Il più antico 'processo' longobardo: per una rilettura

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Luca Loschiavo
https://orcid.org/0000-0002-5251-8974

Abstract

Tra gli storici giuristi è ancora assai diffusa l’idea di una tradizione giuridica unitaria (ancestrale) condivisa tra i vari popoli germanici (il diritto germanico) nel momento in cui si affacciavano alle frontiere dell’impero romano. Anche i Longobardi sarebbero entrati in Italia seguendo tale diritto che avrebbe avuto caratteri nettamente contrastanti con quelli propri del diritto romano. Tra gli aspetti più caratteristici vi sarebbe stato il modo di risolvere le liti. Ancora l’Editto di Rotari rifletterebbe un procedimento modellato per conseguire principalmente l’obiettivo di evitare le faide tra clan e poco o nulla indirizzato all’accertamento dei fatti e all’attribuzione delle responsabilità che era invece tipico delle procedure romane. Il momento probatorio, in particolare, sarebbe stato incentrato su procedure di tipo ordalico che lasciavano al giudice un ruolo ben limitato nella decisione della controversia. La non corrispondenza di tale modello con le (peraltro esigue) risultanze della prassi ha perciò indotto taluno a ritenere scarsamente attendibile la legislazione rotariana ai fini di una veridica ricostruzione dell’amministrazione della giustizia nel regno. Il presente saggio propone una rilettura delle norme del primo editto longobardo dalla quale emerge un quadro differente in cui lo spazio per un reale accertamento dei fatti da parte del giudice era tutt’altro che insignificante anche nel più antico processo longobardo e il modello procedurale adottato nell’Italia Longobarda non si allontanava troppo da quello tipico della giustizia tardo-romana come veniva applicata in contesti provinciali.

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Saggi