L’Europa dei (molti) cittadini: esperienza e prospettive democratiche della Conferenza sul futuro dell’Europa
Abstract
In risposta alle ricorrenti critiche mosse all’Unione europea sulla mancanza di legittimazione «dal basso» delle sue politiche, l’inclusione nei trattati europei di meccanismi originali di democrazia partecipativa ha permesso di completare il modello della democrazia rappresentativa e di combattere il presunto «deficit democratico» dell’Unione. Più recentemente, a fianco degli strumenti partecipativi «classici» (elezioni europee, iniziativa dei cittadini europei, diritto di petizione dinanzi al Parlamento europeo, ecc.), la Conferenza sul futuro dell’Europa ha rappresentato un dispositivo democratico non espressamente previsto dai trattati, ma riconducibile al principio dell’art. 10, § 3, TUE secondo il quale «[o]gni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell’Unione». Se l’organizzazione e le modalità della Conferenza dimostrano la volontà delle istituzioni politiche europee di rilanciare la partecipazione dei cittadini alla vita democratica dell’Unione, dando pieno significato alle disposizioni dei trattati, i risultati di tale iniziativa non chiariscono al momento il grado e gli effetti di questa rinnovata partecipazione ai processi decisionali europei. L’apertura democratica che la Conferenza avrebbe dovuto generare non si è ancora tradotta efficacemente nelle pratiche istituzionali, che preservano prudentemente il ruolo degli organi rappresentativi e l’equilibro complessivo del sistema istituzionale
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