoli e dei provveditori dell’Arte.

Tutto ciò testimonia del forte controllo sociale che i cittadini-contribuenti erano in grado di esercitare nei confronti di un bene chiaramente percepito come pubblico. Vi è, tuttavia, un’ulteriore chiave di lettura per questa vicenda. In quello stesso 1477 Lorenzo de’ Medici si era iscritto all’Arte della lana, dove aveva immediatamente assunto un ruolo di primo piano attraverso la sua elezione tra i sei provveditori dell’Arte, un incarico che avrebbe conservato a lungo. Da questa posizione di forza egli si occupò della cattedrale fiorentina in maniera molto più attiva ed incisiva che in passato[68]. La sua impronta sulla deliberazione approvata in dicembre dall’assemblea della corporazione appare piuttosto evidente. Quello stesso atto conteneva, infatti, una riforma del sistema per eleggere gli Operai di S. Maria del Fiore, con la quale, affidando ai provveditori un notevole potere discrezionale sulla selezione dei candidati, si agevolava largamente l’immissione in carica di uomini graditi al Magnifico[69]. Con una manovra tipicamente laurenziana, si coglieva l’occasione della cattiva fama creatasi intorno all’Opera del Duomo per consegnare al regime mediceo il controllo su un’istituzione geneticamente comunale e repubblicana, senza tuttavia stravolgerne l’antico impianto amministrativo, incardinato nella struttura dell’Arte della lana.

 

Le altre fonti di entrata

Dai bilanci dell’Opera di S. Maria del Fiore del 1479-1494 appare evidente come a fronte di una sostanziale stabilità del finanziamento comunale diretto altri cespiti facessero registrare cospicui progressi, tanto da riportare nei primi anni Novanta la somma delle entrate a livelli assai più vicini a quelli di metà secolo, quando le gabelle comunali assicuravano un gettito decisamente superiore. Ciò vale soprattutto per la vendita del legname, alimentata dalle foreste del Casentino e della Romagna, che dalla prima metà degli anni Ottanta, sia pure con molti alti e bassi, arrivò a coprire quote comprese tra un quarto e un quinto – e in un caso perfino un terzo – dell’entrata globale. Le ragioni di questa impennata restano da approfondire, tuttavia è ipotizzabile che la rallentata attività del cantiere della cattedrale e delle altre fabbriche gestite dall’Opera avesse liberato al mercato una maggiore quantità di materia prima, innescando un processo di commercializzazione del prodotto. Per l’Opera del Duomo ciò rappresentò l’inizio di un vero e proprio mutamento strutturale, che nel secolo successivo avrebbe trasformato questa istituzione in una delle maggiori imprese del Granducato per la fornitura di legname, attivamente coinvolta in grandi opere pubbliche come l’arsenale di Pisa e il porto di Livorno[70].

Tra le fonti di entrata che contribuirono al generale aumento di questo periodo ve ne sono alcune che in passato erano state del tutto trascurabili: è questo il caso degli incassi derivanti dalla vendita al minuto delle candele sopravanzate alle necessità liturgiche. Nel 1487 l’Opera ne ricavò un profitto di oltre 1000 lire, pari a quasi il 5% delle entrate complessive, e nel 1494 fu raggiunta la quota di 1300 lire, con un’incidenza sul totale del 5,6%[71]. Oltre al legname e alle candele, l’Opera del Duomo vendeva marmo, calcina, mattoni e materiali lapidei, con ricavi che si aggiravano intorno alle 500 lire annue[72]. Un apporto finanziario importante continuava a provenire dagli oneri sulle grazie fiscali imposti alle comunità. Tuttavia le difficoltà di riscossione ne limitarono decisamente la consistenza, riducendo il loro prodotto annuale a somme comprese fra le 750 e le 1700 lire, che equivalevano a una percentuale del totale oscillante tra il 3% e l’8%. Sono cifre ben inferiori a quelle degli anni centrali del secolo, e infatti nel 1475 gli Operai, nel denunciare all’Arte della lana una preoccupante diminuzione delle entrate, additavano come causa principale proprio l’insolvenza dei debitori graziati, i quali, invece di versare i sei denari per lira della somma condonata, “oggi pagono una pichola chosa o non nulla”[73]. Le stesse difficoltà si ripresentavano all’Opera allorché si trattava di riscuotere oneri o legati testamentari da persone private.

Anche in passato per fare rispettare i propri diritti l’Opera del Duomo aveva dovuto produrre uno sforzo incessante, non sempre coronato dal successo. Ed è pur vero che la scarsa solvibilità dei debitori era un problema generale, che colpiva tutte le istituzioni del tempo, a cominciare dal Comune. Tuttavia, nel tardo ‘400 l’Opera si trovò anche a dover difendere davanti all’opinione pubblica l’opportunità di mantenere un regime finanziario che, dopo il raggiungimento dello scopo prioritario per cui era stato istituito, poteva apparire superfluo e inutilmente gravoso per la cittadinanza. I documenti lasciano trapelare un crescente malanimo verso gli Operai, i quali – come si legge in una deliberazione dell’Arte della lana – a differenza dei loro antichi predecessori “percipiunt et capiunt … salarium et nichil faciunt vel parum”[74]. Le malversazioni amministrative e gli sprechi sembravano offuscare i meriti storici di questa istituzione, sospettata di essere ormai diventata una riserva privilegiata per i lanaioli a spese dei cittadini.

Certamente i Fiorentini ebbero sempre la chiara consapevolezza di essere gli autentici titolari dell’Opera del Duomo, proprio perché se ne accollarono il sostegno finanziario attraverso il pagamento in vari modi di una virtuale “gabella di Santa Maria del Fiore”. Tuttavia, l’analisi delle finanze dell’Opera nel periodo laurenziano ha fatto emergere i segnali di un’evoluzione destinata a cambiare radicalmente i termini di questo legame. Il progressivo spostamento della base finanziaria dal collegamento organico con le gabelle comunali ai profitti derivanti dalle grandi commesse di legname alimentate dallo Stato sembra infatti preludere alla trasformazione di questa tipica istituzione repubblicana in un ente fortemente assimilato, nel corpo e nell’anima, al principato cinquecentesco.


Appendice I

 

Il sommario delle entrate

Presentiamo in questa appendice l’edizione parziale del registro AOSMF, VII.1.5, intitolato “Sonmario dell’entrate et delle spese della fabricha et Opera di Sancta Maria del Fiore della ciptà di Firenze” (1477-1494), compilato dal provveditore Piero di ser Lorenzo Paoli. Il libro è suddiviso in quattro sezioni. In questa sede viene pubblicata la prima di esse, relativa alle entrate annuali dell’Opera, ordinate per categorie (cc. 1-15). Le altre sezioni concernono le uscite (cc. 25-29), gli obblighi (cc. 150-156) e i beni mobili e immobili (cc. 170-177).

† Mcccc°lxxvi

Doana.

Entrata della doana e delle ghabelle delle porte e delle merchatantie per d. 3 per £. di ciò che el suo kamarlingo mette a entrata da dì primo di giennaio 1476 a ttutto dì xxxi di dicienbre 1477, come appare a libro giallo P dell’Opera, c. 50:

f. 340

£. 3402

s. 12

d. 4

E pper l’anno seguente si mutò l’ordine che ssi levò e’ d. 3 per £. e ddieronci per leggie ogn’anno fermamente chome si vedrà £. semila cccc° per l’anno chominciato addì primo di giennaio 1477 e ffinito chome segue a llibro giallo dell’Opera, c. 60:

f. –

£. 6400

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1479 al detto libro giallo dell’Opera, c. 70:

f. –

£. 6400

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1480 al detto libro giallo dell’Opera, c. 76:

f. –

£. 6400

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1481 al detto libro giallo dell’Opera, c. 110:

f. –

£. 6400

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1482 al detto libro giallo dell’Opera, c. 135:

f. –

£. 6400

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1483 al detto libro dell’Opera, c. 159:

f. –

£. 6400

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1484 al detto libro dell’Opera, c. 174:

f. –

£. 6400

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1485 al detto libro giallo dell’Opera, c. 185:

f. –

£. 6400

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1486 al detto libro giallo dell’Opera, c. 190:

f. –

£. 6400

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1487 a  un altro libro biancho segnato Q, c. 40:

f. –

£. 6400

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1488 al detto libro biancho dell’Opera, c. 60:

f. –

£. 6400

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1489 al detto libro biancho dell’Opera, c. 66:

f. –

£. 6400

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1490 al detto libro biancho dell’Opera, c. 71:

f. –

£. 6400

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1491 al detto libro biancho dell’Opera, c. 99:

f. –

£. 6400

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1492 al detto libro biancho dell’Opera, c. 110:

f. –

£. 6400

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1493 al detto libro biancho, c. 119:

f. –

£. 6400

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1494 al detto libro biancho dell’Opera, c. 149:

f. –

£. 6400

s. –

† Mcccc°lxxvi

Sale.

Entrata della ghabella del sale della città di Firenze per d. 3 per £. di ciò che e’ suoi kamarlinghi mettono a entrata da ddì primo di giennaio 1476 a ttutto dì xxxi di dicienbre 1477 chome appare a llibro giallo dell’Opera segnato P, c. 50:

f. –

£. 3811

s. 12

d.10

Et per l’anno seguente si mutò l’ordine che llevorono e’ d. 3 per £. e dieronci d’entrata ferma ogn’anno £. tremila ottociento, appare a libro giallo dell’Opera, c. 60:

f. –

£. 3800

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1479 chome appare al detto libro giallo, c. 70:

f. –

£. 3800

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1480 chome appare al detto libro giallo, c. 76:

f. –

£. 3800

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1481 appare al detto libro giallo dell’Opera, c. 110:

f. –

£. 3800

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1482 appare al detto libro giallo dell’Opera, c. 135:

f. –

£. 3800

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1483 appare al detto libro giallo, c. 159:

f. –

£. 3800

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1484 appare al detto libro giallo dell’Opera, c. 174:

f. –

£. 3800

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1485 appare al detto libro giallo dell’Opera, c. 185:

f. –

£. 3800

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1486 al detto libro giallo dell’Opera, c. 190:

f. –

£. 3800

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1487 a un altro libro biancho dell’Opera, c. 40:

f. –

£. 3800

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1488 al detto libro biancho dell’Opera, c. 60:

f. –

f.[75] 3800

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1489 al detto libro biancho dell’Opera, c. 66:

f. –

£. 3800

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1490 al detto libro biancho dell’Opera, c. 71:

f. –

£. 3800

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1491 al detto libro biancho dell’Opera, c. 99:

f. –

£. 3800

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1492 al detto libro biancho dell’Opera, c. 110:

f. –

£. 3800

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1493 al detto libro biancho dell’Opera, c. 119:

f. –

£. 3800

s. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1494 al detto libro biancho dell’Opera, c. 149:

f. –

£. 3800

s. –

† Mcccc°lxxvi

Vino.

Entrata della ghabella del vino et maciello della città di Firenze per d. 3 per £. di ciò cche e’ suo’ kamarlinghi mettono a entrata da ddì primo di giennaio 1476 ogn’anno a ttutto dì xxxi di dicienbre 1477 chome appare a llibro giallo dell’Opera segnato P in quello, c. 50:

f. –

£. 1840

s. 6

d. 7

E per l’anno seguente finito addì xxxi di dicienbre 1478 appare al detto libro giallo P, a c. 60:

f. –

1671

10

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1479 chome appare al detto libro giallo, c. 70:

f. –

1297

7

11

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1480 chome appare al detto libro giallo, c. 76:

f. –

1476

12

2

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1481 chome appare al detto libro giallo, c. 110:

f. –

1720

8

2

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1482 chome appare al detto libro giallo, c. 135:

f. –

1604

8

3

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1483 chome appare al detto libro giallo, c. 159:

f. –

1722

18

10

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1484 chome appare al detto libro giallo, c. 174:

f. –

1513

10

5

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1485 chome appare al detto libro giallo, c. 185:

f. –

1992

9

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1486 chome appare al detto libro giallo, c. 190:

f. –

1438

4

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1487 appare a llibro biancho dell’Opera segnato Q, c. 40:

f. –

1719

1

1

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1488 appare al detto libro biancho Q dell’Opera, c. 60:

f. –

1491

16

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1489 appare al detto libro biancho Q dell’Opera, c. 66:

f. –

1756

12

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1490 appare al detto libro biancho Q, c. 71:

f. –

2102

9

7

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1491 appare al detto libro biancho segnato Q, c. 99:

f. –

1244

16

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1492 appare al detto libro biancho segnato Q, c. 110:

f. –

1401

13

6

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1493 appare al detto libro biancho, c. 119:

f. –

1418

13

11

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1494 appare al detto libro biancho dell’Opera, c. 149:

f. –

1436

12

5

† Mcccc°lxxvi

Chontratti.

Entrata della ghabella de’ chontratti della città di Firenze per d. 3 per £. di ciò cche mettono a entrata e’ suo’ kamarlinghi anno per anno da ddì primo di giennaio 1476 a ttutto dì xxxi di dicienbre 1477, chome appare a llibro giallo P, c. 50:

f. 196

£. 426

s. 4

E per l’anno seguente finito addì xxxi di dicienbre 1478 chome appare al detto libro, c. 60:

f. 143

401

17

2

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1479 chome appare al detto libro giallo, c. 70:

f. 68

309

2

7

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1480 chome appare al detto libro giallo P, c. 76:

f. 78

670

6

7

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1481 chome appare al detto libro P, c. 110:

f. –

1437

3

1

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1482 chome appare al detto libro P, c. 135:

f. –

1193

15

3

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1483 chome appare al detto libro, c. 159:

f. 100

758

12

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1484 appare al detto libro dell’Opera, c. 174:

f. 134

383

2

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1485 appare al detto libro giallo, c. 185:

f. 138

377

19

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1486 appare al detto libro giallo, c. 190:

f. 142

412

17

11

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1487 a un altro libro biancho Q dell’Opera, c. 40:

f. 72

751

7

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1488 al detto libro biancho Q dell’Opera, c. 60:

f. 94

405

11

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1489 al detto libro biancho Q, c. 66:

f. 116

307

5

2

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1490 al detto libro biancho Q, c. 71:

f. 22

872

12

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1491 appare al detto libro biancho Q, c. 99:

f. 103

538

2

9

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1492 appare al detto libro biancho Q, c. 110:

f. 132

438

5

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1493 appare al detto libro biancho Q, c. 119:

f. 117

555

18

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1494 appare al detto libro biancho Q, c. 149:

f. –

1159

9

† Mcccc°lxxvi

Torre.

Entrata della ghabella della torre di d. 3 per £. di ciò cche mettono a entrata anno per anno e’ suoi kamarlinghi da ddì primo di giennaio 1476 a ttutto dì xxxi di dicienbre 1477 chome appare a llibro giallo dell’Opera P, c. 50:

f. 29

£. 305

s. 7

d. –

E per l’anno seguente finito addì xxxi di dicienbre 1478 a llibro giallo detto, c. 60:

f. 37

293

6

10

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1479 chome si vede al detto libro, c. 70:

f. 7

164

16

1

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1480 a llibro giallo detto P, c. 76:

f. 8

412

7

11

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1481 al detto libro giallo P, c. 110:

f. 5

386

19

9

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1482 al detto libro giallo, c. 135:

f. 10

287

10

10

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1483 al detto libro giallo, c. 159:

f. 14

383

7

5

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1484 al detto libro giallo, c. 179:

f. 7

295

11

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1485 al detto libro giallo P, c. 185:

f. 16

386

4

7

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1486 al detto libro giallo P, c. 190:

f. 11

390

16

11

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1487 a un altro libro biancho segnato Q, c. 40:

f. 13

426

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1488 al detto libro biancho segnato Q, c. 60:

f. 12

408

16

1

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1489 al detto libro biancho segnato Q, c. 66:

f. 11

413

18

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1490 al detto libro biancho segnato Q, c. 71:

f. 11

337

1

7

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1491 al detto libro biancho Q, c. 99:

f. 9

328

11

1

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1492 al detto libro biancho Q, c. 110:

f. 15

545

19

11

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1493 al detto libro biancho Q, c. 119:

f. 10

200

12

6

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1494 al detto libro biancho Q, c. 149:

f. 13

281

12

10

† Mcccc°lxxvi

Kamarlinghi del Monte.

Entrata de’ chamarlinghi del Monte della città di Firenze per d. iiii° per £. di quello che ppaghano e’ giudei delle tasse de’ banchi overo presti che ffanno in Firenze o ssuo contado o distretto ogn’anno da dì primo di giennaio 1476 a tutto dicienbre ’77, c. 50:

f. –

£. 92

s. 6

d. 8

E per l’anno seguente finito addì xxxi di dicienbre 1478 appare a libro dell’Opera giallo, c. 60:

f. –

£. 92

7

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1479 chome appare a llibro giallo segnato P, c. 70:

f. –

£. 94

17

6

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1480 chome appare al detto libro giallo, c. 76:

f. –

£. 108

19

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1481 chome appare al detto libro giallo, c. 110:

f. –

£. 92

3

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1482 chom’appare al detto libro giallo, c. 135:

f. –

£. 83

6

8

E per l’anno finito adì xxxi di dicienbre 1483 chom’appare al detto libro giallo, c. 159:

f. –

£. 50

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1484 appare al detto libro giallo P, c. 179:

f. –

£. 51

16

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1485 appare al detto libro giallo P, c. 185:

f. –

£. 49

12

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1486 appare al detto libro giallo P, c. 190:

f. –

£. 42

3

E per l’anno finito adì xxxi di dicienbre 1487 appare a l’alttro libro biancho segnato Q, c. 40:

f. –

£. 39

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1488 al detto libro biancho segnato Q, c. 60:

f. –

£. 75

6

9

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1489 al detto libro biancho segnato Q, c. 66:

f. –

£. 70

3

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1490 al detto libro biancho segnato Q, c. 71:

f. –

£. 44

3

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1491 al detto libro biancho segnato Q, c. 99:

f. –

£. 48

13

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1492 al detto libro biancho segnato Q, c. 110:

f. –

£. 39

11

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1493 al detto libro biancho segnato Q, c. 119:

f. –

£. 71

7

2

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1494 al detto libro biancho segnato Q, c. 149:

f. –

£. 85

14

2

† Mcccc°lxxvi

Pisa.

Entrata della città di Pisa o ssuoi kamarlinghi per d. 4 delle tasse de’ giudei o di chi conpera ghabelle d’alchuna ragione anno per anno da dì primo di giennaio 1476 a ttutto dicienbre 1477 per quello ànno rimesso appare a llibro giallo dell’Opera P, c. 50:

f. –

£. 163

s. 16

d. 7

E per l’anno seguente finito addì xxxi di dicienbre 1478 al detto libro giallo dell’Opera, c. 60:

f. –

133

4

E per l’anno seguente finito addì xxxi di dicienbre 1479 al detto libro giallo dell’Opera P, c. 70:

f. –

59

1

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1480 chome appare al detto libro segnato P, c. 76:

f. –

154

1

8

E per l’anno finito adì xxxi di dicienbre 1481 chome appare al detto libro giallo, c. 110:

f. –

117

7

1

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1482 al detto libro giallo dell’Opera segnato P, c. 135:

f. –

154

7

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1483 al detto libro giallo dell’Opera P, c. 159:

f. –

124

9

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1484 al detto libro giallo dell’Opera P, c. 174:

f. –

143

19

7

E per l’anno finito adì xxxi di dicienbre 1485 al detto libro giallo P dell’Opera, c. 185:

f. –

164

4

1

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1486 al detto libro giallo segnato P, c. 190:

f. –

167

15

4

E per l’anno finito adì xxxi di dicienbre 1487 a un altro libro biancho segnato Q, c. 40:

f. –

170

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1488 al detto libro biancho segnato Q, c. 60:

f. –

179

18

10


E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1489 al detto libro biancho Q, c. 66:

f. –

159

8

9

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1490 al detto libro biancho Q, c. 71:

f. –

132

3

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1491 al detto libro biancho segnato Q, c. 99:

f. –

138

16

9

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1492 al detto libro biancho segnato Q, c. 110:

f. –

137

2

9

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1493 al detto libro biancho segnato Q, c. 119:

f. –

141

2

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1494 al detto libro biancho segnato Q, c. 149:

f. –

7

14

8

† Mcccc°lxxvi

Areçço.

Entrata della città d’Arezzo e ssuo’ kamarlinghi per d. 4 delle tasse o chonpere di ghabelle e altro ogn’anno da ddì primo di giennaio 1476 a ttutto dicienbre 1477 chome appare a llibro giallo dell’Opera segnato P, c. 50:

£. 25

s. 16

d. 8

E per l’anno seguente finito adì xxxi di dicienbre 1478 al detto libro giallo, c. 60:

f. –

£. 23

12

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1479 al detto libro giallo P, c. 70:

f. –

16

6

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1480 al detto libro giallo P, c. 76:

f. –

28

4

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1481 al detto libro giallo P, c. 110:

f. –

30

5

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1482 al detto libro giallo P, c. 135:

f. –

28

12

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1483 al detto libro giallo P, c. 159:

f. –

31

11

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1484 al detto libro giallo P, c. 174:

f. –

32

10

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1485 al detto libro giallo P, c. 185:

f. –

31

17

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1486 al detto libro giallo P, c. 190:

f. –

60

18

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1487 a un altro libro biancho Q, c. 40:

f. –

23

12

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1488 al detto libro biancho segnato Q, c. 60:

f. –

60

6

11

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1489 al detto libro biancho segnato Q, c. 66:

f. –

53

5

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1490 al detto libro biancho segnato Q, c. 71:

f. –

71

14

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1491 al detto libro biancho segnato Q, c. 99:

f. –

23

7

3

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1492 al detto libro biancho segnato Q, c. 110:

f. –

59

4

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1493 al detto libro biancho segnato Q, c. 119:

f. –

81

2

2

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1494 al detto libro biancho segnato Q, c. 149:

f. –

78

11

10

† Mcccc°lxxvi

Chomuni.

Entrata di chomuni, popoli et pivieri e altri per d. 6 per £. delle grazie ricievute et chondannati per danni dati e altri paghamenti assegnati all’Opera, rischossi ogn’anno da dì primo di giennaio 1476 a ttutto dicienbre 1477, e per quello s’è rrischosso detto anno chome appare a libro giallo P, c. 50:

f. –

740

19

11

E per l’anno seguente finito adì xxxi di dicienbre 1478 al detto libro giallo P, c. 60:

f. 138

1220

15

10

E per l’anno finito di dicienbre 1479 chome appare al detto libro giallo P, c. 70:

f. 67

715

3

2

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1480 appare al detto libro giallo dell’Opera, c. 76:

f. 115

1143

14

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1481 appare al detto libro giallo P, c. 110:

f. 112

1331

9

10

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1482 appare al detto libro giallo P, c. 135:

f. 124

1470

14

10

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1483 appare al detto libro giallo P, c. 159:

f. 87

2433

1

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1484 al detto libro giallo dell’Opera P, c. 174:

f. 92

1042

19

8

E per l’anno finito adì xxxi di dicienbre 1485 al detto libro giallo segnato P, c. 185:

f. 96

1275

2

6

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1486 al detto libro giallo segnato P, c. 190:

f. 68

1127

15

2

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1487 a un altro libro biancho segnato Q, c. 40:

f. 72

1747

15

3

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1488 al detto libro biancho segnato Q, c. 60:

f. 48

1747

15

3

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1489 al detto libro biancho dell’Opera Q, c. 66:

f. 60

2007

7

5

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1490 al detto libro biancho dell’Opera Q, c. 71:

f. 76

3579

18

11

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1491 al detto libro biancho dell’Opera, c. 99:

f. 51

1517

1

2

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1492 al detto libro biancho segnato Q, c. 110:

f. 10

1044

10

2

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1493 al detto libro biancho segnato Q, c. 119:

f. 163

565

7

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1494 al detto libro biancho segnato Q, c. 149:

f. 123

846

10

10

† Mcccc°lxxvi

Testamenti.

Entrata di testamenti, chodicilli et ultima volontà della città, contado et distretto per quello si rischuote anno per anno chominciato addì primo di giennaio 1476 e ffinito addì xxxi di dicienbre 1477 chome appare a libro giallo dell’Opera P, c. 50:

f. –

£. 104

s. 1

d. 10

E per l’anno seguente finito addì xxxi di dicienbre 1478 al detto libro giallo segnato P, c. 60:

f. –

346

16

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1479 appare al detto libro giallo P, c. 70:

f. –

371

14

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1480 appare al detto libro giallo P, c. 76:

f. –

519

8

6

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1481 al detto libro giallo dell’Opera P, c. 110:

f. –

1080

4

2

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1482 al detto libro dell’Opera segnato P, c. 135:

f. –

238

1

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1483 al detto libro giallo segnato P, c. 159:

f. 2

200

2

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1484 al detto libro giallo segnato P, c. 174:

f. –

189

5

10

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1485 al detto libro giallo dell’Opera, c. 185:

f. –

224

13

6

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1486 al detto libro giallo segnato P, c. 190:

f. –

275

9

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1487 a un altro libro biancho dell’Opera Q, c. 40:

f. 16

791

10

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1488 al detto libro biancho segnato Q, c. 60:

f. –

446

13

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1489 al detto libro biancho segnato Q, c. 66:

f. –

1078

7

10

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1490 al detto libro biancho dell’Opera, c. 71:

f. –

1476

19

6

E per l’anno finito adì xxxi di dicienbre 1491 al detto libro biancho segnato Q, c. 99:

f. –

1816

13

1

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1492 al detto libro biancho dell’Opera Q, c. 110:

f. –

929

7

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1493 al detto libro biancho segnato Q, c. 119:

f. 1

731

11

5

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1493[76] al detto libro biancho segnato Q, c. 149:

f. –

545

5

9

† Mcccc°lxxvi

Perdoni.

Entrata di limosine di 4 perdoni di Duomo, cioè di giennaio, febraio, marzo et aprile ogn’anno per quello s’è auto in detti perdoni et messo a entrata da ddì primo di giennaio 1476 a ttutto dicienbre 1477 appare a llibro giallo dell’Opera P, c. 50:

f. –

£. 124

s. 9

E per l’anno seguente finito addì xxxi di dicienbre 1478 al detto libro giallo dell’Opera P, c. 60:

f. –

821

3

4[77]

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1479 al detto libro giallo dell’Opera segnato P, c. 70:

f. –

158

18

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1480 al detto libro giallo dell’Opera segnato P, c. 76:

f. –

145

13

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1481 al detto libro giallo dell’Opera segnato P, c. 110:

f. –

105

6

E per l’anno finito adì 31 di dicienbre 1482 eccietto el giubbileo che va ad altro assegnamento, c. 135:

f. –

123

12

E per l’ann [sic] finito adì 31 di dicienbre 1483 di detti perdoni ordinarii al detto libro giallo, c. 159

f. –

133

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1484 appare al detto libro giallo segnato P, c. 174:

f. –

100

14

E per l’anno finito adì xxxi di dicienbre 1485 chome si vede al detto libro giallo P, c. 185:

f. –

74

11

8

E per l’anno finito adì xxxi di dicienbre 1486 al detto libro giallo dell’Opera segnato P, c. 190:

f. –

100

5

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1487 al detto libro biancho[78] dell’Opera segnato Q, c. 40:

f. –

67

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1488 al detto libro biancho dell’Opera Q, c. 60:

f. –

124

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1489 al detto libro biancho sengnato Q, c. 66:

f. –

66

6

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1490 al detto libro biancho segnato Q, c. 71:

f. –

78

18

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1491 al detto libro biancho dell’Opera Q, c. 99:

f. –

92

13

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1492 al detto libro biancho dell’Opera Q, c. 110:

f. –

162

7

3

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1493 al detto libro biancho segnato Q, c. 119:

f. –

132

15

6

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1494 al detto libro biancho segnato Q, c. 149:

f. –

7

12

2

† Mcccc°lxxvi

Selve.

Entrata del legname che ssi vende nelle selve dell’Opera per quello che ss’è venduto anno per anno chominciato addì primo di giennaio 1476 e ffinito addì xxxi di dicienbre 1477 chome appare a llibro giallo dell’Opera segnato P, c. 50:

f. –

£. 1827

s. 6

d. –

E per l’anno seguente finito addì xxxi di dicienbre 1478 al detto libro giallo P, c. 60:

f. –

1472

15

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1479 chom’appare al detto libro giallo, c. 70:

f. –

220

18

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1480 chom’appare al detto libro giallo, c. 76:

f. –

478

3

6

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1481 chom’appare al detto libro giallo, c. 110:

f. –

934

9

2

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1482 appare al detto libro giallo P, c. 135:

f. –

976

8

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1483 appare al detto libro giallo segnato P, c. 159:

f. –

857

12

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1484 al detto libro giallo dell’Opera, c. 174:

f. –

1294

2

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1485 al detto libro giallo dell’Opera, c. 185:

f. –

1138

1

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1486 al detto libro giallo segnato P, c. 190:

f. –

654

15

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1487 a un altro libro biancho segnato Q, c. 40:

f. –

956

18

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1488 a un altro detto libro biancho Q, c. 60:

f. –

843

16

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1489 a un altro detto libro biancho Q, c. 66:

f. –

1534

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1490 al detto libro biancho dell’Opera Q, c. 71:

f. –

2295

4

8

E per l’anno finito adì xxxi di dicienbre 1491 al detto libro biancho dell’Opera Q, c. 99:

f. –

2122

9

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1492 al detto libro biancho segnato Q, c. 110:

f. –

3656

7

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1493 al detto libro biancho segnato Q, c. 119:

f. –

1312

5

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1494 al detto libro biancho segnato Q, c. 149:

f. –

1206

7

11

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1495 al detto libro biancho segnato Q.

† Mcccc°lxxvi

In Firençe.

Entrata del legname venduto in Firenze anno per anno più che chonperato chominciato addì primo di giennaio 1476 e ffinito addì xxxi di dicienbre 1477 chome appare a llibro giallo dell’Opera segnato P tenuto pel proveditore, c. 50:

traina 1807

£. 1886

s. 15

d. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1478 chom’appare a llibro giallo P, c. 60:

traina 591

£. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1479 appare al detto libro giallo P, c. 70:

traina 438

£. 447

9

6

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1480 al detto libro giallo segnato P, c. 76:

traina 255

£. 668

4

10

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1481 al detto libro giallo segnato P, c. 110:

traina 785

£. 2640

3

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1482 al detto libro giallo segnato P, c. 135:

traina 598

£. 766

7

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1483 al detto libro giallo segnato P, c. 159:

traina 574

£. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1484 al detto libro giallo segnato P, c. 174:

traina 532

£. 1639

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1485 al detto libro giallo segnato P, c. 185:

traina 530

£. 770

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1486 al detto libro giallo segnato P, c. 190:

traina 735

£. 4468

13

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1487 a llibro nuovo biancho segnato Q, c. 40:

traina 490

£. 267

1

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1488 a llibro biancho detto segnato Q, c. 60:

traina 503

£. 1327

1

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1489 al detto libro biancho segnato Q, c. 66:

traina 560

£. 891

12

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1490 al detto libro biancho segnato Q, c. 71:

traina 621

£. 1103

3

2

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1491 al detto libro biancho segnato Q, c. 91:

traina 661

£. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1492 al detto libro biancho segnato Q, c. 110:

traina 1087

£. 787

16

10

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1493 al detto libro biancho segnato Q, c. 119:

traina 1098

£. –

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1494 al detto libro biancho segnato Q, c. 149:

traina 764

£. 8763

16

4

† Mcccc°lxxvi

Chalcina venduta.

Entrata di chalcina venduto a nminuto [sic] per chomodità de’ cittadini della quale si pigla anno per anno chominciando addì primo di giennaio 1476 e ffinito addì xxxi di dicienbre 1477 chome appare a libro giallo dell’Opera P, c. 50:

f. –

£. 217

s. 16

d. 2

E per l’anno seguente finito adì 31 di dicienbre 1478 appare al detto libro giallo P, c. 60:

f. –

241

15

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1479 appare al detto libro giallo P, c. 70:

f. –

171

13

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1480 al detto libro giallo dell’Opera segnato P, c. 76:

f. –

190

8

4

E per l’anno finito adì xxxi di dicienbre 1481 al detto libro giallo segnato P, c. 110:

f. –

172

14

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1482 al detto libro giallo segnato P, c. 135:

f. –

211

5

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1483 al detto libro giallo segnato P, c. 159:

f. –

195

18

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1484 al detto libro giallo dell’Opera P, c. 174:

f. –

195

13

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1485 al detto libro giallo segnato P, c. 185:

f. –

205

14

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1486 al detto libro giallo segnato P, c. 190:

f. –

236

4

8

E per l’anno finito adì xxxi di dicienbre 1487 a un altro libro biancho segnato Q, c. 40:

f. –

252

16

E per l’anno finito adì xxxi di dicienbre 1488 al detto libro biancho segnato Q, c. 60:

f. –

296

7

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1489 al detto libro biancho dell’Opera Q, c. 66:

f. –

155

1

6

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1490 al detto libro biancho dell’Opera Q, c. 71:

f. –

412

15

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1491 al detto libro biancho segnato Q, c. 99:

f. –

192

12

4

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1492 al detto libro biancho segnato Q, c. 110:

f. –

266

3

8

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1493 al detto libro biancho segnato Q, c. 119:

f. –

290

8

1

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1493[79] al detto libro biancho segnato Q, c. [vacat]:

f. –

199

11

4

† Mcccc°lxxxxiii

Avanzi di ciera si fa nell’Opera della quale non s’è tenuto conto partichulare prima che ll’anno chominciato addì primo di giennaio 1492 e ffinito addì xxxi di dicienbre 1493, che prima si metteva in chonto di spese d’Opera.

E per detto anno chominciato adì primo di giennaio 1492 e ffinito adì xxxi di dicienbre 1493 chome di sopra si dicie chome appare a libro biancho e segnato Q, c. 119:

f. –

£. 1575

s. 19

d. 6

E per l’anno finito addì xxxi di dicienbre 1494 al detto libro biancho segnato Q, c. 149:

f. –

£. 1880

13

2


Appendice II

La riforma del 1477

La provvisione, edita in questa appendice, fu approvata dai tre consigli opportuni del Comune di Firenze il 18, 20 e 21 novembre 1477. Essa introdusse importanti novità nel sistema di finanziamento dell’Opera del Duomo, obbligando i camarlinghi della Dogana e della Gabella del Sale a versare una somma annuale fissa, e non più un assegnamento proporzionale ai rispettivi proventi. Il testo è tratto da ASF, Provvisioni, Registri 168, cc. 149v-150v, e parzialmente integrato dalla copia conservata dagli Operai di S. Maria del Fiore (AOSMF, I.1.3, cc. 66v-67r). In margine a c. 150r compare il seguente titolo: “Lex. Assignamentum Opere Sancte Marie del Fiore”.

Quarto infrascriptam super infrascriptis omnibus et singulis, examinatam et firmatam secundum ordinamenta, deliberatam et factam primo per dictos dominos priores et vexilliferum iustitie et postea per ipsos et ghonfalonerios societatum populi et xii bonos viros comunis Florentie secundum ordinamenta dicti comunis, que talis est, videlicet: Informati i magnifici et excelsi signori signori priori di libertà et ghonfaloniere di giustitia del popolo fiorentino chome intra l’altre entrate dell’Opera di Sancta Maria del Fiore è una di danari tre per lira di tutti e’ danari mette a entrata il camarlingo di doana, la quale al presente è diminuita circa a f. ottocento, perché i danari che si pigliono alle porti a minuto si solevono mettere a entrata pel camarlingo di doana et poi a uscita al camarlingo del Monte, ma i danari pigliava il camarlingo del Monte, siché la scriptura s’acconciava per inchiostro, il che più fare non si può perché è stato di nuovo proveduto che il camarlingo del Monte che riceve il danaio delle capse delle porte solo gli metta a entrata con debito riscontro. Sicché mettendo il camarlingo di doana quelle partite meno,[80] benché per inchiostro fussino, non ha per quelle quantità a dare e’ tre danari per lira all’Opera; et perché e’[81] s’intende che quella entrata che resta all’Opera non supplisce alla necessità di quella, et intendesi rimarrebbe indrieto la parte più honorevole e di maggiore contento al popolo, et questo si è il culto divino a tutte l’ore et con gram numero di sacerdoti, perché i cappellani, i quali hanno le loro distributioni, le quali gli fanno a dette hore solleciti, dall’Opera, non le potrebbono havere, mancando l’entrata; et desiderando i magnifici et excelsi signori et i savi et principali ciptadini della ciptà non solamente mantenere, ma anchora accrescere il divin culto, cognoscono essere necessario provedere che tale Opera habbia tanta entrata quanta sia sufficiente alla spesa pel divino culto, agli ornamenti della chiesa necessarii al detto culto et a mantenere gli edifici del tempio di Sancta Maria del Fiore, la qual bisogna sia almeno l’usata a volere mantenere detta Opera; et giudicando essere cosa più conveniente dare loro un tanto l’anno dal camarlingo di doana et da quello del sale quanto fussi insieme cogli altri assegnamenti a detta Opera abastanza et secondo el consueto, accioché havendo uno tanto per lira come insino a qui non habbino a veder conto del’entrate della doana et del sale; et credendo tali effetti necessarii a tale Opera et honorevoli alla ciptà facilmente dover conseghuitare, provedendosi nel modo infrascripto, idcirco habita primus[82] [sic] super infrascriptis omnibus et singulis die decimaottava novembris 1477 inditione XIa inter se ipsos dominos priores et vexilliferum iuxtitie in sufficienti numero congragatos in palatio populi Florentie deliberatione solemni, inter se eosdem facto solemni et secreto scruptineo ad fabas nigras et albas et obtempto secundum ordinamenta dicti comunis, et postea successive ipso eodem die sequente et facta deliberatione inter eosdem dominos priores et vexilliferum iuxtitie et gonfalonerios sotietatum populi et duodecim bonos viros dicti comunis solemniter in sufficientibus numeris et in palatio antedicto congregatos, facta prius proposita super predictis et infrascriptis omnibus et celebrato inter ipsos omnes solemni et secreto scruptineo missoque partito ad fabas nigras et albas et obtento secundum ordinamenta comunis predicti, ipsis tamen omnibus et singulis infrascriptis diligenter prius examinatis ac firmis per spectabiles viros dominum Pierum Iuliani Lapi Vespucci, Filippum Francisci Tornabuoni, Marianum Georgii Ughi et Nofrium Georgii Acciaiuoli de numero collegiorum predictorum et Carduccium Nichole de Medicis, Pierum Francisci Duccii Mellini, Bernardum Thommasii Bartolomei Corbinelli et Iacobum Pieri domini Loysii de Ghuicciardinis de offitio conservatorum legum dicti comunis ad hec examinandum deputatos secundum ordinamenta comunis Florentie, eorum proprio motu pro utilitate comunis eiusdem, et omni modo, via, iure et forma quibus magis ac melius potuerunt, providerunt, ordinaverunt et deliberaverunt infrascripta, videlicet: Che dopo il presente mese per ogni tempo avenire tucti i camarlinghi, proveditori et altri ministri del comune, e’ quali sono consueti ricevere alcuno danaio per assegnamento di detta Opera, lo ricevino e rimettino nel modo et a’ tempi e luoghi et sotto le pene ordinate, excepto il camarlingo di doana et quello del sale, e’ quali piglino solamente gli assegnamenti dell’Opera, ma nulla paghi a detta Opera alcuno tale camarlingo pel tempo advenire, excepto le quantità infrascripte. Et accioché detta Opera non habbia danno, ma traggha da’ detti luoghi quello è consueto trarre, veduto che insino a qui la detta Opera à tracto l’anno della doana di Firenze circa lire semila quattrocento [et dal camarlingo del sale circa a lire tremila octocento][83], si dice che il camarlingo della doana di Firenze dia et paghi al camarlingo dell’Opera di Santa Maria del Fiore per ogni tempo avenire, intendendosi non di meno cominciato questo tempo addì primo[84] del presente mese di novembre, ogni due mesi la sexta parte di dette lire semila quattrocento, et il camarlingo del sale la sexta parte di dette lire tremila ottocento, sotto la pena del doppio, potendo e per la sorte et per la pena esser mandato ciascuno tale camarlingo che non observassi allo spechio dagli operai di detta Opera, come gli altri debitori di quella. Facciendo ciascuno tal camarlingo detto pagamento della sexta parte delle dette quantità, come è detto, ogni due mesi et in quattrini o grossi come volessi cotal camarlingo che tale pagamento facessi et netti d’ogni spesa et ritentione et nessuna altra quantità di danari habbia più detta Opera, né dalla doana né dal sale excepto le soprascripte, ne’ tempi e modi et sotto le pene decte. Ma dagli altri luoghi habbia detta Opera quello et quanto è consueto et nel modo ordinato.

Qua provisione lecta et recitata ut supra dictum est, dictus dominus prepositus ut supra proposuit eam et contenta inter consiliarios dicti consilii et super ea facto et observato in omnibus et per omnia secundum formam statutorum dicti comunis prout supra in prima provisione huius libri continetur et observatum fuit et super ea facto partito ad fabas nigras et albas inter consiliarios dicti consilii etiam datis et recollectis et numeratis fabis repertum fuit CCI ex ipsis consiliariis dedisse fabas  nigras pro sic, non obstantibus XXI pro non.

Item postea dictis anno, inditione et die vigesimo eiusdem mensis novembris existente preposito Laurentio Marci Christofori Brucioli de consensu ceterorum collegarum suorum ibidem presentium in numero sufficienti per me Iohannem notarium et offitialem predictum vulgari sermone ac distincte ad intelligentiam omnium proponente in consilio comunis de more ac secundum ordinamenta congregato omnibusque servatis servandis deliberata et obtempta fuit suprascripta provisio inter consiliarios eiusdem consilii per CXXXVIII fabas nigras eorundem pro sic, non obstantibus XIIII fabis albis in contrarium traditis pro non.

Item postea dictis anno, inditione et die trigesimo[85] primo dicti mensis novembris existente preposito supradicto Laurentio de consensu ceterorum collegarum suorum ibidem presentium in numero sufficienti per me Iohannem notarium et offitialem predictum vulgari sermone ac distincte ad intelligentiam omnium proponente in consilio del cento de more ac secundum ordinamenta congregato omnibusque servatis servandis deliberata et obtempta fuit suprascripta provisio inter consiliarios dicti consilii per LXXXXIIII fabas nigras eorundem pro sic, non obstantibus XVI fabis albis in contrarium traditis pro non.

Non obstantibus in predictis vel aliquo predictorum aliquibus legibus, statutis, provisionibus aut reformationibus consiliorum civitatis Florentie vel aliis quibuscumque et prout supra in prima provisione huius libri continetur et scriptum est usque ad finem provisionis eiusdem.


Note

* Questo articolo è nato nell'ambito di un seminario presso l'Ecole française de Rome, diretto da Elisabeth Crouzet-Pavan, i cui risultati saranno pubblicati in un prossimo volume dal titolo Pouvoir et edilité dans l’Italie communale et seigneuriale. Ringrazio l'Ecole française per avermi consentito di pubblicare in questa sede il testo del mio contributo. Ringrazio anche Margaret Haines che è stata prodiga di consigli e informazioni utili per questo lavoro. Desidero esprimere la mia gratitudine anche a Rita Maria Comanducci, Maia Gahtan e Richard A. Goldthwaite per avermi aiutato in vari momenti della ricerca e della stesura
[1] M. Tacconi, “Secundum consuetudinem Romanae Curiae in Maiori Ecclesia florentina”: i codici liturgici della Cattedrale di Firenze, in I libri del Duomo di Firenze. Codici liturgici e Biblioteca di Santa Maria del Fiore (secoli XI-XVI), a cura di L. Fabbri e M. Tacconi, Firenze 1997, pp. 72-73. Della stessa autrice, v. anche le schede nn. 78-81, ibid., pp. 217-225.

[2] Gli Operai vollero immortalare i propri nomi accanto al ricordo dell’evento, facendo dipingere un’apposita epigrafe sotto la prima grande pagina miniata di uno dei tre graduali: Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze, Edili 151, c. 1v. Cfr. A. Dillon Bussi, La miniatura quattrocentesca per il Duomo di Firenze: prime indagini e alcune novità, in I libri del Duomo cit., p. 94. Sull’opera del Verrocchio v. D.A. Covi, Verrocchio and the Palla of the Duomo, in Art the Ape of Nature. Studies in Honor of H.W. Janson, New York 1981, pp. 151-169.
[3] Per il coro cfr. L.A. Waldman, Dal Medioevo alla Controriforma: i cori di Santa Maria del Fiore, in Sotto il cielo della Cupola. Il Coro di Santa Maria del Fiore dal Rinascimento al 2000, Milano 1997, pp. 46-47. Per quanto riguarda la facciata, l’ipotesi di un progetto per il suo completamento fin dal 1476, già avanzata in P. Foster, Lorenzo de’ Medici and the Florence Cathedral Façade, “The Art Bulletin”, 43, 1981, pp. 496-500, è stata di recente corroborata dalla scoperta di nuovi documenti: L.A. Waldman, Florence Cathedral: The Facade Competition of 1476, “Source. Notes in the History of Art”, 16, n. 1, 1996, pp. 1-6.
[4] G. Marchini, Il ballatoio della cupola di Santa Maria del Fiore, “Antichità viva”, 16, n. 7, 1977, pp. 36-48.
[5] Archivio di Stato di Firenze [da ora: ASF], Arte della Lana 54, c. 84v. L’atto è datato 10 dicembre 1477. Sui rapporti fra Opera di S. Maria del Fiore e Arte della lana v. M. Haines, L’arte della Lana e l’Opera del Duomo a Firenze con un accenno a Ghiberti tra due istituzioni, in Opera. Carattere e ruolo delle fabbriche cittadine fino all’inizio dell’Età Moderna, Atti della Tavola Rotonda (Firenze, 3 aprile 1991), a cura di M. Haines e L. Riccetti, Firenze 1996, pp. 267-294.
[6] Il testo della provvisione è pubblicato in C. Guasti, Santa Maria del Fiore. La costruzione della chiesa e del campanile, Firenze 1887 (ed. anast., Bologna 1974), doc. 35, pp. 30-32. Di essa ci offre una testimonianza anche Giovanni Villani, Nuova cronica, a cura di G. Porta, vol. II, Parma 1991, p. 756.
[7] D. Finiello Zervas, Un nuovo documento per la storia del Duomo e del Campanile di Firenze, 1333-1359, “Rivista d'arte”, 39, 1987, pp. 3-53.
[8] M. Haines, Firenze e il finanziamento della cattedrale e del campanile, in Alla riscoperta di piazza del duomo in Firenze, vol. III: Il campanile di Giotto, a cura di T. Verdon, Firenze 1994, pp. 71-83. La Haines è tornata recentemente sull’argomento con una relazione su “La grande impresa civica di Santa Maria del Fiore”, presentata al Seminario di Studi “Finanziare cattedrali e grandi opere pubbliche nel Medioevo: Nord e Media Italia. Secoli XII-XV” (Milano, 16 ottobre 1999), di prossima pubblicazione su “Nuova Rivista Storica”.
[9] Sulle varie fasi di costruzione della cattedrale e del campanile, v. Guasti, Santa Maria del Fiore cit. e il saggio di H. Saalman, Santa Maria del Fiore: 1294-1418, “The Art Bulletin”, 44, 1964, pp. 471-500.
[10] Guasti, Santa Maria del Fiore cit., doc. n. 1, p. 1.
[11] Ibid., doc. nn. 3, 6-9, 13, 17, pp. 1-6, 8, 15-16.
[12] Ibid., doc. n. 18, pp. 16-17.
[13] Ibid., doc. n. 12, p. 8.
[14] Haines, Firenze e il finanziamento cit., p. 72.
[15] Cfr. ibid., pp. 74, 76.
[16] Cfr. la deliberazione dei consoli dell’Arte della lana del 5 aprile 1400, con la quale si vietavano le sepolture secolari in Duomo. In realtà, come si apprende dal proemio, essa non introduceva una novità rispetto alla consuetudine osservata nella nuova cattedrale, ma a questa conferiva forza di legge: Guasti, Santa Maria del Fiore cit., doc. n. 422, pp. 298-299. Sulla normativa in materia cfr. Haines, L’Arte della Lana e l’Opera del Duomo cit., pp. 278-279. Sull’argomento cfr. S.T. Strocchia, Death and Ritual in Renaissance Florence, Baltimore-London 1992, pp. 91-92.
[17] È questo un tema ricorrente negli scritti di Margaret Haines. Si veda, ad esempio, Brunelleschi and Bureaucracy: The Tradition of Public Patronage at the Florentine Cathedral, “I Tatti Studies”, 3, 1989, pp. 89-125.
[18] G. Soldi Rondinini, La fabbrica del Duomo come espressione dello spirito religioso e civile della società milanese (fine sec. XIV – sec. XV), in Ead., Saggi di storia e storiografia visconteo-sforzesche, Bologna 1984, pp. 55-59. Da questa impostazione tradizionale ha recentemente preso le distanze Patrick Boucheron, rivalutando per contro l’apporto finanziario del duca Gian Galeazzo Visconti: Le pouvoir de bâtir. Urbanisme et politique édilitaire à Milan (XIVe-XVe siècles), Rome 1998, pp. 183-189.
[19] “Quod duo denarii de sex denariis qui vigore ordinamentorum canoniczatorum camere comunis Florentie reliquntur et retineri debent per camerarios camere comunis Florentie de qualibet libra solutionum que per eos fiunt de pecunia dicti Comunis, convertantur et converti possint et debeant in subsidium et pro subsidio constructionis et edificationis dicte ecclesie Sancte Reparate”: Guasti, Santa Maria del Fiore cit., doc. 35, p. 31.
[20] Ibid., doc. n. 38, p. 33-34.
[21] Ibid., doc. n. 67, pp. 63-65.
[22] C.M. de la Roncière, Indirect Taxes or ‘Gabelles’ at Florence in the Fourteenth Century: The Evolution of Tariffs and Problems of Collection, in Florentine Studies. Politics and Society in Renaissance Florence, ed. by N. Rubinstein, Evanston 1968, p. 144. I dati riportati dal Villani sono reperibili in Nuova cronica cit., vol. III, pp. 191-194. Sulle gabelle fiorentine v. anche A. Molho, Florentine Public Finances in the Early Renaissance, 1400-1433, Cambridge (Mass.) 1971, pp. 45-59.
[23] G. Villani, Nuova cronica cit., vol. II, p. 756.
[24] R.A. Goldthwaite, La costruzione della Firenze rinascimentale. Una storia economica e sociale, Bologna 1984 [ed. or., Baltimore 1980], pp. 606-607.
[25] Finiello Zervas, Un nuovo documento cit., p. 53. Negli anni successivi il potere d’acquisto dell’Opera si ridusse fortemente, in concomitanza con la grave crisi degli anni Quaranta, culminata con la Pesta Nera del 1348. A ciò seguì una lenta ripresa, ma per tornare ai livelli del 1339 fu necessario che il Comune raddoppiasse la quota destinata all’Opera sulle gabelle (1358).
[26] Sui lavori per la creazione di uno “spazio vitale” attorno al Duomo, v. M. Haines, Attorno a Santa Maria del Fiore: la conquista dello spazio per una cattedrale, in La Piazza del Duomo nella città medievale (nord e media Italia, secoli XII-XVI), Atti della Giornata di Studio (Orvieto, 4 giugno 1994), a cura di L. Riccetti, “Bollettino dell’Istituto Storico Artistico Orvietano”, 46-47, 1990-1991 [ma 1997], pp. 301-332.
[27] Guasti, Santa Maria del Fiore cit., doc. n. 77, pp. 130-132, e doc. n. 232, pp. 224-225.
[28] Haines, Firenze e il finanziamento cit., p. 82.
[29] Molho, Florentine Public Finances cit., pp. 48-52.
[30] Haines, Firenze e il finanziamento cit., p. 83.
[31] Archivio dell’Opera di S. Maria del Fiore, Firenze [da ora: AOSMF], I. 1. 2, cc. 21r-25r: copia di quattro provvisioni del comune di Firenze del 1377 e 1378.
[32] L’unico studio finora dedicato alle foreste dell’Opera del Duomo è quello di A. Gabbrielli – E. Settesoldi, La storia della Foresta Casentinese nelle carte dell'Archivio dell'Opera del Duomo di Firenze dal secolo XIV al XIX, Roma 1977. Cfr. ora F. Salvestrini, L’apporto dei Vallombrosani e dei Camaldolesi all’edificazione della marina toscana (seconda metà del XVII – anni ’20 del XVIII secolo), “Archivio storico italiano”, 156, 1998, p. 318.
[33] Ampia la bibliografia su questo tema. Ci limitiamo a menzionare M.B. Becker, Florence in Transition, vol. II: Studies in the Rise of the Territorial State, Baltimore 1968, pp. 151-200, e Molho, Florentine Public Finances cit., pp. 63-73.

[34] Finiello Zervas, Un nuovo documento cit., p. 10.
[35] Duemila fiorini provenienti dalla gabella del macello e destinati all’Opera furono intercettati dal Comune e restituiti a rate a partire dal 1° maggio 1365 (Guasti, Santa Maria del Fiore cit., doc. nn. 111 e 112, pp. 151-153). Nel giugno del 1364 metà di certi diritti dell’Opera sui pagamenti effettuati dalla Camera del Comune furono stornati all’Ufficio dei Ponti e delle Mura (ibid., doc. n. 117, pp. 157-158).
[36] Nel 1361 i notai furono obbligati a riferire all’Opera dei legati ad essa destinati, AOSMF, I.1.2, cc. 25v-26v. Altri importanti provvedimenti legislativi a favore dei diritti dell’Opera furono adottati nel 1392 (ibid., cc. 51v-52v) e nel 1478 (AOSMF, I.1.3, cc. 64v-65r). Su questo tema v. Haines, Firenze e il finanziamento cit., pp. 74, 76.
[37] Nel 1432, ad esempio, gli Operai nominarono un certo Falconetto, “qui stat ad Prestantias, in ratiocinerium Opere ad revidendum et in saldo ponendum rationem camerariorum Prestantiarum, qui fuerunt temporibus retroactis”. Due anni più tardi l’Opera incaricò Bernardo di ser Cambio Salviati di procedere a una revisione di tutti i conti relativi all’ultimo biennio delle gabelle delle porte, del vino, del sale, dei contratti e della torre, per verificare se le sue spettanze fossero state regolarmente versate. I due documenti (AOSMF, II.2.1, cc. 118v, 221r) sono ora editi in Gli anni della Cupola, a cura di M. Haines, banca dati testuale in corso di elaborazione presso l’Opera di S. Maria del Fiore, AOSMF, II 2 1, c. 188vb e c. 221a.
[38] AOSMF, VII.1.2, cc. 160r-161r.
[39] AOSMF, VII.1.6, cc. 628v-629r.
[40] Su questo archivio v. L. Fabbri, Dal cantiere alle carte: l’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze ed il suo archivio, “Ricerche storiche”, 27, 1997, pp. 107-125.
[41] Finiello Zervas, Un nuovo documento cit. Il documento è edito alle pp. 31-46.
[42] Haines, Firenze e il finanziamento cit., pp. 81-82. La fonte di questi dati è ASF, Camera del Comune, Provveditori di Camera, Campioni di Entrata e uscita 1-50.
[43] La serie dei registri di entrata e uscita, corrispondente alla sezione VIII.3 dell’Archivio dell’Opera di S. Maria del Fiore, è costituita da 408 registri, che coprono un arco cronologico compreso tra il 1446 e il 1778.
[44] Il vuoto più ampio si registra fra il primo semestre del 1456 e il secondo semestre del 1468.
[45] AOSMF, VII.1.5: “Sonmario dell'entrate et delle spese della fabricha et Opera di Sancta Maria del Fiore della ciptà di Firenze”, redatto da Piero di ser Lorenzo Paoli, provveditore dell’Opera.
[46] Un anno più tardi, il 10 dicembre 1477, sotto la spinta dello sdegno popolare una deliberazione dell’Arte della lana, di cui si parlerà più avanti, renderà molto più esplicita questa esigenza: ASF, Arte della lana 54, cc. 84v-85r.
[47] Si tratta del libro giallo segnato P (1477-1486) e del libro bianco segnato Q (1487-1494). Il primo esemplare superstite della serie è il libro azzurro segnato X (oggi AOSMF, VII.1.46), che inizia nel luglio del 1501.
[48] Da notare che mentre la rimessa passiva, cioè quella ricevuta dalla gestione precedente, viene sempre registrata all’inizio delle entrate del camarlingo, quella attiva viene quantificata o in sede di saldo, come avanzo positivo, oppure come ultima voce delle uscite, dando luogo così ad un saldo in pareggio.
[49] Per orientarsi su questo difficile terreno si rimanda all’opera monumentale di M. Bernocchi, Le monete della Repubblica fiorentina, 5 voll., Firenze 1974-1985. Molto utili e chiarificatori sono anche i saggi di C.M. Cipolla, La moneta a Firenze nel Cinquecento, Bologna 1987; R.A. Goldthwaite – G. Mandich, Studi sulla moneta fiorentina. (Secoli XIII-XVI), Firenze 1994.
[50] Non sempre il rapporto fiorino/lira dichiarato nei registri dell’Opera coincide con quello desumibile dalle varie tabelle approntate dagli storici dell’economia. Tuttavia, nei rari casi in cui il cambio praticato dai camarlinghi non è direttamente attestato, abbiamo fatto riferimento ai dati forniti da R.A. Goldthwaite, Il sistema monetario fino al 1600: pratica, politica, problematica, in GoldthwaiteMandich, Studi sulla moneta fiorentina cit., pp. 87-102.
[51] A titolo di esempio, uno dei pochi casi in cui il saldo del camarlingo tiene espressamente conto di un piccolo aggio a favore del grosso è il secondo semestre del 1492, quando la somma delle lire di grossi viene riportata a piccioli con un accrescimento del 2%: AOSMF, VIII.3.35, c. 20r.
[52] Le fonti che presentano una classificazione dettagliata delle voci d’entrata dell’Opera non individuano le comunità come categoria isolata, apparentandole con gli altri destinatari della provvisione del 1377, relativa agli oneri sulle grazie (cfr. AOSMF, VII.1.5, c. 9sin: “Chomuni, popoli et pivieri e altri per d. 6 per £. delle grazie ricievute et chondannati per danni dati”; AOSMF, I.3.2, c. n.n.: “Comuni et condennationi et taxe”). L’analisi dei registri di entrata e uscita ci ha, tuttavia, consentito di estrapolare i dati relativi alle sole comunità.
[53] Dai sondaggi effettuati per alcuni semestri la percentuale dei lasciti testamentari rispetto all’entrata totale raggiunge raramente il 3%. Per il primo anno preso in considerazione, il 1446-1447, tale quota si riduce addirittura allo 0,4%, e anche nel 1468-1469 essa non raggiunge l’1%. Nel 1487 i testamenti fruttarono poco più di 600 lire, pari al 2,8% del totale. Tuttavia, a giudicare dalle cifre riportate nel Sommario del 1477-1494, ci furono anni in cui anche questa entrata dette un contributo relativamente importante: ciò avvenne soprattutto nel 1490 (£. 1476 s. 19 d. 6) e ancor più nel 1491 (£. 1816 s. 13 d. 1): v. infra Appendice I.
[54] Per la loro scarsa rilevanza quantitativa sono stati esclusi da questa verifica i versamenti effettuati dal camarlingo del Monte e dai camarlinghi generali di Pisa e Arezzo. Al loro riguardo, tuttavia, si possono vedere i dati relativi al 1477-1494, contenuti nel “Sommario” edito in Appendice I.
[55] Per esigenze comparative i dati sul 1494 distinguono, come per gli anni precedenti, fra gabella del sale e gabella del vino, nonostante l’unificazione dei due uffici decisa dai diciassette Riformatori del Monte il 24 gennaio 1491 ed entrata in vigore il 1° luglio dello stesso anno (ASF, Consiglio del Cento, Registri 3, cc. 65v-66v). Il contributo specifico di ciascuna delle due gabelle è reso facilmente riconoscibile dal fatto che fin dal 1477, come si dirà più avanti, il camarlingo del Sale effettuava versamenti fissi di 3800 lire all’anno, mentre quello del Vino continuava ad attenersi all’obbligo di un assegnamento proporzionale alle sue entrate.
[56] Deliberazione dell’Arte della lana del 20 dicembre 1475, edita in M. Haines, The Builders of Santa Maria del Fiore: An Episode of 1475 and an Essay towards its Context, in Renaissance Studies in Honor of Craig Hugh Smyth, ed. by A. Morrogh, F. Superbi Gioffredi, P. Morselli e E. Borsook, vol. I, Florence 1985, pp. 109-110.
[57] Nel 1446-1447 i due contributi fornirono insieme il 24,9% dell’entrata dei camarlinghi, mentre nel 1451 la loro quota si attestò sul 21%.
[58] L’ultima apparizione dei versamenti del camarlingo delle Prestanze, tranne sporadiche e irrilevanti eccezioni posteriori, è riscontrabile nel registro di entrata e uscita del secondo semestre del 1451 (AOSMF, VIII.3.6). Per quanto concerne il cassiere della Camera, l’assegnamento a suo carico risulta già notevolmente ridotto nel 1468-1469 (circa il 4% dell’entrata dei camarlinghi: AOSMF, VIII.3.8 e 9), e del tutto assente a partire dal secondo semestre del 1470 (AOSMF, VIII.3.10).
[59] Il provvedimento, datato 27 aprile 1452, è riassunto in volgare in AOSMF, I.1.2, c. 151v; AOSMF, I.1.3, c. 32v; AOSMF, 1.3.1, c. 21v.
[60] ASF, Provvisioni, Registri 168, cc. 149v-150v (18-21 novembre 1477). Una copia autentica si trova in AOSMF, I.1.3, cc. 66v-67r.
[61] ASF, Consiglio del Cento, Registri 2, cc. 9r-12r (7 giugno 1477). Cfr. L.F. Marks, The Financial Oligarchy in Florence under Lorenzo, in Italian Renaissance Studies. A Tribute to the Late Cecilia M. Ady, ed. by E.F. Jacob, London 1960, pp. 133-134; A. Molho, Marriage Alliance in Late Medieval Florence, Cambridge (Mass.) – London 1994, p. 67. Sul governo del Monte Comune al tempo di Lorenzo de’ Medici, v. anche A. Brown, Lorenzo, the Monte and the Seventeen Reformers. Public and Private Interest, in Ead., The Medici in Florence. The Exercise and Language of Power, Firenze – Perth 1992, pp. 151-211.
[62] ASF, Consiglio del Cento, Registri 2, c. 11v.
[63] Secondo quanto affermato nel proemio della provvisione le entrate della Dogana ne risultavano ridotte di circa 800 fiorini: v. infra Appendice II.
[64] Ibid.
[65] Cfr. supra a nota 37.
[66] ASF, Arte della lana 54, cc. 84v-85r (10 dicembre 1477).
[67] I consoli ordinarono che “e’ presenti operai di Santa Maria del Fiore e quelli che per tempi saranno sieno tenuti e debbino sollecitamente e diligientemente ragunarsi per decto loro uficio et in quello mettere ogni studio e diligentia loro perché ogni cosa vadi per l’ordine suo, come si conviene a’ buoni et discreti uficiali”: ASF, Arte della lana 54, c. 84v. Non è da escludere che la continuità che riscontriamo oggi nella serie dei registri di entrata e uscita a partire dal secondo semestre del 1478 sia una diretta conseguenza di questo richiamo ad una migliore cura della contabilità.
[68] Di questo argomento si occupa F.W. Kent, Lorenzo de’ Medici at the Duomo, in Atti del VII centenario del Duomo di Firenze, vol. I: La cattedrale e la città. Saggi sul Duomo di Firenze, a cura di T. Verdon e A. Innocenti, Firenze 2001, pp. 341-368.
[69] ASF, Arte della lana 54, c. 85r. La norma prevedeva che uno dei due Operai dovesse essere estratto da un “borsellino” contenente le cedole di membri dell’Arte selezionati dai Provveditori. Su questo v. Kent, Lorenzo de’ Medici cit., pp. 351-352. L’elenco dei nomi usciti dal “borsellino” tra 1478 e 1494 (quando il sistema fu abolito a seguito della cacciata dei Medici) conferma il carattere filomediceo di questa operazione: L. Fabbri, Gli Operai di Santa Maria del Fiore nel quindicesimo secolo, in Atti del VII centenario cit., vol. I: La cattedrale e la città cit., pp. 334-335, 338-339.
[70] Sulla crescente importanza finanziaria di questa attività dell’Opera a partire dal XVI secolo ha richiamato l’attenzione A. Giorgi, L’Opera di Santa Maria del Fiore in età moderna, in Atti del VII centenario cit., vol. I: La cattedrale e la città cit., pp. 381-383. Cfr. inoltre gli studi citati a nota 32.
[71] AOSMF, VIII.3.27, 28, 37, 38. A dimostrazione del crescente interesse verso questa attività, il 20 agosto 1477 la materia fu regolamentata dall’Arte della lana su petizione degli Operai: AOSMF, I.1.3, 64r.
[72] La cifra è ricavata da una lista non datata delle entrate dell’Opera, che non sembra riferita ad un anno specifico ma a valori medi che potevano realizzarsi tra la fine del ‘400 e gli inizi del ‘500: AOSMF, I.3.2, c. n.n.
[73] Il passo è tratto dalla citata deliberazione dell’Arte della lana (20 dicembre 1475), edita in Haines, The Builders of Santa Maria del Fiore cit., pp. 109-110.
[74] ASF, Arte della lana 53, cc. 125v. La deliberazione risale al 30 marzo 1459.
[75] Così erroneamente per £.
[76] Così erroneamente per 1494.
[77] Sul margine sinistro si legge: E per I° giubileo s’ebbe detto anno pe’ 2/3 dell’offerta, l’altro terzo volle el papa.
[78] biancho corretto su giallo.
[79] Così erroneamente per 1494.
[80]Segue per cassato.
[81] Segue s’intende cassato.
[82] Così erroneamente per prius.
[83] Il testo tra parentesi quadre è stato reintegrato sulla base di AOSMF, I. 1. 3, c. 67r.
[84] Aggiunto in sostituzione di quindici cassato. La correzione fu effettuata il 29 dicembre 1489, come si apprende da una nota posta in calce alla copia posseduta dall’Opera del Duomo: “Nota che a llibro di ser Giovanni segnato A, 1477, c. 150, diceva el tempo cominciare addì xv di novembre di decto anno 1477, et era scripto per errore perché comincia decto tempo in kalende di decto mese, come vedemo l’originale ser Bartolomeo Dei et io Bartolomeo Zeffi questo dì 29 di dicembre 1489, et di mano di decto ser Bartholomeo Dei decto dì si acconciò a dovere” (AOSMF, I.1.3, c. 67r). Il libro di ser Giovanni segnato A corrisponde con il registro di Provvisioni, da cui il testo è tratto.
[85] Così erroneamente per vigesimo, come risulta dal riscontro con le altre provvisioni della stessa sessione e con AOSMF, I.1.3, c. 66v.


Tabella 1: Entrate e uscite dell’Opera di S. Maria del Fiore, 1446-1494

(N.B.: I valori monetari sono espressi in lire, soldi e denari di piccioli. Per le quattro categorie delle entrate è specificata anche la quota percentuale rispetto all’entrata totale)

lug 1446 – giu 1447

gen – dic 1451

lug 1468 – giu 1469*

gen – dic 1479**

- Entrata dei camarlinghi

21036. 19. 11        (71,5%)

21684. 7. 4            (81,3%)

14024. 16. 0          (60,5%)

12725. 7. 1            (83,3%)

- Legname

1007. 1. 4                (3,4%)

908. 3. 9                  (3,4%)

3978. 9. 11            (17,2%)

585. 14. 0                (3,8%)

- Comunità

5499. 19. 9            (18,7%)

1998. 10. 0              (7,5%)

1602. 6. 5                (6.9%)

497. 1. 0                  (3,2%)

- Altre entrate

1882. 16. 3              (6,4%)

2094. 7. 7                (7,8%)

3574. 11. 1            (15,4%)

1477. 1. 4                (9.7%)

Entrata totale

29426. 17. 3

26685. 8. 8

23180. 3. 5

15285. 3. 5

- Uscita ordinaria

25786. 18. 1

22051. 18. 7

19000. 15. 3

8286. 2. 2

- Uscita dei maestri

3648. 2. 7

4415. 7. 2

4179. 7. 10

3497. 3. 8

Uscita totale

29435. 0. 8

26467. 5. 9

23180. 3. 1

11783. 5. 10

gen – dic 1480

gen – dic 1483

gen – dic 1484

gen – dic 1485

- Entrata dei camarlinghi

13537. 14. 9          (74,2%)

13208. 16. 7          (63,7%)

13024. 4. 4            (65,1%)

12371. 10. 3          (58,0%)

- Legname

1877. 18. 10          (10,3%)

3934. 15. 0            (19,0%)

4096. 15. 0            (20,5%)

5205. 1. 8              (24,4%)

- Comunità

1401. 7. 8                (7,7%)

1348. 10. 4              (6.5%)

1151. 0. 10              (5,7%)

1055. 15. 10            (5,0%)

- Altre entrate

1433. 19. 11            (7,8%)

2248. 18. 10          (10,8%)

1733. 17. 8              (8,7%)

2680. 13. 11          (12,6%)

Entrata totale

18251. 1. 2

20741. 0. 9

20005. 17. 10

21313. 1. 0

- Uscita ordinaria

13900. 16. 3

15940. 10. 3

13007. 7. 2

19558. 9. 8

- Uscita dei maestri

4891. 4. 4

4699. 1. 4

4699. 12. 8

4008. 10. 4

Uscita totale

18792. 0. 7

20639. 11. 6

17706. 19. 10

23567. 0. 0

gen – dic 1486

gen – dic 1487

gen – dic 1488

gen – dic 1489

- Entrata dei camarlinghi

13417. 0. 7            (62,6%)

13260. 2. 8            (61,3%)

12789. 1. 10          (59,2%)

12196. 0. 4            (53,1%)

- Legname

4879. 19. 4            (22,8%)

3641. 2. 8              (16,8%)

3751. 7. 0              (17,4%)

4828. 18. 8            (21,0%)

- Comunità

980. 11. 6                (4,6%)

1679. 9. 7                (7,8%)

1716. 6. 6                (7,9%)

1585. 7. 11              (6,9%)

- Altre entrate

2134. 5. 4              (10,0%)

3062. 3. 6              (14,1%)

3350. 16. 8            (15,5%)

4358.5. 9               (19,0%)

Entrata totale

21411. 16. 9

21644. 3. 8

21607. 12. 0

22968. 12. 8

- Uscita ordinaria

15868. 7. 6

17270. 18. 2

17303. 15. 0

18052. 11. 10

- Uscita dei maestri

4611. 13. 4

4220. 3. 4

4256. 16. 0

3547. 17. 0

Uscita totale

20480. 0. 10

21491. 1. 6

21560. 11. 0

21600. 8. 10

lug 1490 – giu 1491

lug 1492 – giu 1493

gen – dic 1494

- Entrata dei camarlinghi

12892. 19. 7          (51,4%)

13025. 16. 2          (48,4%)

12690. 18. 6          (54,8%)

- Legname

5378. 4. 0              (21,4%)

8697. 13. 9            (32,3%)

5777. 18. 11          (25,0%)

- Comunità

1464. 5. 3                (5,8%)

1122. 3. 0                (4,2%)

751. 3. 1                  (3,3%)

- Altre entrate

5369. 2. 7             (21,4 %)

4080. 19. 4            (15,1%)

3923. 8. 8              (16.9%)

Entrata totale

25104. 11. 5

26926. 12. 3

23143. 9. 2

- Uscita ordinaria

19827. 2. 5

20605. 18. 7

19822. 14. 5

- Uscita dei maestri

3673. 15. 8

5368. 19. 8

4134. 5. 8

Uscita totale

23500. 18. 1

25974. 18. 3

23957. 0. 1

Fonti: AOSMF, VIII. 3. 1, 2, 5, 6, 8, 9, 14-17, 19-38.

* La perdita di AOSMF, VIII.3.9, c. 2, non ha consentito di quantificare i contributi delle comunità per il periodo 1 gennaio – 26 febbraio 1469 s.c. La somma totale delle entrate mancanti, che ci è nota da c. 9r, è stata perciò attribuita ad “altre entrate”, ad eccezione delle “entrate dei camarlinghi”, che è stato possibile ricostruire attraverso AOSMF, VIII.1.49, passim. I proventi del legname non sono invece interessati da questa perdita, in quanto registrati in una sezione a parte.

** La perdita di AOSMF, VIII.3.14, c. 34, contenente l’ “Uscita dei maestri” del maggio 1479, è stata integrata dai dati raccolti in AOSMF, VIII.1.65, passim.


Tabella 2: Entrate dei camarlinghi, 1446-1494

(N.B.: I valori monetari sono espressi in lire, soldi e denari di piccioli. Per ogni categoria è specificata la quota percentuale rispetto alla somma delle entrate dei camarlinghi)

1446-1447

1451

1468-1469

Prestanze

2132. 2. 10      (10,2%)

3002. 18. 8      (13.8%)

Camera

3097. 11. 6      (14,7%)

1550. 3. 4          (7,2%)

573. 14. 4          (4,1%)

Sale

5110. 10. 9      (24,3%)

5218. 2. 5        (24,1%)

3357. 2. 9        (23.9%)

Vino

4190. 15. 5      (19,9%)

3542. 3. 3        (16,3%)

1796. 16. 4      (12,8%)

Porte o Dogana

5580. 13. 0      (26,5%)

6698. 5. 2        (30,9%)

6157. 5. 7        (43,9%)

Torre

216. 7. 1            (1,0%)

256. 15. 9          (1,2%)

370. 15. 2          (2,6%)

Contratti

624. 19. 9          (3,0%)

1127. 4. 11        (5,2%)

1422. 19. 9      (10,2%)

Altre

83. 19. 7            (0,4%)

288. 13. 10        (1,3%)

346. 2. 1            (2,5%)

Totale

21036. 19. 11

21684. 7. 4

14024. 16. 0

1480

1487

1494

Prestanze

2. 4. 8                (0,0%)

Camera

Sale

3800. 0. 0        (28,1%)

3800. 0. 0        (28,6%)

3800. 0. 0        (29,9%)

Vino

1476. 12. 3      (10,9%)

1719. 11. 2      (13,0%)

1430. 2. 3        (11,3%)

Porte o Dogana

6400. 0. 0        (47,3%)

5830. 0. 0        (44,0%)

5650. 0. 0        (44,5%)

Torre

448. 3. 11          (3,3%)

506. 7. 2            (3,8%)

365. 6. 4            (2,9%)

Contratti

1121. 12. 7        (8,3%)

1169. 4. 7          (8,8%)

1223. 9. 4          (9,6%)

Altre

291. 6. 0            (2,1%)

233. 0. 4            (1,8%)

222. 0. 7            (1,8%)

Totale

13537. 14. 9

13260. 7. 11

12690. 18. 6

Fonti: AOSMF, VIII. 3. 1, 2, 5, 6, 8, 9, 16, 17,  27, 28, 37, 38.


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