“Standing, by the Wall”. La Berlino di David Bowie: da Christopher Isherwood al Thin White Duke
Abstract
È dal Bowie uomo di teatro che è opportuno prendere il via per parlare della Berlino bowiana, a partire dalla creazione nel 1975 di una delle sue maschere più note, ossia il Thin White Duke sino alla sua successiva evoluzione nel protagonista al centro delle narrazioni berlinesi. Sarà il suo desiderio di prendere le distanze rispetto alla condotta autodistruttiva che aveva caratterizzato la sua permanenza in America a metà anni Settanta e soprattutto la lettura di Christopher Isherwoood, con le sue affascinanti descrizioni della Berlino prebellica a spingere Bowie a trasferirvisi nel 1976. Nel più celebre dei romanzi di Isherwood Addio a Berlino l’autore ci regala in realtà l’istantanea di un mondo sull’orlo di un precipizio, che tristemente presagisce l’orrore sottostante: sono gli ultimi respiri di una società tedesca che di lì a poco sarebbe stata spazzata via dal vento del totalitarismo e della Seconda guerra mondiale. Berlino è lo spazio ideale per le enunciazioni e invenzioni sonore di almeno due dei tre capolavori della trilogia Low, Heroes (entrambi del 1977), si trattava infatti di una città fratturata, come lo era del resto il Bowie di questo periodo. Un dato molto interessante che accomuna soprattutto Low e Heroes è la concezione di ciascuno di questi due albumi con due lati o facciate ben distinte, ossia un Lato A caratterizzato dalla presenza di brani cantati e un lato B fatto di strumentali che sembrano porte d’accesso a mondi altri. Se Bowie è l’autore della sintesi simultanea di opposti – maschile/femminile, avanguardia/successo di massa, vita/morte – l’album stesso diventa in questo senso metafora del muro stesso, di due mondi, di due modalità di vedere e pensare il mondo che esso sembra apparentemente dividere e che tuttavia non è possibile non mettere in rapporto.
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