Tu che distingui tra il sacro e il profano: “Havdalah” e ebraismo nella narrazione contemporanea, tra UK e USA
Abstract
Il successo di serie tv come Shtisel (2013) e Unorthodox (2020) è un chiaro sintomo dell’interesse del grande pubblico verso storie di scandalo o liberazione ambientate in comunità ebraiche ortodosse e ultraortodosse. Lo stesso interesse si registra nel romanzo contemporaneo in lingua inglese, spesso orientato dal bisogno di esplorare la zona di confine tra sacro e profano, morale e immorale, oppresso ed emancipato. La relazione tra ciò che è kodesh (sacro) e ciò che è hol (profano) è endemica alla tradizione ebraica, tanto da avere un nome: Havdalah. La Havdalah, letteralmente “separazione”, è un’antica cerimonia che segna la fine di Shabbat e celebra la distinzione tra la luce e le tenebre, Israele e le altre nazioni, il sacro e il profano. Fuori dalla sfera liturgica, la Havdalah nel senso più ampio di separazione, distinzione, partizione, è il principio che guida la pratica ebraica e anima una tradizione secolare che si configura come elaborazione dialettica della tradizione religiosa. Il saggio si propone quindi di indagare il ruolo del principio di Havdalah prendendo in esame tre casi studio: due romanzi, Disobedience (2006) di Naomi Alderman e The Innocents (2012) di Francesca Segal e una miniserie, Unorthodox (2020). Particolare attenzione sarà dedicata ad alcune delle aree più contese della battaglia tra hol e kodesh: le donne, il corpo e la sessualità.
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