Il coro dell’opera barocca sulla scena contemporanea: problemi formali e soluzioni registiche
Abstract
Quando pensiamo alla coralità nell’opera in musica della tradizione italiana, vengono subito alla mente le imponenti masse corali del melodramma ottocentesco, capaci di suscitare nello spettatore un impatto emotivo forte, ma la cui rilevanza nell’economia complessiva dell’azione drammatica è il più delle volte piuttosto marginale e secondaria. Al contrario, nell’opera cosiddetta ‘delle origini’ il coro e la coralità rivestono una importanza fondamentale non solo sul piano scenico e musicale, ma anche nella costruzione drammaturgica. La mancanza di una trasmissione diretta delle tradizioni e delle consuetudini rappresentative dei melodrammi del primo Seicento, come pure l’instabilità dello statuto dei testi musicali che li conservano, pongono delle criticità operative per i registi che debbano oggi confrontarsi con la loro messinscena. Questo contributo si propone di indagare tali criticità con particolare riferimento all’Orfeo (1607) di Claudio Monteverdi con libretto di Alessandro Striggi, attraverso l’analisi di due produzioni che risultano significative di diversi approcci al testo di partenza e, più in generale, di differenti tendenze della regìa d’opera contemporanea.
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