Il culto dell’immagine: ragione e religione in “Babylon” di Viktor Pelevin
Abstract
In Babylon di Viktor Pelevin (1999) il ritorno di elementi dell’immaginario religioso antico costituisce l’impalcatura figurale centrale del discorso sulla Russia post-sovietica, che dopo la caduta dell’URSS e l’irruzione del capitalismo si converte a un alienante e letterale “culto” dell’immagine pubblicitaria. Attraverso l’analisi del testo e delle sue catene simboliche (come la presenza di “luoghi di culto”, la comparsa di “testi sacri” dettati da esseri non umani, o lo stato ricorrente di invasamento e allucinazione), si intende evidenziare come Pelevin costruisca la rappresentazione della “religione” pubblicitaria sul piano simbolico prima ancora che su quello della trama. Parallelamente, esplicitando i legami con alcuni precedenti della tradizione letteraria russa da cui il romanzo trae copiosamente citazioni e materiali (Tolstoj e Dostoevskij, Zamjatin e Bulgakov), si propone di mostrare come l’autore, impegnato qui in un’operazione al tempo stesso postmodernista e anti-postmodernista, usi l’intreccio di riferimenti a motivi romanzeschi otto-novecenteschi per attualizzare il dilemma classico dell’eroe intellettuale dilaniato tra fede e ragione, percepito come chiave di lettura fondamentale della contemporaneità.
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