Editorial/Introduzione

  • Marta Cariello Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi di Napoli Federico II
  • Iain Chambers Università Orientale di Napoli

Abstract

Il Mediterraneo è un’entità spettrale per la “Modernità” europea; è il suo rovescio irrazionale che porta con sé il disordine, la violazione dei confini, i fantasmi del colonialismo e un richiamo perturbante a un’antichità mitica e gloriosa. Questa complessa figurazione culturale, a lungo relegata dalla narrazione della Modernità a fantasie romantiche e orientaliste di opulenza e irrazionalità, oppure a esempi riprovevoli di corruzione e arretratezza, è recentemente divenuta il fulcro molto visibile e inevitabile dell’attenzione e dell’azione politica, con le strategie militari, umanitarie e culturali di securitizzazione messe in atto lungo i confini europei a fronte della crescente pressione delle migrazioni e dei conflitti disseminati nel Medio Oriente.

Le tragedie che oggi si consumano nelle acque del Mediterraneo e il concomitante riassestamento delle politiche sociali e culturali in Europa richiedono una discussione urgente sugli usi e sui significati delle “crisi umanitarie”, sulle (connesse) politiche identitarie, limitate e restrittive, prodotte dal nazionalismo moderno, e sulla stessa politica identitaria europea. Leggere lo spazio mediterraneo come una molteplicità di “località composite”, riconoscendo allo stesso tempo che esso “esemplifica gli schemi globali di incontro condiviso, colonialismo e ambizione imperiale” (Chambers), significa occuparsi dei diversi livelli di riflessione politica e culturale necessari per aprire il campo all’instabilità delle visioni critiche. Arjun Appadurai, di cui parafrasiamo per questo numero della rivista il titolo del saggio Modernità in polvere, parla dell’insostenibilità delle narrazioni nazionali, sostituite da ciò che lo studioso chiama “sfere pubbliche diasporiche”. È questo uno dei possibili modi di pensare oggi il Mediterraneo: uno spazio dell’immaginario in cui le diaspore hanno creato e creano narrazioni multiple di appartenenza culturale e di identità politiche, radicate in una mappa di incontri condivisi e violenza coloniale.

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Pubblicato
2016-07-21