Marco Viscardi

Un posto al sole: la scrittura del quotidiano televisivo.
Intervista con Paolo Terracciano

mv A corredo di una riflessione teorica sulle forme del quotidiano nella narrativa e nelle arti in genere, abbiamo chiesto a Paolo Terracciano, Head Writer di Un posto al sole, di aiutarci a capire meglio come si racconta una lunga serialità.
Una delle ragioni del successo di 
Un posto al sole è sicuramente legata ai suoi personaggi, ma come è creato e sviluppato un personaggio? In che modo il suo ruolo nel processo narrativo influenza la sua creazione e il suo sviluppo?

pt Prima di rispondere alla domanda, vorrei chiarire subito qual è la ‘catena di montaggio’ che sta dietro la scrittura di Un posto al sole. Il nostro è soprattutto un lavoro d’équipe. C’è un primo gruppo di autori che elabora il soggetto della puntata, una sorta di sceneggiatura non dialogata, che poi viene passata – appunto come in un meccanismo di catena di montaggio – al gruppo che si occupa di story editing e poi a quello che cura lo story writing. Tornando alla domanda, nella composizione di Un posto al sole, il baricentro restano i personaggi principali, quelli che appaiono durante la sigla per capirci. Dai protagonisti si parte anche per decidere l’ingresso di un nuovo personaggio che, in generale, permette di sviluppare una nuova linea narrativa o di accrescere quella legata ad un personaggio. Ad esempio, abbiamo pensato ad Alex come nuovo love interest per Guido perché ci piaceva vedere questo personaggio, che si era a lungo vantato di non essersi mai innamorato, alle prese con una ragazza molto diversa dal modello di femme fatale rappresentato da Anita, che era stato il suo primo vero innamoramento. C’è da aggiungere che, in genere, cominciamo a scrivere la storia dei nuovi personaggi prima di aver visto chi dovrà poi interpretarli e non è detto che l’incontro con gli attori non ci faccia modificare il carattere del loro personaggio.

mv Un po’ di domande tecniche a raffica ora: la serie viene scritta secondo modelli standard predefiniti? Come si delineano, nel flusso degli eventi, le unità compositive di un singolo episodio e come un episodio si posiziona in un arco narrativo? Normalmente, quanto tempo richiede la scrittura di un episodio? Quante persone ci lavorano e quante stanno dietro a una story line? Come si crea l’arco narrativo di una stagione? Quanto lavoro preliminare è richiesto?

pt Direi che l’unità di misura di una serie come Un posto al sole sono le cinque puntate della settimana e che tutto sommato possiamo dire di realizzare una puntata al giorno, secondo il meccanismo della catena di montaggio che spiegavo prima. Il gruppo che presiedo si vede il lunedì e immagina lo svolgimento delle differenti trame fino al venerdì, poi il lavoro viene passato alla parte che si occupa dell’editing e dello story writing. Ovviamente nessuna idea, nessuno spunto è scritto sulla pietra e bisogna immaginare il nostro come un lavoro fluido in cui l’impostazione iniziale si può modificare strada facendo e diventare altro dal punto di partenza.

mv Come vengono bilanciati i riempitivi e le svolte nell’azione? E come viene resa la verosimiglianza nella costruzione delle storie e delle trame? All’interno dello spazio narrativo di una lunga serialità, sono più importanti i punti di svolta, che permettono alla trama di andare avanti, o i momenti descrittivi e ‘lirici’ che permettono allo spettatore di familiarizzare con le situazioni della serie e scandiscono la regolarità del progresso della storia?

pt Più che alternanza fra storie della quotidianità e svolte romanzesche ci sono personaggi che appartengono al mondo del racconto realista, quasi si potrebbe dire del novel e altri che virano più decisamente verso la soap. Renato e Raffaele incarnano un certo spirito della commedia, tipico della napoletanità, mentre Roberto Ferri e Marina hanno esistenze più romanzesche, caratterizzate dall’intreccio fra intrighi amorosi ed economici. Ci sono poi personaggi intermedi che, pur restando ancorati alla loro quotidianità, ci permettono di esplorare situazioni e contesti problematici. Succede ad esempio con Franco e con Michele: di entrambi seguiamo le vicende familiari, il rapporto con moglie, figlia e suoceri, ma li seguiamo anche fuori dalle mura domestiche, a contatto con contesti sociali difficili, particolarmente Franco, e grazie al suo lavoro in radio, Michele possiamo seguirlo anche nelle inchieste sociali che conduce. Un caso analogo è quello di Giulia: lo spettatore alterna le vicende private del personaggio col suo impegno nel centro per le donne.

mv In relazione all’attualità, ci chiediamo: che relazione esiste fra gli eventi raccontati nella serie e l’attualità? Dal punto di vista tecnico, come è possibile progettare la scrittura di una serie in relazione al continuo cambiare degli eventi e delle circostanze? Come è rappresentata la vita quotidiana in relazione ai fatti e alle istanze sociali? Infine, come si fa a tutelare la coerenza interna della narrazione rispetto alle sollecitazioni extra-testuali?

pt Il racconto della quotidianità, anche attraverso quello che Roland Barthes definiva effetti di realtà, ci risulta sostanzialmente facile a partire dal calendario. Sappiamo quando andranno in onda le singole puntata e così riusciamo a far coincidere il tempo della trama di finzione con quello degli spettatori: così i personaggi di Un posto al sole non solofesteggiano il Natale assieme agli spettatori, ma condividono anche altri grandi eventi come i Mondiali di calcio o momenti importanti dell’anno come il periodo degli esami, l’inizio delle vacanze etc. Più in generale però, è il tempo che scorre a dare il senso della quotidianità: le vite che si evolvono anno per anno, la generazione dei figli che cresce mentre quella dei protagonisti storici invecchia un pochino di più.

mv Dopo 23 anni di vita, Un posto al sole non è solo un prodotto televisivo di grande successo, ma ha creato attorno a sé una vera e propria comunità, composta di persone molto diverse fra loro. Una comunità che a volte si è divisa sul alcune delle vostre linee narrative, specie quelle che analizzavano problemi come l’inclusione sociale e il razzismo.

pt Sì, Un posto al sole ha creato nell’arco di questi 23 anni una comunità ampia e diversificata di spettatori. Se fino a qualche anno fa il feedback era limitato alle lettere, ora la presenza dei social ha reso quotidiano il riscontro del pubblico. Nel DNA stesso di Un posto al sole c’è l’attenzione per le tematiche sociali, e questo denuncia anche l’origine anglosassone della serie. Un’attenzione per il sociale che Rai 3 ha accolto e incoraggiato nell’arco degli anni. A volte è capitato che proprio nei giorni in cui ci occupavamo di determinate questioni, la cronaca cittadina o nazionale si occupava di casi analoghi. Ricordo che qualche anno fa, la puntata in cui Angela comprava esami all’università andò in onda proprio il giorno in cui la stampa cittadina si stava occupando di uno scandalo simile scoppiato alla Federico II… Certo, affrontare temi della più stretta attualità non è una cosa semplice e a volte è divisivo. Specialmente negli ultimi temi, riceviamo critiche e altri segni di dissenso ma continuiamo nel nostro lavoro, sempre cercando di rappresentare più punti di vista sulle questioni che affrontiamo.

mv In cosa consiste per te lo stile di Un posto al sole?

pt Non saprei rispondere bene alla questione dello stile… ma se ti dovessi dire istintivamente, Un posto al sole si identifica con la città di Napoli. Lo stile non può prescindere dalla città e non solo per il racconto visivo, che è importantissimo nell’economia della nostra serie, ma soprattutto per il ‘tono’ di questa città, per l’alternarsi di commedia e filosofia del vivere. Ecco, direi che è il modo napoletano di affrontare le difficoltà del quotidiano a costituire lo stile di Un posto al sole: il nostro sforzo – tanto dei colleghi napoletani quanto dei tanti che napoletani non sono – è quello di restituire al pubblico una città piena di contraddizioni e spaccature, ma per questo piena di differenti sapori di cui tentiamo di fare un racconto vero.