Dall’horror vacui alla recreatio urbis Libere considerazioni su i “vuoti”, con particolare riferimento a quelli “urbani”; rendiconto di una interrotta sperimentazione rigenerativa

  • Mario Coletta Centro Interdipartimentale di Ricerca L.U.P.T.
Parole chiave: horror vacui, recreatio urbis, vuoti urbani,

Abstract

I “vuoti” non hanno volto, non hanno corpo e non hanno anima, ma concorrono a definire volti, corpi ed anime, in negativo come in positivo, nell’astratto come nel concreto, nella letteratura come nell’arte, nel pensare come nel produrre, nell’abitare come nel vivere, nell’apparire come nell’essere.
Partendo da tale premessa il saggio si è andato articolando in tre direzioni:
la prima, esplorativa del concetto di “vuoto” nella sua generica articolazione per “famiglie”, materiali ed immateriali, fisiche e psichiche, territoriali e sociali, reali e virtuali, soffermandosi ad analizzarne le valenze positive e quelle negative attraverso una libera rassegna di valutazioni teoriche sorrette da una logica razionale e di atteggiamenti comportamentali derivanti da percezioni sostanzialmente sensitive.
La seconda entra nello specifico dei “vuoti urbani” spaziando nella concretezza del loro manifestarsi e dei “vuoti urbanistici” analizzati nel contesto delle normative che hanno interessato i caratteri evolutivi della disciplina nell’ultimo mezzo secolo.
La terza consiste in un racconto, in buona parte autobiografico, che espone un caso di studio mirato a rivitalizzare un territorio periurbano interessato da una sedimentazione storica di “vuoti” versanti in condizioni di progressivo degrado: della collina Monforte di Campobasso. L’esperienza, avviata circa un trentennio orsono, dopo avere soffertamente attraversato un interessante iter organizzativo, ha raggiunto sostanzialmente le finalità che ne costituivano i presupposti rivitalizzativi concludendosi con un intervento marginale che avrebbe dovuto costituire la stazione di partenza e non quella di arrivo.

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Pubblicato
2015-07-07
Sezione
Saggio introduttivo