
La città per molto tempo è stata considerata come artificio antitetico alla natura: come lo “spazio dell’uomo per l’uomo”, considerato “altro” rispetto al territorio extraurbano ed alla stessa natura. In realtà, il territorio offre alla città gli input necessari per mantenere le sue diverse attività e lo stile di vita. La città è fonte di produzione di beni/servizi esportati anche all’esterno, ma anche di rifiuti e di entropia. Come migliorare questa relazione metabolica? In particolare, come le soluzioni nature-led possono migliorare questo rapporto tra città e territorio? Per progettare il futuro delle città occorre dunque trarre “ispirazione” dal mondo vegetale. Occorre un approccio nuovo di tipo bio-ecologico, fondato sulla “metafora vegetale”. Essa è caratterizzata da un particolare ed efficiente metabolismo, da una organizzazione decentralizzata e soprattutto da una razionalità circolare.
Occorre che l’urbanistica modifichi innanzitutto la prospettiva attraverso la quale “guardare” alla realtà urbana e territoriale. I “materiali” dell’urbanistica diventano innanzitutto il sole, gli alberi, il suolo. Il suolo è un sistema vivente composto da microorganismi, insetti, batteri, funghi, ecc. Si tratta appunto della prospettiva bio-ecologica che vede nel mondo della natura il fondamento di tutte le attività umane. Occorre che l’urbanistica riconosca a fondo la capacità unica del mondo vegetale, che consiste nella sua
capacità di auto-rigenerazione e nella sua capacità simbiotica. Occorre che l’urbanistica trovi il suo nuovo fondamento oltre che nell’economia ecologica anche nell’economia civile anticipata da Genovesi.
Quanto sopra ha ispirato la attività di indagine di molti ricercatori appartenenti al Centro Interdipartimentale di Ricerca in Urbanistica “Alberto Calza Bini”. In particolare, ha ispirato una specifica prospettiva nella ricerca Horizon 2020 CLIC.