Il referto di un’ordinaria stortura. La semantica dei tempi verbali nel “Reverendo” di Verga
Abstract
Il contributo si propone di analizzare Il Reverendo (Novelle rusticane, 1883) per mostrare con quali procedimenti Verga riesca a rendere ordinario per il lettore il racconto di una quotidianità abnorme, a far coincidere perversione e normalità. Grazie a un’attenta disamina dell’ingegneria dei tempi verbali si è giunti a tre conclusioni: l’imperfetto, tempo dell’ordinarietà, è prediletto nella cronaca delle nefandezze del Reverendo, che non sembrano troppo sorprendere il ‘coro’ che le commenta. Il trapassato prossimo viene spesso impiegato per evitare l’uso del passato remoto. A quest’ultimo, le poche volte che appare, è attribuita una precisa funzione segnaletica: infatti, le sezioni della novella dove compaiono i passati remoti corrispondono ai momenti in cui personaggi diversi, portatori di un’etica altra rispetto a quella del protagonista, evocano una norma religiosa, un codice morale che dovrebbe essere (e non è) universalmente condiviso.
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