Reti Medievali Rivista, IV - 2003 / 1 - gennaio-giugno

La "Torre dei diamanti" in Castel Gavone.
Un esempio di architettura del potere nel Finale alla fine del Quattrocento
a cura di Tiziano Mannoni e Giovanni Murialdo
Cd-rom, Comune di Finale Ligure, 2002
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http://www.castelgavone.com/>

Per Paola Guglielmotti
[links attivi al 20 giugno 2003]

©  Paola Guglielmotti per "Reti Medievali"


La «Torre dei diamanti» in Castel Gavone: un esempio di architettura del potere nel Finale alla fine del Quattrocento, cd-rom e sito <www.castelgavone.com>,  Finale Ligure 2002, entrambi a cura di Tiziano Mannoni e Giovanni Murialdo, ideazione e realizzazione di Fabrizio Benente e Mirko Peripimeno, supervisione di Riccardo Francovich e Marco Valenti, Testi di T. Mannoni, G. Murialdo, Paolo Palazzi, Luisa Gabbaria Mistrangelo e Daniele Calcagno, Progetto sovvenzionato dall’Unione europea attraverso il "Programma Cultura 2000" e dal comune di Finale Ligure.

Chi ha commissionato il lavoro ha sicuramente pensato di raccogliere in un'unica sede le disperse ma ricche informazioni su un territorio «eccezionalmente ricco di testimonianze che documentano una frequentazione umana ininterrotta dalla Preistoria ad oggi». Nel primo entroterra di questo segmento del Ponente ligure è in particolare ancora visibile, a ridosso dei resti del castello, la torre che trae il proprio nome e la propria fama dalla lavorazione a punta di diamante della pietra locale con cui è costruita, per iniziativa signorile, nel tardo secolo XV. Le ricerche sulla zona (è storicamente denominato Finale anche il promontorio circostante il villaggio di Finale) sono merito soprattutto degli archeologi, impegnati in campagne di scavo ormai da qualche decennio: a loro è stato affidato il coordinamento dell'iniziativa, con un'implicita e certo lecita selezione degli aspetti trattati. La destinazione di questo lavoro collettivo, di archeologi, di architetti e anche di storici, è plurima: innanzitutto a un pubblico locale, che possa acquisire maggiore consapevolezza del proprio patrimonio storico e architettonico, e ai turisti, che adesso dispongono di una guida utile e ben confezionata per giungere preparati alla visita della torre e del vicino territorio. Si tratta indubbiamente di divulgazione di buon livello sia per chiarezza espositiva, sia per qualità e adeguatezza delle immagini: fotografie, raffigurazioni d'epoca, rilievi tardo ottocenteschi del sovrintendente Alfredo d'Andrade, disegni. Quanti fanno ricerca per professione, inoltre, possono trovare in questo prodotto a più mani una sintetica e completa rassegna dei siti di scavo e degli edifici antichi. Un castello costituisce eccellente e consueto spunto per ragionare su un'ampia gamma di problemi, e il lavoro ha infatti anche una sua spedibilità didattica: è già usato nelle scuole della zona come strumento principale di un percorso formativo ed è soprattutto in tale ottica che adesso può essere sondata la sua tenuta, prefigurandone un impiego anche a livello universitario.

Basterà un cenno preliminare alle differenze tra le due versioni. La più immediata risiede nel fatto che i testi del solo cd-rom (che è autoinstallante e può essere visionato con il semplice inserimento nel drive) sono leggibili anche in inglese e in francese; poco rilevanti appaiono le diversità nelle soluzioni grafiche e di gestione – molto chiare e amichevoli – per gli sfondi, le aperture di finestre e i collegamenti ipertestuali. Come è facile intuire, il sito web costituisce una struttura aperta per l'opportunità, prevista dai curatori, di immettere aggiornamenti man mano che progrediranno le ricerche storico archeologiche sulla zona. Alcuni studi di corredo e già editi in altre sedi sono stati inseriti nei primi mesi del 2003.

Il lavoro consta in un'illustrazione ragionata del complesso fortificato, che avrebbe origini almeno nel tardo secolo XII, e del suo ampio circondario organizzata, come si è detto, in modo molto sistematico e fortemente diacronico. Merita sottolineare in primo luogo come non vi sia alcuna concessione a una terminologia e a concetti che si presumano accattivanti o familiari a un largo pubblico: così nei testi non si incontrano né il vieto “maniero”, termine che non ha radici nel vocabolario delle fonti italiane di età bassomedievale, né la “piramide feudale”, da biasimare quando è proposta come struttura tipica dei secoli centrali del medioevo in Italia. Tuttavia può dispiacere, invece dell'uso più preciso di "secolo XIX", l'impiego di una locuzione come "fino al 1800" (certo perdonabile, ma sintomo della frequentazione di una storiografia un po' datata), perché questa è una delle più rituali correzioni da attuare anche in sede di didattica universitaria. Consuona tra l'altro con la scelta di non indulgere a facili effetti nello stile espositivo l'apprezzabile sobrietà delle soluzioni grafiche, che anzi attribuisce pieno significato alle belle immagini. In secondo luogo è importante che sia resa subito evidente una scelta metodologica non scontata per una platea di studenti o di appassionati di storia: la ricerca locale non può essere limitata esclusivamente a un insediamento, ma questo deve essere osservato nella realtà circostante, con attenzione anche a tutti i luoghi vicini e ai processi precedenti effettivamente verificabili. Nel Ponente ligure, oltretutto, la documentazione scritta prende decisamente le mosse solo dal secolo XIII.

Dopo una breve presentazione, il materiale è ordinato subito in grandi sezioni, ciascuna con una succinta premessa, dedicate al territorio, al castello e alla torre. Solo il sito web, come si è accennato, dispone anche di una sezione testi: oltre agli stringati abstracts del convegno Castel Gavone e la torre dei diamanti: architettura del potere, organizzato a Finale Ligure nel novembre del 2002, sono dati due articoli di uno dei curatori, G. Murialdo, cioè La riorganizzazione signorile del territorio tra XI e XIII secolo. Incastellamento e decastellamento nel Finale, in L'incastellamento in Liguria. (X-XII sec.), Atti della Giornata di Studio, Rapallo 26 aprile 1997, Bordighera 2000 (Istituto internazionale di studi liguri, Atti dei Convegni, IV), pp. 101-129, e Prima dell'incastellamento: le strutture del territorio tra tarda antichità e altomedioevo, in Incastellamento, popolamento e signoria rurale tra Piemonte meridionale e Liguria. Fonti scritte e archeologiche, Testi preliminari del seminario di studi, Acqui Terme, 17-19 novembre 2000, Bordighera-Acqui Terme 2000, pp. 17-35. Occorre constatare che con questa pur opportuna riproposizione di materiali già circolati nella versione a stampa si segnala implicitamente un problema di produzione di testi – e come adesso vedremo anche della loro misura – appositamente pensati per la comunicazione digitale. Il quadro d'insieme così fornito, comunque, da un lato permette di ricomporre più facilmente il contenuto dei brevi testi di ciascuna sezione e dei lemmi-finestre dipendenti, che altrimenti può apparire talvolta un po' frammentario e di tenore più informativo che non interpretativo; dall'altro ha indotto a ridurre all'essenziale i rimandi storiografici, così che sono citati quasi esclusivamente gli studi rivolti alla zona. I testi, infatti, raramente superano una decina di righe, attuano solidi rimandi alle fonti e al dato evenemenziale ed evidenziano le specificità del territorio, di rado per la fase medievale con richiami ai più generali processi in corso: ad esempio quando si parla di una Liguria ancora bizantina mentre buona parte dell'Italia centro settentrionale è ormai longobarda.

Solo la sezione dedicata al territorio – presentato quasi come un "contenitore" di insediamenti – ha un'articolazione cronologica in quattro sottosezioni, suddivise in lemmi-finestre che corrispondono quasi sempre a siti archeologici e a edifici ancora conservati, con destinazione sia civile sia ecclesiastica: ne risulta un utile accostamento sia delle loro parallele vicende, sia delle loro specifiche soluzioni architettoniche. Non sono comunque escluse altre informazioni, come quelle relative alla viabilità del marchesato dopo l'acquisizione da parte della Corona di Spagna nel 1602 e in particolare alla ristrutturazione di un tracciato verso l'area subalpina, la strada Beretta, definita "una strada per l'Europa in età moderna", che solo parzialmente ricalca il percorso di età medievale. Sarebbe però stata preferibile una maggiore prudenza negli usi terminologici: indicare il «complesso parrocchiale costituito dalla chiesa di S. Eusebio», con origini altomedievali, come «l'epicentro religioso» del territorio di Perti può suggerire un anacronismo, cioè che di parrocchie si possa parlare in senso proprio anche per l'età più alta. Le sottosezioni sono prevedibilmente preistoria (con cinque lemmi che a loro volta possono rimandare a ulteriori sottolemmi), età romana (con due lemmi), età bizantina (un solo lemma), età medievale e moderna insieme (la sottosezione più corposa, con tredici lemmi).

Appare efficace la soluzione – adottata unicamente nel cd-rom per motivi di ottimizzazione tecnica – di mostrare la collocazione di tutti i siti archeologici e i luoghi menzionati nei testi di ciascuna sottosezione rispetto al territorio attuale del comune di Finale Ligure. Anche se sarebbe necessaria proprio questa precisazione perché non si possa ingenerare l'equivoco che il ritaglio territoriale suggerito dalla carta corrisponda al feudo medievale o moderno. Del resto non è chiarito da quando sia lecito parlare propriamente di feudo – il termine si legge già nella premessa al lavoro – rispetto alla dominazione dei marchesi che si denominano del Carretto o di Finale: una storiografia ormai più che consolidata esorta a distinguere signoria da feudo e a osservare, ad esempio, quando il legame vassallatico abbia essenzialmente funzione di raccordo politico. I promotori della fortificazione sono soprattutto potenti domini territoriali (come è correttamente enunciato), derivanti dall'incrocio tra le stirpi di Arduinici e Aleramici, quei marchesi che hanno ancora qualità di ufficiali del regno e che sono attivi in circoscrizioni ben più estese rispetto ai territori in cui operano i loro discendenti (come sarebbe stato appropriato precisare). Sul piano didattico è rilevante la constatazione che le diverse sottosezioni risultino di consistenza differente: senza un obbligato crescendo di informazioni che provengano dalle ricerche e senza quell'omogeneo sviluppo per fasi che l'erudizione locale – quando deve confrontarsi con vuoti informativi che intende colmare a tutti i costi – tradizionalmente immagina se non per tutta l'Italia, quanto meno per grandi ambiti territoriali.

Al castello sono dedicati dodici lemmi, quasi altrettanti fotogrammi, che ben dimostrano l'evoluzione costante dell'insediamento a partire dagli ultimi decenni del secolo XII, quando si avrebbero le prime notizie scritte relative a una «caminata marchionis Finarii»: è quanto mai opportuno sottolineare una simile evoluzione di fronte a un pubblico e a studenti spesso ancora avvezzi a vedere illustrate nella divulgazione corrente le fortificazioni dei secoli più alti con fotografie di castelli nella loro foggia attuale, di frequente ridisegnata a fine Ottocento a conclusione di ininterrotti rimaneggiamenti. Non è questo comunque il caso di Castel Gavone, che non solo è stato pesantemente ristrutturato nella prima età moderna per iniziativa marchionale e poi nel corso del secolo XVII durante il governo spagnolo, ma che ha infine subito una drastica demolizione da parte di Genova nel 1715. Forse un esplicito richiamo al castrum di Orco, definito «un esempio di castello medievale "embrionario"» nella sezione dedicata al territorio e tuttora conservante «i connotati originari del castello rurale primitivo», avrebbe reso più incisivo il discorso condotto per successive tappe in relazione alla fortificazione fornita della grande torre. E resta la curiosità di comprendere quando si affermi, rispetto al nucleo primitivo, la nuova denominazione del castello dall'altura di Gavone. Della fortificazione è evidenziato soprattutto «l'aspetto residenziale... fin dalle sue origini» sulla base della precoce menzione della caminata, cioè un largo ambiente dotato di camino; perciò è giusta e necessaria l'informazione fornita da una finestra dedicata alla «musica alla corte dei del Carretto». Chi volesse usare a fini didattici il lavoro, e intendesse però sottolineare il carattere plurifunzionale dei castelli e la loro capacità sia di riorganizzare il territorio sia di mettersi in relazione con gli insediamenti circostanti (come la villanuova di Finale, fondata dai marchesi alla fine del secolo XII), dovrebbe fornire sostanziose integrazioni: ad esempio sui diritti che competono a questi domini territoriali, discendenti da ufficiali che esercitavano poteri di qualità pubblica. E' infatti citato senza ulteriori chiarimenti il fodro, l'imposizione in origine destinata al mantenimento dell'esercito regio e ormai così pienamente patrimonializzata da essere venduta nel 1188 agli abitanti della vicina Noli da uno dei marchesi, come informa proprio un atto rogato nella caminata.

Sette sono le finestre della sezione dedicata alla «torre «dei diamanti», che è stata costruita negli ultimi anni del secolo XV sull'impianto di una torre medievale preesistente e che è sopravvissuta allo smantellamento della fortificazione organizzato dalla capitale ligure: in questa sezione in particolare è apprezzabile il moderato ricorso a tecnicismi terminologici nella esauriente descrizione del manufatto.

La corretta e calibrata articolazione del lavoro potrebbe dunque rappresentare un esempio per analoghe iniziative promosse localmente: una migliore sollecitazione e un più stretto coordinamento delle competenze disciplinari dei collaboratori, con ulteriori inserimenti testuali ed emendazioni che il sito web consente, potrebbero rendere questo prodotto uno strumento del tutto valido anche a livello didattico.