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La frontiera del possibile. Utopia, e distopia, tra aggiunzioni e dissonanze
N. 9 (2022)L’utopia è una delle formulazioni concettuali più antiche e trasversali a cui l’umanità abbia dedicato i suoi sforzi creativi. I suoi ambiti di esercizio, infatti, riguardano e hanno riguardato tematiche di tipo politico, religioso, sociale ed economico, traslando riflessioni, precorse o scaturite, tanto nella letteratura che nella saggistica scientifica e non scientifica.
D’altronde, la definizione di un modello teorico, al di là della sua effettiva realizzazione, assume la vivificante funzione di stimolo per il miglioramento dei contesti in cui essa si sviluppa. Ed è probabilmente per questa ragione che l’utopia – anche nella sua apparente versione antitetica di distopia – non ha mai sofferto di quelle forme di decadenza dell’interesse a cui spesso vanno incontro costrutti di questo tipo. In tal senso, ogni epoca, si può dire, abbia le sue visioni utopiche, rappresentative delle prospettive e dei limiti del tempo che le ha partorite. Interrogarsi sull’utopia significa poter studiare un certo fenomeno sociale da un punto di vista privilegiato, a metà strada tra la critica del presente e la progettualità di un futuro non necessariamente prossimo. Significa avere la possibilità di trovarsi in un crocevia in cui si confrontano istanze critiche e aspirazioni di rinnovamento. Significa, persino, affermare pensieri e azioni che possono anche non trovare attuazione, inoculando così quella consapevolezza di poter essere vincolati a un destino di persistente instabilità e precarietà.
Sullo sfondo di suddette, brevi, considerazioni, questo numero di Pagine Inattuali prova ad offrire alcuni spunti di ricerca attraverso l’intervista a Sossio Giametta e i contributi di Alberto Campo, Francesco Muzzioli, Didier Contadini, Tommaso Ariemma, Roberto Evangelista, Gennaro Varriale e Mario Magallón Anaya.
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Scrittori argentini di fine Novecento. Leónidas Lamborghini, Héctor Libertella, Ricardo Piglia e Alberto Laiseca
N. 10 (2023)Tra gli anni Sessanta e Settanta, una delle questioni più dibattute della letteratura argentina ha riguardato in che modo gestire l’eredità culturale di Borges e in particolare come rapportarsi all’onnipresenza del suo modello. Le poetiche emerse allora come risposta generazionale a quella tensione, sono ancora oggi un orizzonte insuperato per ciò che concerne sperimentazione e originalità. In quegli anni, infatti, un’intera generazione di scrittori, contrari a sfruttare opportunisticamente il grande successo internazionale della letteratura latinoamericana, si cimentò in due sfide di non poco conto: la prima fu alla tradizione culturale nella quale quegli scrittori si erano formati; la seconda ai risvolti commerciali delle loro opere, impegnandosi in progetti il cui fine dichiarato consisteva nell’evitare qualsiasi meccanismo di “cattura” del mercato.
A partire dal concetto di “letteratura ammutinata”, un concetto proposto da Libertella e rielaborato da Luis Gusmán, uno dei protagonisti di quella generazione, in questo numero di Pagine Inattuali saranno analizzate quattro figure di primo piano della letteratura argentina di fine Novecento, figure complementari e, allo stesso tempo, contrastanti, ossia Ricardo Piglia, Héctor Libertella, Leónidas Lamborghini e Alberto Laiseca. Pertanto, dopo un’intervista a Gusmán, si susseguiranno i saggi di Agustín Conde De Boeck, Lorenzo Mari, Annabella Canneddu, Ana Gallego Cuiñas e Marcella Solinas. Il numero si concluderà con alcuni estratti di opere narrative, oltre che dello stesso Gusmán, di Laiseca, Piglia, Libertella e Lamborghini.