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V. 6 N. 2 (2016)
E’ online il nuovo numero aperto (6, 2/2016), con contributi di: Ilaria Biano, Valentina Dafne De Vita, Vincenzo Di Mino, Annalisa Furia, Andrea Marchili, Leonard Mazzone, Andrea Polegato, Alessandro Simonicini.
The new open issue (6, 2/2016) with contributions by: Ilaria Biano, Valentina Dafne De Vita, Vincenzo Di Mino, Annalisa Furia, Andrea Marchili, Leonard Mazzone, Andrea Polegato, Alessandro Simonicini.
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Mediterraneo in polvere / Mediterranean at LargeV. 5 N. 1 (2016)
E’online il nuovo numero monografico (5, 1/2016) intitolato “Mediterraneo in polvere/Mediterranean at Large“, a cura di Marta Cariello e Iain Chambers. Il numero è articolato in due parti e ospita i contributi di:
Parte I “Politiche, confini, conflitti/Politics, Borders, Conflicts”: Luigi Cazzato, Antonio Iodice, Caterina Miele, Norbert Bugeja.
Parte II “Visioni, narrazioni, sconfinamenti/Visions, Narratives, Trespassings”: Simos Zeniou, Aneta Lipska, Robert Watson, Michele Claudio D. Masciopinto, Elisabetta Serafini, Silvana Carotenuto, Victoria Team.
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“80s & 90s (per una mappa di concetti, pratiche e pensatori politici)”V. 4 N. 2 (2015)Il presente numero di Politics. Rivista di Studi Politici (2/2015) è la seconda parte di un numero “doppio” dedicato al tema «80s & 90s. Per una mappa di concetti, pratiche e pensatori politici». Sebbene concepito, appunto, come numero doppio, si è comunque deciso di dividere i dieci articoli ospitati in due numeri indipendenti, eppure complementari: nel numero 3 (1/2015) sono stati raccolti gli studi che potremmo definire “di Area”; mentre nel numero 4 (2/2015) quelli più chiaramente riconducibili a un orizzonte di “‘teoria politica”. Il risultato finale è una «mappa» ancora parziale e più ricca di vuoti che di pieni, ma comunque una mappa, quindi un possibile punto di partenza per orientarsi all’interno di uno spazio storiografico ancora poco frequentato e ancor meno concettualizzato. Per un’introduzione ai due numeri si rinvia alle pagine dei curatori – Cristina Cassina, Michele Filippini e Diego Lazzarich – pubblicate in apertura al numero 3 (1/2015).
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“80s & 90s. Per una mappa di concetti, pratiche e pensatori politici”V. 3 N. 1 (2015)
Raramente nella storia si trovano eventi più paradigmatici e dallo straordinario valore simbolico quale la caduta del Muro di Berlino. Nel 1989 prese avvio, mattone dopo mattone, lo smantellamento di un confine materiale e simbolico tra due diverse visioni antagonistiche del mondo: da una parte, gli U.S.A. e il blocco occidentale ispirato ai valori liberali e a un regime economico di libero mercato; dall’altra, l’U.R.S.S. e il blocco filo-sovietico ispirato ai valori del socialismo e a un regime economico anticapitalistico.
Con la fine del mondo bipolare, egemonizzato dalle due super-potenze, cambia radicalmente lo scenario storico-politico. Alla fine della lunga epoca di contrapposizione ideologica si accompagna il sorgere di nuove pratiche, teorie, soggetti, discorsi, culture, nonché nuove prospettive istituzionali, alleanze internazionali e territori da controllare. Tutti questi fattori lentamente si affermano cambiando significativamente la forma e la composizione dello spazio politico.
Oggi possiamo dire che la maggior parte degli scenari teorico-politici delineati subito dopo la fine della Guerra Fredda si sono rivelati affrettati, perché ancora eccessivamente condizionati dalle categorie politiche o dal fervore ideologico dei decenni precedenti. Obiettivo del presente numero di Politics. Rivista di Studi Politici è quello di gettare uno sguardo sul decennio precedente e su quello successivo al 1989, approfittando del maggior distacco storico che il tempo trascorso ha posto tra noi e quegli eventi.
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La guerra dopo la guerra. Riflessioni sull’eredità della Prima guerra mondialeV. 2 N. 2 (2014)Il 28 luglio 1914, in Europa prese avvio ufficialmente uno scontro armato destinato a cambiare per sempre il futuro del mondo, nonché il concetto stesso di guerra.
Iniziata in modo circoscritto, in pochi giorni la guerra si estese rapidamente fino a coinvolgere 28 Paesi ed ampliare il proprio raggio d’azione a quasi tutto il mondo. Alla fine delle ostilità, l’11 novembre 1918, il conflitto si sarebbe mostrato agli storici in tutte le sue dimensioni di “grande guerra”, lasciando sul campo circa 8 milioni di vittime e 20 milioni di feriti tra i militari, nonché circa 7 milioni di civili morti per azioni militari o per le conseguenze.
Mai nel corso della storia un conflitto armato aveva provocato tanta morte e distruzione in così poco tempo. Dallo sviluppo di nuove e più distruttive tecnologie belliche, all’applicazione di una nuova capacità organizzativa mobilitante che trasformò, come osservò Ernst Jünger, la guerra da parziale a totale, tutto nella Prima guerra mondiale contribuì a determinare un evento senza precedenti destinato – come hanno sottolineato storici quali George L. Mosse e Antonio Gibelli – a modificare profondamente il panorama culturale, politico e mentale dell’Europa novecentesca.
A 100 anni di distanza dall’inizio della Prima guerra mondiale, Politics intende ricordare quel tragico momento della storia mondiale in modo ‘indiretto’ ovvero raccogliendo riflessioni che lascino emergere come la Grande guerra abbia influenzato la produzione del pensiero politico negli anni successivi; di come, in pratica, l’eco della guerra abbia condizionato in maniera sostanziale le più svariate riflessioni politiche degli anni e decenni successivi. -
Innovare la PoliticaV. 1 N. 1 (2014)Negli ultimi due decenni il susseguirsi di crisi economiche e finanziarie ha posto al centro del dibattito internazionale i limiti della politica di fronte alle crisi del sistema capitalistico. La crescente finanziarizzazione dell’economia e le forti capacità di influenza degli attori economici globali sui processi decisionali (dentro e fra gli Stati), ripropongono, inoltre, incessantemente il problema del complesso rapporto tra politica ed economia in questa fase storica. Un rapporto reso ancor più complesso dalla capillare affermazione del sapere economico (il suo lessico, i suoi valori, i suoi principi ordinativi, ma anche le sue istituzioni) quale consolidato sapere di governo e del governo. Tutti questi elementi mostrano il quadro di un’evidente crisi della politica, della sua afasia, della sua incapacità di produrre un linguaggio originale, una visione, un progetto differente rispetto a quello espresso dal discorso economico. Il discorso politico, pur dotato di una propria grammatica e articolazione, appare smarrito, privo di una sua identità, incapace di esprimersi compiutamente e di comprendere il proprio ruolo. In altri termini, se la politica ha preteso di essere il limite alla spinta illimitata dell’economia, e quindi di rappresentare il principio di ordine che separa il privato dal pubblico e il sociale dal politico, oggi è l’economia a rappresentarsi come un limite ineludibile della politica.