L’utopia è una delle formulazioni concettuali più antiche e trasversali a cui l’umanità abbia dedicato i suoi sforzi creativi. I suoi ambiti di esercizio, infatti, riguardano e hanno riguardato tematiche di tipo politico, religioso, sociale ed economico, traslando riflessioni, precorse o scaturite, tanto nella letteratura che nella saggistica scientifica e non scientifica.
D’altronde, la definizione di un modello teorico, al di là della sua effettiva realizzazione, assume la vivificante funzione di stimolo per il miglioramento dei contesti in cui essa si sviluppa. Ed è probabilmente per questa ragione che l’utopia – anche nella sua apparente versione antitetica di distopia – non ha mai sofferto di quelle forme di decadenza dell’interesse a cui spesso vanno incontro costrutti di questo tipo. In tal senso, ogni epoca, si può dire, abbia le sue visioni utopiche, rappresentative delle prospettive e dei limiti del tempo che le ha partorite. Interrogarsi sull’utopia significa poter studiare un certo fenomeno sociale da un punto di vista privilegiato, a metà strada tra la critica del presente e la progettualità di un futuro non necessariamente prossimo. Significa avere la possibilità di trovarsi in un crocevia in cui si confrontano istanze critiche e aspirazioni di rinnovamento. Significa, persino, affermare pensieri e azioni che possono anche non trovare attuazione, inoculando così quella consapevolezza di poter essere vincolati a un destino di persistente instabilità e precarietà.
Sullo sfondo di suddette, brevi, considerazioni, questo numero di Pagine Inattuali prova ad offrire alcuni spunti di ricerca attraverso l’intervista a Sossio Giametta e i contributi di Alberto Campo, Francesco Muzzioli, Didier Contadini, Tommaso Ariemma, Roberto Evangelista, Gennaro Varriale e Mario Magallón Anaya.
Licenza: Tutto il materiale pubblicato è distribuito con licenza “Creative Commons Attribuzione” (CC-BY 4.0)