Il teatro come rifugio

Riflessioni sull’esilio nell’esperienza teatrale di Wajdi Mouawad

  • Ilaria Lepore Sapienza Università di Roma
Parole chiave: Teatro, esilio, memoria, comunità, movimento

Abstract

Il teatro di Wajdi Mouawad, drammaturgo, attore, regista e direttore artistico del Théâtre de la Colline di Parigi dal 2016, può essere considerato nella sua interezza una riflessione sulla condizione storica e simbolica dell’esule, dal punto visto identitario come da quello linguistico. Nato in Libano, emigrato in Francia all’età di 10 anni, nel 1978, in seguito alla guerra civile, di nuovo esule in Canada, Mouawad nutre la sua scrittura e il suo teatro della sua storia individuale, una storia di erranza. È un teatro, il suo, metà autobiografico, metà documentario, che si definisce “au croisement des cultures” e che tematizza, nell’intenzione di proporre una moderna epopea dell’esilio, l’incontro tra lingue, culture e miti, attraverso l’elaborazione delle esperienze “traumatiche” legate al senso di déracinement, al sentimento di perdita, di lacerazione identitaria, sempre orientate ad una prospettiva storica collettiva. L’intenzione di questo articolo è di ragionare sul teatro di Wajdi Mouawad (in particolare, a partire dalla tetralogia, Le Sang des promesses, composta da LittoralIncendies, Forêts e Ciels) in quanto teatro del “decentramento” sia dal punto di vista della scrittura drammatica, che mette in scena l’“alterità” come fonte primaria del riconoscimento identitario, attraverso un mescolarsi di geografie, di lingue e di spazi complessi, sia dal punto di vista della pratica artistica – e politica, in un certo senso – che si manifesta nel progetto di fare del Théâtre de la Colline, uno dei cinque teatri nazionali francesi, un vero e proprio théâtre-monde, un lieu des diasporas che accoglie, da anni, “des spectacles présentés en langue étrangère surtitrés […] dans un projet qui prône l’hospitalité, ouvert aux diversité è la jeunesse”.

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Biografia dell'Autore

Ilaria Lepore, Sapienza Università di Roma

Ilaria Lepore è attualmente ricercatrice (RTD-A) presso il Dipartimento di Lettere e Culture Moderne dell’Università La Sapienza di Roma, per il settore L-ART/05. È stata ricercatrice (incaricata dal Ministère de la Culture) presso Centre de Musique Baroque de Versailles (CMBV). È stata docente a contratto di Letteratura Francese presso l’Università di Salerno. Ha conseguito nel 2017 un dottorato in Musica e Spettacolo presso La Sapienza (Roma) in cotutela con Sorbonne, Université de Paris, sotto la direzione di Mara Fazio e Pierre Frantz. I suoi ambiti di ricerca sono essenzialmente la storia del teatro del XVIII secolo, con particolare attenzione allo studio dei sistemi di produzione culturale della prima modernità e all’evoluzione e ibridazione dei generi teatrali. Si è occupata anche delle forme di letteratura dette “fattuali” (generi autobiografici, memorie, scritture in prima persona, corrispondenza ecc.) implicate nel linguaggio teatrale dal Settecento all’epoca contemporanea. Ha pubblicato una monografia, Marc-Antoine Legrand e il teatro polemico nella Parigi di primo Settecento (Lithos editore, Roma, 2019, pp. 286), e diversi articoli (in italiano, francese e inglese) sulla drammaturgia e l’analisi dello spettacolo, dal Settecento all’epoca contemporanea, con particolare attenzione alla questione dell’autorialità, alle teorie della recitazione e alle pratiche di ricezione dell’evento spettacolare, coniugando approccio storiografico, socio-critico ed estetico.

Pubblicato
2023-12-15
Come citare
LeporeI. (2023). Il teatro come rifugio. SigMa - Rivista Di Letterature Comparate, Teatro E Arti Dello Spettacolo, (7), 47-73. https://doi.org/10.6093/sigma.v0i7.10511