L’utilizzo di Scoto (Sent. IV, d. 15, q. 2, art. 2) e di Bartolo (D. 46.3.99) nel Comentario resolutorio de cambios di Martín de Azpilcueta
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Abstract
L’articolo discute l’utilizzo e l’interpretazione di due fonti medievali nel Comentario resolutorio di Azpilcueta: le citazioni di Scoto (Sent. IV, d. 15, q. 2, art. 2) e quelle del Commento al Digesto di Bartolo da Sassoferrato (D. 46.3.99). La torsione del testo di Scoto, e, dall’altro, la sostanziale reinterpretazione dell’argomentazione bartoliana, in particolare quando il riferimento si fa puntuale a D. 46.3.99 n. 10, sono esaminati come due casi utili a mettere in luce il lessico e l’analisi economica proposta dal maestro salmanticense nel suo testo più diffuso. Come noto, l’articolo e la quaestio scotiana sono dedicati a esaminare la figura del mercante-imprenditore, ma non discutono mai funzione, obiettivi politico-economici e criteri di legittimazione del prestatore/cambiatore di monete. Di contro, Azpilcueta utilizza il testo del Francescano unicamente per sottolineare il ruolo e legittimare la figura del cambiatore/banchiere nella specifica condizione che esso assume nel XVI secolo. Circa l’utilizzo del Commento al Digesto di Bartolo l’attenzione si concentra su ciò che
può essere definita come la più importante reinterpretazione della posizione bartoliana relativa al valore della moneta nei contratti di prestito finanziario. La questione è considerata sulla base di diverse ragioni. Tra di esse il fatto che Azpilcueta dichiari la sua incondizionata devozione a Bartolo fondando proprio su questa la legittimazione delle sue argomentazioni; perché proprio in questo caso il magister salmanticense raggiunge la sua massima distanza dalle testi di Bartolo; perché attraverso l’analisi della posizione di Azpilcueta è possibile comprendere la sua concettualizzazione della moneta analizzata al di là della sua mera consistenza metallica.
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