Pavese e Proust. Due sciamani del Tempo
Abstract
Il saggio appronta un confronto tra due grandi autori della letteratura del Novecento, Cesare Pavese e Marcel Proust, tentando di evidenziare i dispositivi narrativi legati alla memoria, alla gioia del ricordare e all’atemporale evocati dalla coscienza e dal racconto, rintracciabili in Feria d’agosto e nella Recherche. Sebbene la teoria proustiana possa considerarsi convergente ma al più distante da quella pavesiana, l'individuazione di analogie potrebbe propiziare una riflessione su aspetti di entrambi gli autori che senza essere accostati rimarrebbero inesplorati. In tal modo, concepire i due scrittori come luci interpretative aggettanti l’una sull’altra in vista dell’emersione di un substrato comune, soprattutto quello della memoria, dell'eterno e del mito, si mostrerà essere un’ipotesi fondata. Il saggio tenta dunque un’analisi di alcuni racconti dell’opera pavesiana del ’46 facendo emergere somiglianze con alcuni passi proustiani. Benché i due scrittori facciano riferimento agli stessi meccanismi, la vocazione è certamente diversa, ma ad accomunarli è senz’altro una fortissima aspirazione a un fuori dal tempo, ovvero il ricorso a forze letterarie che facciano approdare a una prospettiva originaria e cosmica.