La politica e la poetica dell’outsider nella prosa di Miklós Mészöly e Iván Mándy
Abstract
Iván Mándy (1918-1995) e Miklós Mészöly (1921-2001) sono annoverati tra i più grandi maestri della narrativa ungherese del XX secolo. La generazione successiva di scrittori (come Esterházy, Krasznahorkai, Nádas, ecc.) li considerava, insieme a Géza Ottlik, dei maestri. Oltre ai loro eccezionali meriti artistici, Mészöly e Mándy dovevano la loro stima a due fattori. Da un lato, alle loro innovazioni narrative, che furono fonte di ispirazione per gli scrittori dei decenni successivi, e dall'altro al fatto che, nonostante lo stigma politico e le restrizioni alla pubblicazione, mantennero la loro indipendenza politica durante il regime comunista. Dopo una breve presentazione dei due scrittori, la seconda parte dello studio esplora le somiglianze tra le loro arti narrative e valuta se le loro pratiche narrative possono essere collegate al contesto politico che ha plasmato le loro carriere. Nella terza parte, un approccio narratologico contestuale esamina come la loro emarginazione si rifletta nelle loro opere.