A proposito di disegnare per costruire
Abstract
Disegnare l’architettura e la città implica il voler approfondire la conoscenza riguardo le questioni morfologiche e tipologiche dei luoghi. Allo stesso modo saper comprendere le regole che sottendono i saperi della geometria descrittiva concorre a svelare le stesse norme e riferirle allo spazio a cui esse si connettono. La realizzazione di tali concetti ha caratterizzato il percorso didattico di alcune delle sedi universitarie “storiche” come l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, la Scuola Universitaria di Architettura di Napoli così come il Politecnico di Milano e la Sapienza di Roma Valle Giulia. Queste sedi si sono contraddistinte rispetto altre e, in particolare, hanno fornito fin dalla loro fondazione istituzionale, un esempio significativo di condivisione comune sull’insegnamento dando vita ad una trasmissione disciplinare basata sulla maieutica attribuibile al determinato e delicato periodo storico collocato nell’intervallo di tempo a cavallo tra gli anni Sessanta, fino alla prima metà degli anni Ottanta del Novecento. Tale modus operandi aveva caratterizzato un clima in cui il pensiero condiviso tra i docenti delle differenti materie si basava sulla riconoscibilità della tradizione sia disciplinare che applicata agli stessi insegnamenti formando in tal modo intere generazioni di studenti architetti. La svolta determinata dall’affacciarsi di nuove e tra loro differenti strumentazioni nonché di tecnicismi sempre più sofisticati e complessi più da un punto di vista operativo che concettuale, ha modificato inevitabilmente la serie di valori, comportamenti, aspetti e anche risultati della disciplina. In questa maniera si è passati a forme educative basate più sull’esigenza degli esiti che sulle questioni dei processi fornendo, nonostante la buona fede, una sorta di standardizzazione didattica basata più sul mero burocratese e di conseguenza nozionismo tralasciando la tradizione legata alla partecipazione attiva del discende.
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