Libertà di cura e scelte di fine vita: la nuova legge sul biotestamento
Abstract
Il presente contributo analizza alcuni articoli della nuova legge sul biotestamento (l. n. 219/2017), al crocevia dei rapporti tra diritto alla salute, consenso informato e libertà di autodeterminazione nelle scelte terapeutiche, offrendo agli interpreti significativi spunti di riflessione, anche nella dimensione penalistica, e coinvolgendo molteplici valori contenuti sia nella Costituzione, sia in fonti sovranazionali, quali, in particolare, la Convenzione di Oviedo e la Carta di Nizza. Vengono qui presi in considerazione soltanto alcuni articoli della nuova legge che, quale risultato fortemente voluto dalle associazioni di categoria, all’art. 4, permette ad ogni cittadino capace di agire di redigere delle dichiarazioni anticipate di trattamento (c.d. DAT) per il caso in cui, in futuro, non dovesse trovarsi in grado di esprimere le proprie volontà in ordine ai trattamenti sanitari cui sottoporsi o meno. Come si cercherà di dimostrare, le dichiarazioni anticipate di trattamento sono senza dubbio un valido ed efficace strumento che rafforza l’autonomia individuale e il consenso informato della persona nelle scelte mediche. Tuttavia, è anche vero che la legge in questione non è immune da censure e critiche se posta in raffronto con alcuni principi e valori fondamentali della nostra Carta costituzionale. In particolare, non va sottaciuto che, se la legge è da apprezzare certamente nella misura in cui introduce, per la prima volta, una espressa definizione di consenso informato (art. 3), al tempo stesso, diversamente da quanto era previsto in passato, abolisce qualsiasi forma di controllo giudiziale, preventivo o successivo, sul contenuto delle DAT. Nemmeno va tralasciato che, in disparte la questione del se la legge assecondi o meno scelte eutanasiche, non viene prevista la possibilità per il medico e, in generale, il personale sanitario di esercitare il diritto di obiezione di coscienza, riconosciuto finanche da fonti sovranazionali. La legge in questione, dunque, è destinata a porsi quale imprescindibile punto di (ri)partenza nel percorso intrapreso e ormai non più reversibile diretto a rendere effettiva, nelle sue declinazioni pratiche, la libertà di autodeterminazione terapeutica di ciascuno nelle scelte di fine vita.