Raccontare e governare il tempo: Agnès Varda, Terence Davies, Alina Marazzi
Abstract
Ritagliare, recuperare, assemblare immagini (in pellicola oppure digitali; fotografie) è un’operazione sempre più frequente e che dà vita, nell’audiovisivo contemporaneo, a testi dalla natura ibrida. Testi sospesi tra la dimensione del documentario e quella della finzione, che si muovono a cavallo tra più generi e i cui finali, per forza di cose, possono tanto confermare quanto disattendere i codici previsti dal genere a cui prioritariamente appartengono.
Un’operazione di questo tipo che senso ha? Che senso dà al passato? E al presente? Il montaggio è lavoro sul tempo. Nel caso di immagini preesistenti, riutilizzate per comporre un testo altro, il montaggio e la messa in sequenza narrativa sono entrambe operazioni che appaiono guidate dal desiderio di mettere in ordine frammenti di vita; e a volte di mettere ordine, attraverso il passato, nel proprio presente. Seguendo questa traiettoria, il lavoro di registi di generazioni diverse come Agnès Varda (1928), Terence Davies (1945) e Alina Marazzi (1964) apre spesso la dimensione audiovisiva a un discorso sul tempo che si fa interrogazione del proprio vissuto, ricerca di un’origine che illumini il senso di una fine.
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