Poco più di dieci anni fa veniva pubblicato un testo dal titolo “Se i vuoti si riempiono” in riferimento alle aree industriali dismesse che erano immediatamente apparse nella duplice veste di problema e di risorsa. In qualsivoglia modo le si vedeva certamente i “vuoti urbani” rappresentavano un’occasione da cogliere per una trasformazione delle città: occasioni inattese per ripensare la città e lo sviluppo locale sulla base di nuovi obiettivi, in particolare obiettivi di sostenibilità.

La dismissione non ha riguardato esclusivamente i siti propriamente industriali, ma ha colpito in maniera non meno grave, per degrado e costi sociali indotti, anche aree e impianti non direttamente collegati al mondo della produzione come strutture terziarie, discariche, infrastrutture, aree portuali, ferroviarie, militari, che hanno risentito, come l’industria, dei rapidi processi di riorganizzazione, ridimensionamento e modernizzazione.

In realtà la dismissione in sé non è un fenomeno nuovo, ma fa parte, da sempre, dei meccanismi fisiologici dell’organizzazione spaziale delle attività umane, così come il riuso. Le novità sono state, piuttosto, l’entità del fenomeno (tale da superare le naturali capacità di riuso degli spazi), la sua concentrazione in aree circoscritte, la difficoltà di recupero di aree spesso contaminate da inquinanti e, quindi, bisognose di interventi di bonifica, le dimensioni  proibitive dei fondi da impegnare nel recupero.

Indagare approfonditamente sulle cause e sugli effetti di un fenomeno dai risvolti drammatici come la chiusura di impianti produttivi o di altre strutture urbane, è stato estremamente importante. Tuttavia, dopo le numerose ricerche e gli ancor più numerosi dibattiti dei primi tempi, l’interesse si è affievolito e ancora oggi continua a permanere l’incertezza del giudizio sulla preminenza del carattere strutturale o di quello congiunturale, della sua ambigua natura. Dopotutto, l’estrema variabilità delle manifestazioni  della dismissione,  la molteplicità delle sue cause, la crisi attuale che lascia presagire scenari di dismissione sempre più rapida o addirittura quotidiana, rendono di nuovo attuale l’argomento e pressanti innovative risposte. Questo numero di TRIA cerca di fare il punto della situazione e di suggerire soluzioni. 

Pubblicato: 2015-06-30

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