Spazio Aperto. Risposte ai lettori di Reti Medievali

a cura del Comitato di Redazione di Reti Medievali

[versione 1.0 - dicembre 2001]

© 2001 -  Comitato di Redazione per "Reti Medievali"
ISSN 1593-2214

 

Queste le prime questioni di rilievo poste da alcuni lettori attraverso l'apposito Libro degli ospiti o i messaggi inviati direttamente alla Redazione di RM <redazione@retimedievali.it>:


Finestre aperte e chiuse

La domanda ci consente di chiarire i criteri editoriali adottati a tale proposito da RM: le soluzioni non sono infatti casuali, ma rispondono a propositi ben definiti.

In primo luogo, chi sfogli le pagine di una sezione di RM (per esempio questa) attraverso la barra verticale dei links posta in alto a sinistra di ogni pagina di RM (compresa questa) resterà sempre  nell'ambito della medesima finestra del browser, salvo quando un collegamento attivo non condurrà all'esterno della sezione; in tal caso - sia che si tratti di una pagina di un'altra sezione di RM, sia che si tratti di una pagina di un altro sito nel web - si aprirà un'altra finestra del browser.

In secondo luogo, chi sfogli le diverse sezioni di RM attraverso la barra orizzontale dei links presente nell'intestazione di tutte le pagine di RM (compresa questa) vedrà aprirsi una finestra del browser ogni volta che uscirà dalla sezione di RM in cui si trova (lo stesso vale per la pagina di Presentazione di RM, ove la barra dei links è verticale). Ogni sezione di RM ha un proprio colore, che è inteso non solo a differenziare intuitivamente l'articolazione di RM, ma anche  a orientare immediatamente il lettore abituale; nondimeno, il passaggio da una sezione all'altra è intenzionalmente rimarcato dall'apertura di una nuova finestra di lettura.

Gli scopi di tale distinzione di massima sono molteplici:
- innanzitutto, il lettore che si muova all'interno di una sezione di RM non viene distratto dall'apertura di  finestre ulteriori, se non quando il suo percorso di lettura lo allontani da essa (circostanza che gli viene, in tal caso, segnalata);
- al lettore che si sposti intenzionalmente da una sezione all'altra di RM è data invece la possibilità di mantenere aperta (sulla cosiddetta "barra delle applicazioni" del browser) la finestra della sezione di partenza, per potervi eventualmente ritornare senza percorsi labirintici;
- allo stesso modo, al lettore che attivi un collegamento all'esterno di RM, è data la medesima possibilità di mantenere aperta almeno una pagina di RM, per poter continuare con agio la propria lettura.

L'opzione di fondo è per una lettura di RM che si soffermi sui contenuti, che ne privilegi la consultazione meditata e con agio, di contro a uno scorrimento veloce e superficiale e al cosidetto 'surfing' di rete. Non abbiamo remore, infatti, a dichiararci apertamente a favore dello slow web.

Il Comitato di redazione di RM
(7 agosto 2000)


Le lingue di RM

Il gradito messaggio europeista dei colleghi di Karlsruhe ci offre l'occasione per rendere più esplicite le scelte assunte da RM in tema di lingue di pubblicazione (in seguito a esso apriremo anche un'apposita pagina esplicativa nella sezione RM Redazione).

Come abbiamo dichiarato nella Presentazione, RM aspira a intervenire nei campi in cui si registrano le novità più interessanti della medievistica italiana e internazionale. Promossa da medievisti italiani, l'impresa prevede di collegare nelle proprie "reti" un numero sempre crescente di colleghi europei e di altri continenti (come testimonia lo stesso messaggio in questione).

Per queste ragioni RM è programmaticamente plurilingue e pubblica testi nelle lingue delle principali storiografie medievistiche: in quella italiana, ma anche in inglese, tedesco, francese e spagnolo, nella convinzione che esse debbano appartenere al patrimonio di conoscenze di ogni buon studioso dell'età di mezzo. Ogni contributo originale è comunque corredato da un abstract in lingua inglese. Fanno eccezione, ovviamente, le fonti, che sono invece editate sempre nella lingua originale.

Solo le parti redazionali di RM (presentazioni generali,  di sezione, di rubrica) sono invece tradotte completamente nelle altre lingue. Al momento, è già disponibile la versione inglese, mentre sono in preparazione le versioni in francese, tedesco e spagnolo.

Il Comitato di redazione di RM
(7 agosto 2000)


Pubblicazioni e citazioni on line

La questione sollevata è di rilievo assoluto per l'editoria scientifica digitale e non riguarda pertanto soltanto RM. L'uso di citare, in pubblicazioni a stampa di carattere scientifico, le cosiddette "risorse" digitali sta cominciando a diffondersi nelle varie comunità di studiosi, non ultima quella dei medievisti. Questo processo segue evidentemente la progressiva pubblicazione on line di studi, testi, edizioni e materiali di qualità e rigore scientifico, per opera di studiosi specialisti.

Al contempo, si stanno affinando anche i criteri di citazione delle pubblicazioni digitali (in senso lato), sui quali si possono intanto consultare i seguenti repertori: Stefania Manzi e Alessandro Corsi, Citare Internet: un repertorio di risorse in rete (2.0), in ESB Forum: recensioni e contributi su cd-rom e altre fonti informative elettroniche, a cura di Riccardo Ridi, 1997, <www.burioni.it/forum/citare.htm> [6 settembre 2000]; ed Elena Boretti, Valutare Internet. La valutazione di fonti di documentazione web, in AIB-WEB Contributi, 2000, <http://www.aib.it/aib/contr/boretti1.htm> [6 settembre 2000]. Per parte sua,  RM si limita a suggerire ai propri lettori - nelle Norme - pochi elementi certi (autore, titolo, sito, url, data di edizione e data di visita), ma sono in fase di messa a punto dei criteri comuni insieme ad altre pubblicazioni medievistiche scientifiche, ai quali daremo a suo tempo il dovuto rilievo.

La domanda di Mammone fa riferimento però anche ad alcune delle caratteristiche sostanziali della scrittura elettronica: la natura aperta del testo, la sua fluidità ed instabilità - quel qualcosa, appunto, avvertito da molti come "suscettibile di variazioni, quasi estemporaneo". Su questi aspetti non c'è evidentemente consenso di posizioni tra gli studiosi (soprattutto tra gli umanisti), la maggior parte dei quali appare sen'altro ancora legata a una nozione di testo chiuso, finito, autoriale, e pertanto interpretabile filologicamente, che la scrittura elettronica e la distribuzione telematica dei testi sta erodendo e minacciando.

Una pratica già diffusa nelle pubblicazioni digitali è quella di procedere per 'versioni' d'autore (datate e distinte): è il caso, in RM, per esempio, del saggio ipertestuale di Pietro Corrao, Un dominio signorile nella Sicilia tardomedievale. I Ventimiglia nel territorio delle Madonie (sec.XIII-XV), giunto alla versione 2.0, (2000), <http://www.rmojs.unina.it/index.php/rm/article/view/230/222>. Non c'è, in questo, nulla di estemporaneo - si noti - bensì l'esplicitazione del percorso di lavoro e l'indicazione di una preservata possibilità di valutazione scientifica dei risultati della ricerca. Su queste questioni, si possono consultare, per una prima ricognizione dei problemi: Raffaele Simone, La Terza Fase. Forme di sapere che stiamo perdendo, Roma-Bari, Laterza, 2000, pp. 97-122; e Andrea Zorzi, Linguaggi in mutamento, in Il documento immateriale. Ricerca storica e nuovi linguaggi, a cura di G. Abbattista e A. Zorzi, "L'Indice dei libri del mese", Dossier n. 4    (maggio 2000), pp. II-III, ora anche all'url <http://lastoria.unipv.it/dossier/zorzi.htm>. Questi temi saranno inoltre tra quelli    affrontati e discussi nel primo workshop nazionale di studi medievali e cultura digitale, Medium Evo. Gli studi medievali e il mutamento digitale, coorganizzato da RM, che si terrà a Firenze il 20-21 giugno 2001.

Il Comitato di redazione di RM
(6 settembre 2000)


Siti professionali e siti amatoriali


Il lettore pone un problema delicato e complesso con cui deve confrontarsi la cultura storica professionale nel momento in cui sperimenta forme di comunicazione telematiche che incidono sulla sua stessa configurazione. La facilità di accesso al web consente infatti a chiunque di proporsi apparentemente come "studioso" o "esperto" e di far circolare le proprie proposte. Ciò significa che in rete circolano sia idee maturate secondo i canoni della "scientificità" disciplinare, sia idee del tutto al di fuori di essa.

Nel ritardo che ha caratterizzato - almeno in Europa - la storia scientifica e professionale rispetto a quella amatoriale nell'utilizzazione della rete come strumento di comunicazione, le voci dilettantistiche hanno colto in pieno l'occasione. Associazioni che celebrano l'anacronismo o le ricostruzioni in costume, singoli eruditi di temi marginali, collezionisti, dilettanti volenterosi ma ignari di ogni consapevolezza metodologica, fino a cultori del "mistero" e della new age, e a pseudo-storici revisionisti dalla forte ambiguità ideologica o dichiaratamente nostalgici, inondano la rete di pagine che condividono la subalternità del contenuto alla forma digitale e ai suoi propri stili, e che - indistintamente - propongono un modello di conoscenza storica incapace di rispondere a esigenze che vadano più in là, nel migliore dei casi, della curiosità occasionale e, nel peggiore, della deriva ideologica e culturale.

Non si tratta di un fatto interamente nuovo: specie nel campo della medievistica, il fascino esercitato da un'epoca lontana e scarsamente comprensibile con i parametri propri del presente ha generato in altri tempi dei modelli di "medioevo immaginario" anche molto diffusi nel gusto e nella cultura comune: si pensi, per esempio, alla cultura neomedievale dell'Ottocento europeo. Ma, appunto, di immaginario si trattava, e compito degli studiosi - oggi come ieri - è stato quello di costruire una conoscenza corretta del "medioevo reale" (si vedano, a questo proposito, le pagine di Medioevo reale, medioevo immaginario, <http://www.medieval-revival.org/italiano/welcome.htm>, un pro-getto divulgativo curato da specialisti che illustra questi fenomeni, o la sezione dedicata alle "Misconceptions about the Middle Ages" da Online Reference Books for Medieval Studies (ORB), uno dei maggiori siti medievistici statunitensi,
<http://orb.rhodes.edu/non_spec/missteps/misindex.html>).

La cultura storica, inoltre, ha uno statuto molto particolare. Essa è da un lato patrimonio di professionisti, spesso molto specializzati, organizzati nell'accademia e in centri di ricerca; dall'altro sembra essere patrimonio di chiunque: tanto che specialisti di altre discipline, dalla medicina alla fisica, ritengono - a volte a ragione - di essere abilitati a trattare della storia della loro disciplina. L'identità di comunità e di gruppi spesso si esplica in un intenso interesse e nella pratica della memoria storica da parte di appassionati. In questi casi, la ricerca e la lettura di storia vengono intese appunto come mero esercizio di memoria, spesso al di fuori di ogni consapevolezza dell'esistenza di uno strumentario di metodi, di un patrimonio di riflessioni, di una tradizione storiografica continuamente rielaborata. Nascono quindi storie locali o disciplinari di qualità spesso bassa, che trascurano ogni riferimento a problemi attuali del dibattito scientifico, e che, soprattutto, non risultano capaci di proporre innovazione. Il loro limite sta soprattutto in questo, non tanto nel localismo o nel provincialismo. Specificamente, per il medioevo, la maggior parte dei siti amatoriali sono centrati su aspetti irrazionalistici, magici e misteriosi. Di grande effetto e fascino sul grande pubblico, ma lontanissimi dal lavoro dei medievisti che hanno profondamente trasformato l'immagine dei cosiddetti "secoli bui", queste iniziative confermano una visione del passato obsoleta, sterile, a volte ambigua.

L'uso di Internet ha dunque esaltato delle tendenze diffuse, fino ad annegare le iniziative scientificamente attendibili in un mare di siti dilettantistici. In questo livellamento, in questa tendenza a negare la professionalità negli studi storici è stato visto talora un merito, anzi forse il merito principale della rete: il fatto che il web possa stravolgere le gerarchie fra accademia e amatori è stato presentato come una sorta di rivoluzione che aprirebbe una strada di democratizzazione della cultura storica (e non), che romperebbe il monopolio accademico (visto come una struttura motivata esclusivamente da relazioni di potere), dando voce e dignità a chi da quel mondo è escluso.

Se queste sono le argomentazioni di chi rivendica la "democratizzazione" della cultura storica attraverso il web, va detto che l'argomento è mal posto: qui non si tratta di accesso alla comunicazione di punti di vista non ortodossi e originali, ma della capacità di costruire tali punti di vista. La conoscenza storica è regolata da norme consolidate nella tradizione, da metodologie riconosciute, da un vivace dibattito di idee, e il suo prodotto è sottoposto al controllo reciproco della comunità degli specialisti. Costoro hanno seguito un percorso di formazione, a volte molto lungo, per giungere a produrre conoscenza, per acquisire gli strumenti che consentano di trasmetterla, con la pratica didattica quotidiana e con la divulgazione; essi sono al corrente degli orientamenti della disciplina e dei dibattiti in corso, dello stato delle fonti, sono in possesso degli strumenti per giudicare l'affidabilità e il valore delle ricerche e delle proposte storiografiche. Sono questi gli elementi professionali che li distinguono dagli amatori.

Un altro mito della rete, propagandato dai mass media in generale, è poi quello che riguarderebbe la sua connaturata dimensione divulgativa, di "uscire dalla cerchia degli specialisti": in base a questo assioma vengono così celebrate iniziative che appaiono non accademiche e non specialistiche e si propongono al largo pubblico. Va però osservato come la divulgazione non sia solamente un problema di comunicazione. Alle sue spalle sta infatti la capacità professionale di produrre contenuti rigorosi, in sintonia con il dibattito scientifico, di carattere innovativo e non ripetitivo di formule e modelli che invecchiano. E di saperli produrre con un linguaggio appropriato. Il contrario, in sostanza di quanto sostengono i cantori del dilettantismo: l'innovazione non può che procedere dalla consapevolezza metodologica, dalla padronanza degli strumenti della ricerca e della riflessione storiografica. Chi ne è sprovvisto è difficilmente in grado di produrre contenuti innovativi e resta subalterno a modelli spesso obsoleti.

Oltre alla valutazione della qualità, la distinzione fra materiali di origine professionale e di alta divulgazione, e materiali amatoriali, sta nella capacità di innovazione, nella produzione di conoscenza storica. La pletora di siti amatoriali di argomento storico non innova infatti minimamente rispetto alla tradizionale storia dei dilettanti. Prodotti e gestiti per lo più da singoli appassionati, a volte essi riproducono le tradizionali pagine di storia municipale, a volte hanno l'ambizione di costituire punti di riferimento su un argomento o su un periodo. Obiettivo delle iniziative di questo genere in rete è quello di costruire reti di comunicazione sempre più vaste fra appassionati, piuttosto che esplorare e utilizzare le capacità di incremento di conoscenza che le tecnologie consentono o possono consentire.

È dunque necessario che i confini fra iniziative di amatori e di professionisti (senza negare in linea di principio la legittimità degli uni e degli altri, ma appunto su piani diversi) siano riconoscibili. Per gli studiosi è infatti un'esigenza ovvia quella di prendere le distanze da siti "medievali" che trattano del "mistero delle rune", o da quelli "neogotici", o da quelli che perpetuano vecchi luoghi comuni condendoli con qualche ricerca locale. Un'iniziativa come RM, per esempio, fissa con rigore i confini della qualità, attraverso il riconoscimento che i suoi collaboratori ricevono nella comunità dei medievisti e la selezione dei materiali pubblicati in base ai parametri comunemente adottati nella comunità scientifica. Da ciò discende la scelta di instaurare rapporti diretti e organici solamente con iniziative che abbiano analoga qualificazione e che siano riconoscibili per la loro provenienza da ambiti dei quali sia possibile verificare e valutare il rigore.

Conclusione di queste brevi note può essere che, come in passato e più che in passato, esistono nella storia in rete livelli e ambiti differenti e l'importante è che ci sia chiarezza sulla loro distinzione, in base alla qualità e all'affidabilità. Non è detto, infatti, che non possano darsi siti amatoriali che propongono conoscenze organizzate e strutturate secondo canoni comuni al mondo degli studi medievistici professionali (è un esempio, in proposito, il sito Duecento: la poesia italiana dalle origini a Dante,<http://www.silab.it/frox/200/pwhomita.htm>). Non si tratta quindi di rivendicare monopoli, né di entrare in concorrenza fra dilettanti e professionisti. Ci sono semmai da esplicitare criteri e obiettivi della valutazione, riconoscere la qualità e l'autorevolezza, evitare che l'"offerta" indistinta di storia e di medioevo affoghi la qualità e l'innovazione, che la superficialità e la mancanza di rigore e di originalità immiseriscano la cultura storica del pubblico cui ci si rivolge.

Non è possibile, naturalmente, esaurire un argomento di questo peso nelle poche righe di Spazio Aperto. Rimane per esempio fuori da queste note il problema della necessaria trasformazione indotta negli studi medievali dall'irruzione del digitale e della telematica, per il quale si segnalano i materiali prodotti nel I workshop nazionale di studi medievali e cultura digitale, Medium-evo. Gli studi medievali e il mutamento digitale (Firenze, 21-22 giugno 2001),
<http://www.storia.unifi.it/_PIM/medium-evo>.

Si rimandano però gli interessati ad alcuni contributi recentemente apparsi sul tema, contenenti ampie indicazioni biblio e webliografiche:
- G. Abbattista, Dalla tipologia alla gerarchia. Idee per una valutazione delle risorse telematiche per gli studi storici, in Cultura comunicazione tecnologica, Ed.Vetta., Trieste, 1998, pp. 19-34;
- G. Abbattista, La valutazione/selezione delle risorse telematiche per gli studi umanistici, in Il documento immateriale. Ricerca storica e nuovi linguaggi, a cura di G. Abbattista e A. Zorzi, in "L'Indice dei libri del mese", Dossier n. 4 (maggio 2000), ora anche on line: <http://lastoria.unipv.it/dossier/abbattista.htm>;
- E. Boretti, Valutare Internet. La valutazione di fonti di documentazione web, in AIB-WEB Contributi, 2000, <http://www.aib.it/aib/contr/boretti1.htm>;
- P. Corrao, Storia nella rete, storia con la rete, in "Nuove Effemeridi. Rassegna trimestrale di cultura", a.XIII, n.51, 2000/III, pp.53-60, ora anche on line: <http://www.unipa.it/~pcorrao/nefftxt.htm>;
- A. Zorzi, Comunicazione del sapere ed editoria digitale: problemi e prospettive per gli studi medievali, in Medioevo in rete tra ricerca e didattica, atti del seminario di studi (Parma, 24 gennaio 2001), in corso di stampa, ma già disponibile on line: <http://www.dssg.unifi.it/_pim/aim/editoria.htm>;
- e i molti materiali prodotti in occasione del II workshop su studi storici e biblioteche digitali, dedicato a La valutazione delle risorse digitali: biblioteche ibride e studi storici (Firenze, 31 maggio - 1 giugno 2001), <http://www.dssg.unifi.it/_storinforma/Ws/biblio/ws-biblio-materiali.htm>.

Il Comitato di redazione di RM
(2 ottobre 2001)

©   2000
Reti Medievali