Sulla autonomia «ulteriore» nelle regioni a statuto ordinario (o del regionalismo «differenziato» volutamente «frainteso»)
Abstract
Il nostro regionalismo non ha avuto un modello sufficientemente «definito» né «attuatori» politici non condizionati, nel corso del tempo, da opzioni contingenti e/o strumentali. Le «cose» non sembrano migliorate dopo il nuovo Titolo V. Dopo un iniziale, sostanziale «silenzio», i comportamenti dei protagonisti politico-istituzionali ad ogni livello (regionale e nazionale) e lo stesso dibattito da essi innescato, non sembrano riguardare l’autonomia differenziata di cui all’art. 116, c. 3, ma una sorta di regionalismo in generale, perseguito da alcuni e temuto ed avversato da altri, quasi a prescindere dai pertinenti riferimenti costituzionali, dai quali essa emerge con una portata molto più contenuta ed una ratio diversa. La stessa legge-quadro appena approvata non elimina, ma contribuisce a suscitare i già numerosi motivi di riflessione
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