“Invenzione d’echi, invenzione di futuro”. Il coro tra regia e pedagogia in Orazio Costa
Abstract
La convergenza di istanze registiche e pedagogiche è una costante della ricerca di Orazio Costa. La vocazione al coro fu suggerita dall’incontro con le chœur parlé di Madeleine Renaud-Thévenet nel 1937 e fu esaltata dalle esperienze di regia al teatro di Siracusa. Essa si è annunciata presto sulla scena, marcando alcuni degli allestimenti più significativi del Costa regista a “spettacolo unico”. Ma è negli anni Ottanta che Costa concepisce regie con un impianto integralmente corale, in cui la teatralità dello spazio del coro si rivela prepotentemente, e insieme introduce una prospettiva corale nella pratica pedagogica. Per Costa, il coro preserva la dimensione partecipata del rito con la sua capacità di rinnovare il contatto tra locutore e uditorio, di fare della scena una visione pulsante, sempre rinnovata. Condensando tutte le forme dell’espressione, esso si configura, inoltre, come esperienza basilare per l’attività di formazione dell’attore. Nel coro si realizza, infatti, l’apertura alla polifonia, alla moltiplicazione delle variabili della voce, innescando un clima d’invenzione che “ridarà dignità alla libera monodia, perché ne avrà colto la disponibilità a esplodere in polifonia”.
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