Negli ultimi due decenni il susseguirsi di crisi economiche e finanziarie ha posto al centro del dibattito internazionale i limiti della politica di fronte alle crisi del sistema capitalistico. La crescente finanziarizzazione dell’economia e le forti capacità di influenza degli attori economici globali sui processi decisionali (dentro e fra gli Stati), ripropongono, inoltre, incessantemente il problema del complesso rapporto tra politica ed economia in questa fase storica. Un rapporto reso ancor più complesso dalla capillare affermazione del sapere economico (il suo lessico, i suoi valori, i suoi principi ordinativi, ma anche le sue istituzioni) quale consolidato sapere di governo e del governo. Tutti questi elementi mostrano il quadro di un’evidente crisi della politica, della sua afasia, della sua incapacità di produrre un linguaggio originale, una visione, un progetto differente rispetto a quello espresso dal discorso economico. Il discorso politico, pur dotato di una propria grammatica e articolazione, appare smarrito, privo di una sua identità, incapace di esprimersi compiutamente e di comprendere il proprio ruolo. In altri termini, se la politica ha preteso di essere il limite alla spinta illimitata dell’economia, e quindi di rappresentare il principio di ordine che separa il privato dal pubblico e il sociale dal politico, oggi è l’economia a rappresentarsi come un limite ineludibile della politica.
Pubblicato: 2015-12-05

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