Il presente volume non intende essere affatto celebrativo o commemorativo della figura di Benedetto Croce, prendendo spunto dal sessantesimo anniversario della sua scomparsa. Egli stesso non amava le occasioni celebrative e detestava gli anniversari, cui opponeva l'impegno quotidiano nel lavoro.
Siamo certamente lontani dalla temperie culturale degli anni sessanta e settanta, quando ancora prevalevano alcuni vecchi stereotipi e pregiudizi verso la filosofia di Croce: epigono dell'hegelismo, rappresentante della vecchia tradizione retorica italiana, facile solutore di “enigmi” filosofici, olimpico osservatore dei drammi della storia, nemico delle scienze e della cultura scientifica, fautore di conservatorismo culturale e politico… Tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta, a poco a poco, apparvero invecchiate le antiche polemiche e si riprese a parlare di un “ritorno di Croce” nella cultura italiana, senza avvertire più la necessità - come aveva asserito, alcuni decenni prima, Gianfranco Contini – di «riuscire post-crociani senza essere anticrociani». Certo non a caso, tra gli inizi e la fine degli anni ottanta, apparvero volumi dal titolo Ritorno a Croce o dal titolo Il ritorno di Croce nella cultura italiana.
Resta poi da chiedersi se si possa parlare effettivamente di un “ritorno di Croce” negli ultimi due decenni. In realtà, una “moda” crociana non c’è e non c’è stata recentemente, per di più non poteva esserci. A riguardo ha perfettamente ragione Paolo Bonetti, quando ha osservato nella sua Introduzione a Croce per i tipi della Laterza: «Comunque lo si voglia giudicare, Croce è un pensatore moralmente troppo severo per diventare oggetto di moda. Ma è proprio questa “severità” (che non ha nulla a che vedere con il moralismo dei retori, da lui sempre detestato) a rendere paradossalmente possibile una nuova presenza di Croce, per tutti coloro, almeno, che si ostinano, in ogni campo del sapere, a pensare i problemi nella loro specificità e determinatezza storica».
Sta di fatto che, nell'ultimo trentennio, si sono riprese a stampare per i tipi della casa editrice Adelphi, a cura di Giuseppe Galasso, alcune tra le più importanti opere crociane, ed è stato pubblicato un numero cospicuo di volumi nella Edizione Nazionale delle opere di Benedetto Croce, curata dall’editore Bibliopolis di Napoli.
Infine, convegni e altre iniziative scientifiche e culturali hanno cominciato a riproporre in certa misura il filosofo e temi legati al suo pensiero, in Italia e all’estero. Si pensi agli studi stranieri degli ultimi due o tre decenni, ad opera di D.D. Roberts, C. Boulay, R. Zimmer, K. Acham, R. Bellamy, R. Wellek, K. E. Lönne, M. Moss, J. Kelemen, M. Kaposi, solo per citarne alcuni.
Se in alcuni paesi stranieri, come negli Stati Uniti d'America, si è progressivamente risvegliato l'interesse per la figura e l'opera di Benedetto Croce, in Italia, d'altro canto, al lento declino di alcune mode esterofile è via via corrisposta una rinnovata attenzione per la tradizione filosofica del nostro Paese.
Sarebbe certamente un compito arduo tracciare una panoramica, sia pure generalissima, delle alterne fortune del crocianesimo negli ultimi decenni: ciò implicherebbe approfondite escursioni nei diversi ambiti di storia delle idee, di storia della cultura, della storiografia filosofica, della tradizione storicistica e di quella idealistica e delle loro reciproche implicazioni teoretiche. Ma non è tale l'intento di questa breve nota introduttiva. L'invito rivolto a studiosi italiani e stranieri a ripensare in maniera critica e problematica importanti temi della riflessione crociana ha avuto piuttosto lo scopo di considerare una possibile riattualizzazione di un pensiero che, come tutti i classici, non è solo consegnato al passato, ma ha ancora qualcosa da dire per il tempo a venire; da qui il titolo del presente numero monografico della rivista: “Croce tra passato e futuro”.
Non pochi studiosi, di diversa formazione ed orientamento, hanno risposto prontamente a tale invito: da Paolo Bonetti a Romeo Bufalo, a Giuseppe Cacciatore, a Giuseppe Cantillo, a Salvatore Cingari, a Daniela Coli, a Domenico Conte, a Girolamo Cotroneo, a Maria Della Volpe, a Giuseppe Gembillo, a Giuseppe Giordano, a Giovanni Invitto, a Fabrizio Lomonaco, a Eduardo Massimilla, a Aniello Montano, a Myra Moss, a Ernesto Paolozzi, a Rosalia Peluso, a David Roberts, a Emilia Scarcella, a Fulvio Tessitore, a Aldo Trione, a Renata Viti Cavaliere.
La loro attenzione critica si è concentrata maggiormente sui temi fondamentali del pensiero crociano, proposti nell'iniziale Call for papers: dalla teoria della storia alla problematica etica, a quella estetica, al rapporto tra filosofia e scienza e scienze della cultura, alla questione della “religiosità”, al tema dell'esistenza, ai rapporti di Croce con lo storicismo tedesco, a confronti e paralleli con pensatori italiani e stranieri.
Va segnalato che in non pochi contributi presenti nel volume, un'attenzione particolare è rivolta - oltre che alle tematiche centrali del crocianesimo - ad alcune questioni che nel passato erano rimaste oscurate da un cono d'ombra, perché ritenuti “minori” rispetto a questioni legate allo storicismo e all'idealismo proto-novecentesco: mi riferisco, in particolare, ai temi dell' “ultimo Croce”: la questione della “vitalità”, il ripensamento del rapporto tra esistenza e storia, l'interesse per quelle problematiche legate a una “religiosità” vissuta e sofferta, e così via.
Nel licenziare il volume alla stampa, desidero ringraziare tutti i colleghi italiani e stranieri che hanno contribuito al presente numero del “Bollettino Filosofico”, nonché i componenti della redazione della rivista per il lavoro di editing generosamente profuso.